Idolo delle signore, grande attore, importante regista e co-creatore del Sundance Film Festival: difficile liquidare Robert Redford in poche parole.
Visto l’ultima volta sugli schermi nel 2007 insieme a Meryl Streep e Tom Cruise in Leoni per agnelli, Redford si è successivamente impegnato nella realizzazione del qui recensito The conspirator, su invito della The American Film Company, nuova casa di produzione statunitense che si pone l’obiettivo di realizzare film storici avvincenti e al contempo accurati. Il loro primo passo sembra incammirli nella giusta direzione...
Un solo proiettile...
1865: siamo al culmine della guerra civile d’indipendenza americana. I sudisti sono ormai costretti alla resa, e la nazione, finalmente unita, si avvia al suo nuovo corso sotto la salda guida di Abraham Lincoln. Il focolaio della rivolta, tuttavia, non si è spento del tutto, e la sera del 14 aprile viene messo portato a termine un attentato ai danni delle tre massime cariche dello stato. Lincoln, per la disperazione dei suoi sostenitori, rimane ucciso, lasciando un grosso vuoto politico ed ideologico. I responsabili del complotto vengono presto identificati, arrestati e processati, tranne uno: John Surratt (Johnny Simmons), giovane sudista che riesce a rendersi irreperibile nonostante l’impegno profuso nelle ricerche dalle forze armate e di sicurezza. Tra gli imputati c’è anche una donna, Mary Surratt (Robin Wright), madre di John, che si proclama estranea ai fatti. Il compito di difenderla spetterà a Fredrick Aiken (James McAvoy), reduce di guerra ed inesperto avvocato, coinvolto in un caso più grande di lui.
...ma non un solo assassino
Una pellicola come The conspirator, in una nazione come l’Italia in cui la storia insegnata nelle scuole è assolutamente eurocentrica, sembra (purtroppo) perdere interesse e importanza. In realtà, la vicenda dei Surratt è di notevole importanza storica e giurisdizionale, perché ha rappresentato un immediato banco di prova per l’appena concepito del sistema legislativo/giurisdizionale americano, a partire dalla stessa costituzione.
Aiken, pur non condividendo gli ideali sudisti dei Surratt, si batte per l’applicazione dei principi liberali della costituzione stessa. Principi che però, a causa di un subitaneo scherzo del destino, sembra debbano essere momentaneamente calpestati per poter essere difesi e perpetrati in seguito.
Redford e lo sceneggiatore James D. Solomon, dunque, rifuggono dal mostrarci quello che ad un primo sguardo sembrerebbe solo un ulteriore court drama con un giovane ed idealista avvocato per protagonista. La vicenda è sì mostrata tramite il punto di vista di Aiken, ma è il quadro generale a risaltare, un quadro in cui la materia giuridica si ambigua nel compromesso di una giustizia terrena continuamente ricercata ma spesso tutt’altro che assoluta.
Al centro del tutto c’è la storia di una nazione e non i singoli personaggi, per quanto ben caratterizzati e posti davanti a numerose, fondamentali, scelte di vita.
Non si tratta, ad ogni modo, di un film nazionalista: luci e ombre sono ben ripartite fra le parti in causa, e la Storia ne è solo una risultante.
Redford strikes back
Il film risulta dunque equilibrato e ben concepito, concedendo inoltre ben poco spazio alla fantasia: la vicenda non appare romanzata come in altre pellicole simili e l’attenzione al particolare storico, anche da un punto di vista scenografico e costumistico, è notevole.
Insomma, la guida di Redford, sempre garanzia di un certo rigore formale, è palese.
Il film vede inoltre all’opera un cast di tutto rispetto: abbiamo innanzitutto un McAvoy che, lontano dal contesto fantastico in cui siamo abituati a vederlo, risulta molto convincente anche in un ruolo drammatico e sfaccettato. Come giustamente sfaccettata risulta anche Robin Wright (che in molti ricorderanno come la Jenny di Forrest Gump), e che dona la giusta ambiguità, ma al contempo una chiara rigorosità, alla figura di Mary Surratt. Ma vediamo, in ruoli più o meno importanti, numerosi altri volti noti, tra i quali Kevin Kline, Evan Rachel Wood e Tom Wilkinson.
Un legal thriller saldamente ancorato a quel che la storia ci ha tramandato di uno degli avvenimenti più significativi della nascita degli USA: The conspirator ha tutte le carte in regola per entrare nella rosa dei migliori film del genere, grazie ad ottime interpretazioni, uno script convincente e profondo che non si perde in divagazioni politiche o personali sui personaggi, e alla salda regia di un Redford decisamente in forma. Da vedere anche perché le tematiche storiche, apparentemente lontane dall’interesse del pubblico italiano, sono in realtà universali e degne di essere scoperte e analizzate da un pubblico eterogeneo.