Recensione Terrore nello spazio

Un gruppo di astronauti atterrati su un pianeta sconosciuto si trova alle prese con parassiti alieni capaci di controllare la mente in Terrore nello spazio, cult del cinema sci-fi italiano.

Recensione Terrore nello spazio
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Due grandi navi interstellari di provenienza terrestre, la Argos e la Galliott, sono in viaggio verso Aura, un pianeta sconosciuto dal quale hanno ricevuto degli strani segnali. Entrate nell'orbita del pianeta le astronavi sono vittima di un blackout nelle comunicazioni che è soltanto il preludio ad un vero e proprio atterraggio di emergenza: solo Mark, capitano della Argos e l'unico rimasto cosciente, riesce in qualche modo ad effettuare la difficile manovra, mentre della Galliott non si hanno più notizie. Riprendendosi dalla condizione di svenimento gli altri membri dell'equipaggio della Argos denotano istinti violenti dai quali si riprendono poco dopo. Ancora incapaci di di spiegare l'accaduto, Mark e i suoi uomini si mettono sulle tracce della Galliott e, giunti sul luogo della sua destinazione (non molto distante), scoprono che i loro compagni sono tutti morti, apparentemente uccisisi tra di loro. Ben presto i sopravvissuti capiranno che il pianeta Aura nasconde molti ed inquietanti misteri.

Planet of the Vampires

Tornato alla ribalta in questi giorni per le dichiarazioni di Nicolas Winding Refn che, in occasione della riproposizione della versione restaurata al Festival di Cannes, ne ha definito Alien (1979) di Ridley Scott una (bellissima) copia, Terrore nello spazio rimane probabilmente il più importante film italiano di fantascienza mai realizzato, capace di sopravvivere al peso del tempo grazie ad un'aura di culto che l'ha reso immortale. Quattro anni prima che l'uomo andasse sulla Luna, Mario Bava realizzava con pochi mezzi e tanto genio uno dei capisaldi della sci-fi europea, diventato fonte ispiratrice di molti titoli a venire: il fascino vintage che traspare dai 90 minuti di visione non ha perso ad oggi un minimo del suo smalto, merito di soluzioni visive e narrative ancor oggi attualissime. Se la sceneggiatura scritta a dieci mani denota ovviamente ingenuità tipiche del periodo, nelle quali anche lo stesso pubblico faceva giustamente poco caso a complesse spiegazioni scientifiche e razionali di sorta, il continuo susseguirsi di situazioni originali che reinterpretano archetipi presi a piene mani dal cinema dei morti viventi e di entità parassitarie a L'invasione degli Ultracorpi (1956) riesce a mantenere sempre alta la curiosità, con picchi tensivi che guardano con saggia furbizia agli spaventi horror / thriller di genere. Bava ha fatto di necessità virtù utilizzando effetti speciali e scenografie elementari ma infondendo in ogni modo grandi dosi di inventiva, in particolare nel design degli enormi scheletri alieni di esseri giunti molti secoli prima su quel pianeta dove trovarono la morte. Dalle tute degli astronauti sino alla realizzazione palesemente artigianale ma efficace degli "orb vampireschi", tra scenografie minimali cui la sanguigna colorazione (e l'intelligente trucco di un'opprimente nebbia) nasconde la rudimentalità, con colpi di scena che si susseguono fino allo splendido e beffardo epilogo, l'interesse non viene mai meno complice i risvolti di trama che lasciano spazio al sospetto in un contesto interpersonale in cui nessuno dei protagonisti può dirsi realmente al sicuro.

Terrore nello spazio Tratto dal racconto Una notte di 21 ore di Renato Pestriniero, Terrore nello spazio è una pietra miliare del cinema di fantascienza italiano e non solo. In quest'opera fondamentale che ha influenzato moltissimi cult a venire, Mario Bava aggiorna e reinterpreta con freschezza alcuni canoni del genere realizzando con pochissimi mezzi un vero e proprio miracolo, capace di rivaleggiare per messa in scena con le molto più costose produzioni d'Oltreoceano del periodo: tra lande desolate e circondate da un'eterna nebbia (geniale artifizio atto a nascondere la povertà della scenografie), relitti di astronavi aliene includenti carcasse di altrettanto alieni e giganteschi passeggeri e globi "ultracorpeschi" ad infondere varietà visiva alla già avvincente narrazione, i novanta minuti di visione garantiscono uno spettacolo dal sapore vintage tutt'oggi appassionante.

8

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