Recensione Tentazioni (ir)resistibili

Reduce dai numerosi consensi per la sceneggiatura candidata agli Oscar de I ragazzi stanno bene (2010) di Lisa Cholodenko, spregiudicata commedia drammatica in cui i figli di una coppia lesbica decidevano di cercare il loro padre biologico, riuscendo a sollevare provocatorie questioni sul significato di famiglia al di là della vena comica e dei personaggi accattivanti, lo sceneggiatore Stuart Blumberg sembra voler continuare la propria personale ridefinizione del termine tramite Tentazioni (ir)resistibili, suo debutto dietro la macchina da presa.
Supportato dal co-sceneggiatore Matt Winston, infatti, ripropone lo stesso umorismo realistico applicandolo qui ad un improbabile nucleo familiare: tre uomini che cercano di confrontarsi con le problematiche relative alla sesso-dipendenza.
Tre uomini di cui ognuno, preso singolarmente, è intelligente, affascinante e sull'orlo del collasso, ma che, forse, potrebbero finalmente avere la loro possibilità di essere felici rimanendo uniti: l'ambizioso consulente ambientale Adam, interpretato da Mark"The avengers"Ruffalo, Mike alias Tim"Mystic river"Robbins, padre e uomo di successo, e lo spiritoso e incontenibile dottore Neil, ovvero il Josh Gad di Amore e altri rimedi (2010).

I ragazzi stanno ancora bene

Tre uomini che, oltre ad affrontare le diverse fasi della dipendenza dal sesso e la comunità che devono frequentare, devono districarsi nella giungla emotiva della New York contemporanea, in mezzo a dubbi e insicurezze, nel corso di circa un'ora e cinquanta di visione a proposito di cui il già citato Winston osserva: "Abbiamo voluto puntare i riflettori sull'idea che la soluzione alla nostra sofferenza sia quella di soffrire insieme; una cosa comune a tante persone. In un certo senso, Mike, Adam e Neil formano una sorta di albero multigenerazionale dove ognuno diventa sostegno dell'altro; quando i personaggi si dividono, le cose cominciano ad andare male. Bisogna rimanere uniti: separati non possiamo che toccare il fondo".
Un'ora e cinquanta di visione che, oltre a Gwyneth Paltrow e alla Joely Richardson di Red lights (2012), nel comparto femminile include la Alecia Moore meglio conosciuta come Pink impegnata a concedere anima e corpo ad una pop star (non poteva essere altrimenti).
Ma, man mano che troviamo in scena, tra gli altri, il Patrick Fugit di Aiuto vampiro (2009), è anche la veterana Carol Kane (Quando chiama uno sconosciuto e Il cacciatore di ex nel lungo curriculum) ad arricchire ulteriormente il prezioso cast, al servizio di un'operazione la cui tematica di base non può fare a meno di richiamare alla memoria titoli del calibro di Amore liquido (2010) di Marco Luca Cattaneo e Shame (2011) di Steve McQueen.
Anche se, in questo caso, la dose d'ironia appare decisamente superiore (con un paio di esilaranti battute riguardanti George Clooney e Anthony Edwards nel telefilm E.R. - Medici in prima linea, oltretutto), rientrando tra gli ingredienti vincenti di un elaborato principalmente costruito sui dialoghi posti sulle bocche dell'ottimo cast... ma che individua il suo maggiore pregio nella capacità di condurre ad un epilogo tutt'altro che banale e prevedibile.