Recensione The Girl Who Leapt Through Time

La giovane Kazuko scopre di poter viaggiare nel tempo senza però averne il controllo in The Girl Who Leapt Through Time, primo adattamento dell'omonimo romanzo cult diretto da Nobuhiko Ôbayashi.

Recensione The Girl Who Leapt Through Time
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La sedicenne Kazuko Yoshiyama è una studentessa del liceo che un giorno, mentre sta pulendo l'aula di scienze insieme ai suoi due migliori amici Kazuo e Goro, sente uno strano odore di lavanda che la porta ad un improvviso svenimento. Pochi giorni dopo la ragazza comincia a essere vittima di strani ed inquietanti dejavu, che la portano a prevedere fatti che devono ancora avvenire; insicura se ciò che sta vivendo sia un sogno o la realtà, inizialmente tende a non farci troppo caso. Ma ben presto questi inspiegabili eventi prendono il sopravvento, e la giovane si ritrova a vivere per due volte lo stesso giorno e l'avvento di un potente terremoto che mette a soqquadro la piccola cittadina dove vive. Nel frattempo Kakuzo deve anche gestire la sua vita sentimentale, sentendosi attratta da Kazuo senza accorgersi delle attenzioni di Goro.

La ragazza che saltava nel tempo

Non vi è dubbio che il romanzo omonimo di Yasutaka Tsutsui, da cui è tratta questa prima trasposizione cinematografica, abbia influenzato molte produzioni future, non solo cinematografiche: ultimo esempio lampante è il recente e giustamente osannato videogame Life is Strange. The Girl Who Leapt Through Time trova in questo adattamento (ve ne saranno molti altri, sia per il piccolo che per il grande schermo, inclusa una versione animata di culto del 2006) del 1983 un'ottima rappresentazione che, pur dovendo fare i conti con effetti speciali poco avvezzi a restare al passo coi tempi, riesce a trasmettere emozioni sincere e genuine nella sua narrazione contorta, particolarissimo ibrido tra pellicola romantica e sci-fi incentrata sui viaggi nel tempo. Merito sicuramente della calibrata regia di Nobuhiko Obayashi, autore sei anni prima con Hausu (1977) di una delle opere più folli e affascinanti del panorama nipponico anni '70. Qui il tutto è virato verso un'atmosfera più quieta e rilassata, ambientata in una piccola cittadina giapponese che ben rispecchia quell'aura forse stereotipata ma ad ogni modo immersiva con la quale si tende ad identificare certi stilemi del Sol Levante. Pur non privi di momenti più dolcemente agitati, dalla sveglia che segna ore inesistenti alla bambola che sembra prendere improvvisamente vita prima del terremoto, i cento minuti di minutaggio gestiscono con grazie le due anime del racconto, consegnandoci come nella fonte originaria un epilogo certamente non tragico ma comunque lontano dai classici lietofine tipicamente occidentali. E se le forzature qui appaiono un po' troppo frettolose, limitando il complesso colpo di scena pre-finale ad una manciata di veloci dialoghi, l'atmosfera che traspare dalla visione ha un contagioso e accattivante sapore dolce-amaro impreziosito maggiormente dalla deliziosa performance della protagonista Tomoyo Harada, idol al suo esordio per il cinema nonché autrice del tormentone main-theme.

The Girl Who Leapt Through Time La storia raccontata nel romanzo La ragazza che saltava nel tempo, ben noto agli amanti dell'animazione giapponese, ha la sua prima versione in carne e ossa per il grande schermo nel 1983 con The Girl Who Leapt Through Time, adattamento che porta la firma di Nobuhiko Obayashi. Il cineasta, autore in precedenza di opere folli e rivoluzionarie, opta in quest'occasione per uno stile più sobrio e rilassato, trascinandoci con un'atmosfera armonica in questa vicenda sospesa tra romanticismo adolescenziale ed elementi fantascientifici inerenti i viaggi nel tempo e i conseguenti paradossi, tanto che anche alcune "corse" e forzature in fase di sceneggiatura passano in secondo piano di fronte al senso di equilibrio emozionale che conquista per sincerità.

7

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