Recensione The child's eye 3D

Recensione del primo film in 3D diretto dai Pang brothers

Recensione The child's eye 3D
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Nel dare uno sguardo alla filmografia registica dei fratelli gemelli Danny e Oxide Pang, originari di Hong Kong, sorge spontaneo chiedersi quale importanza abbia per i due l'occhio.
Già, perché, come molti sapranno, agli autori dell'action-movie di successo Bangkok dangerous (1999) dobbiamo sia l'ottimo The eye (2002), definito dalla testata Empire come uno dei migliori horror mai realizzati ed incentrato su una ragazza che, in seguito ad un rischioso trapianto di cornea, si scopre capace di avvertire la presenza di misteriose figure nere atte a presagire morti improvvise, che i brutti sequel The eye 2 (2004) e The eye 3 (2005) - quest'ultimo, oltretutto, in forte aria di parodia.
Ora che l'universo delle immagini in movimento, al termine del primo decennio del XXI secolo, sembra aver trovato nel sistema di visione in tre dimensioni uno degli stratagemmi tecnici più gettonati al fine di regalare nuove emozioni allo spettatore sempre più esigente, anche i Pang brothers si gettano nell'avventura del 3D con un lungometraggio che, atto a sguazzare tra fantasmi, maledizioni legate ad uccisione e altri elementi tipici del filone, non poteva intitolarsi altro che The child's eye.

Storie di fantasmi hongkonghesi

Una vicenda che parte dal momento in cui Rainie (Rainie Yang) e Lok (Shawn Yue), ragazzo che sta quasi per lasciare, rimangono bloccati in Tailandia dai tumulti politici e dalla chiusura dell'aeroporto e, non potendo tornare a casa, si stabiliscono con riluttanza, insieme a due amici e due amiche, in un vecchio albergo scalcinato, dove s'imbattono in tre bizzarri bambini e in un cagnolino. Soltanto i primi incontri che precedono una serie di strani eventi, a partire, il giorno dopo, dalla contemporanea sparizione di Lok e gli altri due ragazzi del gruppetto, la quale porta quindi le tre amiche a perlustrare tutto l'albergo nella inutile speranza di ritrovarli. Mentre vengono alla luce fatti spaventosi e Rainie cerca disperatamente di carpire informazioni al proprietario della struttura, il quale, però, finge di non sapere nulla. Fino al momento in cui rimane da sola a combattere contro l'ignoto e, con l'aiuto del cagnolino che vede i fantasmi, accede a un altro mondo e va alla ricerca della verità.

L'occhio nel labirinto

Quindi, è un plot che, curiosamente, ricorda sotto certi aspetti la trama del contemporaneo (ma meno riuscito) The shock labyrinth: Extreme 3D di Takashi Shimizu quello alla base del primo lungometraggio hongkonghese girato in 3D, il quale non risparmia tensione già a partire dai suoi primissimi minuti.
D'altra parte, è proprio la presenza del cagnolino a lasciar intuire che stia per accadere qualcosa di raccapricciante, mentre, tra fumogeni sparati contro lo spettatore, insetti che volteggiano nell'aria e perfino una mano volante che sembra uscita dal vecchio ma indimenticato horror cartoon Bem, tirati in ballo al fine di sfruttare il sensazionalismo della visione tridimensionale, l'impressione generale è quella di addentrarsi in un vero e proprio tunnel della paura su celluloide.
Tunnel della paura che, caratterizzato da risvolti narrativi non sempre di facile comprensione, coinvolge lentamente senza annoiare, forte anche di una efficace colonna sonora e dei toni cupi della fotografia di Decha Srimantra (la già citata trilogia The eye), i quali vanno ad illuminare le fatiscenti scenografie ad opera di Nuth Chimprasert (Zinda).
Fino a sfoggiare il solito campionario di fantasmagoriche apparizioni dagli occhi a mandorla, comprendente l'immancabile spettro femminile dai lunghi capelli neri; per circa 100 minuti di pellicola che non mancano comunque di trasmettere angoscia, sebbene ormai il pubblico sia più che abituato a determinate tipologie di spettacolo.
Nulla di eccezionale, in fin dei conti, ma, come già dimostrato fin dai tempi della pirotecnica sequenza proto-Roland Emmerich posta nell'ultima frazione di The eye, Danny e Oxide Pang rientrano tra quei cineasti orientali capaci di sfornare più o meno apprezzabili prodotti qualitativamente e tecnicamente in grado di competere con quelli decisamente più costosi che, da sempre, rappresentano i colossi dell'industria cinematografica a stelle e strisce.

The child's eye 3D Noti soprattutto grazie alla trilogia The eye, la quale, insieme alle serie giapponesi The ring e a The grudge, rientra tra i fenomeni cinematografici horror d’inizio XXI secolo che hanno portato la paura su celluloide dagli occhi a mandorla all’attenzione del pubblico mondiale, i fratelli gemelli Danny e Oxide Pang, originari di Hong Kong, sperimentano per la prima volta il sistema di visione in 3D, ormai quasi elemento fisso di tutto ciò che sia spettacolarità in pellicola. Il risultato è un non disprezzabile racconto per immagini che sfrutta l’esile script al fine di sfoggiare fantasmagoriche apparizioni ed oggetti vari lanciati verso lo spettatore munito di appositi occhialini; senza regalare niente di nuovo, ma intrattenendo a sufficienza e testimoniando, ancora una volta, le lodevoli doti registiche dei due autori di Bangkok dangerous.

6

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