Recensione Taxi to the dark side

La meticolosa e terrificante indagine sui metodi di coercizione militari

Recensione Taxi to the dark side
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Il terrore

La strategia del terrore ha dato i suoi frutti e se l'intera popolazione americana vive nella costante paura di subire attacchi terroristici da parte del medioriente, lo stesso è il primo a subire i frutti marci di questa ingloriosa ipocondria intellettiva. Dilawar era un giovane tassista afghano. Era perchè Dilawar è morto, accusato di essere un terrorista, deportato nel campo di detenzione di Abu Grahib, base con più infamia che gloria, per l'interrogazione e lo smascheramento dei nemici pubblici della bandiera a stelle e strisce. Archiviato come caso di morte naturale, quello di Dilawar rappresenta l'emblema della ferocia e dell'ingiustizia militare, un'iniquità fatta di supposizioni infondate e di crimini rimasti impuniti, troppo spesso coperti da volti puliti ed immagini untuose.
Alex Gibney è il pluripremiato regista di Enron: The Smartest Guys in the Room, approfondito e sconvolgente documentario sul fallimento (mai) annunciato di una delle più importanti multinazionali statunitensi, un ritratto dei vergognosi retroscena celati ai più. Taxi to the dark side è uno scioccante, cruento e veritiero dipinto della faccia più oscura del nuovo mondo, un documentario approfondito e senza peli sulla lingua deciso a svelare ogni nefandezza militare, un inno alla professata sete di giustizia degli stessi carnefici responsabili e ben disposti a far valere le proprie aleatorie ragioni.

Avanti con la musica

Il lavoro svolto dall'eccellente Gibney è qualcosa che va ben oltre il semplice documentarismo, è un prodotto che infrange le barriere poste dalla superficiale etica (di facciata) americana. Poco e pochi hanno affrontato temi tanto scottanti mettendo a repentaglio la propria carriera professionale infastidendo personaggi e sistemi così potenti. Michael Moore è forse il massimo esponente della categoria dei documentaristi scomodi, affiancato da pochi altri registi disposti a mettere le mani in ambienti così scottanti. In questo film, i metodi mostrati sono così crudi da lasciare incredulo il più cinico degli spettatori. Il modo in cui i militari americani annichiliscono e torturano uomini dotati di una propria (ed evidentemente annullabile) dignità è qualcosa che va oltre ogni comprensione, uomini che subiscono senza regolare processi, torture così orribili da far rabbrividire il fu marchese De Sade.
Meticolosamente, gli intervistati raccontano come i soldati demoliscano la personalità dei propri prigionieri, chiudendoli - ad esempio - in grandi stanze grigie, pompando nelle loro orecchie violenta musica ad alto volume e aizzando contro di loro furiosi e giganteschi cani. La somministrazione di allucinogeni, seguiti poi da istigazione al disorientamento ed alla confusione, portano troppo spesso questi uomini a morire prima di aver avuto modo di provare la propria innocenza, proprio come nel caso di Dilawar. Per non parlare poi degli stupri e delle violenze fisiche a cui tutti loro sono perennemente sottoposti.
Il sottile gioco di contrapposizione delle pulite formalità militari è la chiave di lettura principale dell'intera pellicola, un gioco di sguardi tra i più orribili crimini e le divise bianche dell'esercito, fiero di muoversi con orgoglioso manierismo sotto l'onnipresente inno americano. Inno tanto dell'orgoglio quanto della macchia. Ecco il messaggio di Gibney. E' così quindi che, nell'essere sottofondo di tanta fierezza, questa musica si contrappone alle grida disperate dei disumanizzati prigionieri, affamati di giustizia anche dopo la morte. Dilawar era un tassista, il suo viaggio è continuato fino a che l'aria sbagliata non è entrata nel suo fidato taxi, costringendolo a porre fine alla propria e faticosa esistenza viaggiando lungo le strade della sua terra. Citando di nuovo De Sade, forse le sventure della virtù sono qualcosa di molto più vicino alla realtà di quanto non ci si aspetti, una testimonianza cruda di come forse, più di quanto ci si aspetti, la giustizia non sa essere né divina né terrena.

Taxi to the dark side Taxi to the dark side sa e deve essere sconvolgente. In cento minuti di pellicola tutto ciò che traspare è orrore ed ipocrisia, una mascherata degna del più macabro dei coreografi. La prova visiva di come chi dovrebbe a proteggere non ha né l'intento nè l'obbligo di rispettare la propria natura.

7.5

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