Recensione Tag

Una giovane studentessa catapultata in un folle e assurdo incubo ad occhi aperti è al centro di Tag, nuova delirante e poetica favola dall'incipit horror del regista giapponese Sion Sono.

Recensione Tag
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Sette film in uscita soltanto nel 2015: non si può certo dire che Sion Sono stia con le mani in mano, oltre ad insidiare pericolosamente il record di regista più prolifico del Giappone, tallonando il collega Takashi Miike. Due maestri, due autori simili e al contempo diversi in grado di incanalare storie sempre personali e fuori dagli sche(r)mi. Sono è arrivato al Torino Film Festival con addirittura tre titoli, tra i quali Tag (in originale Riaru onigokko), nuova rivisitazione del popolare romanzo omonimo di Yûsuke Yamada, già trasposto in diverse occasioni sul piccolo e grande schermo nipponico.

Essere o non essere?

Mitsuko è una giovane studentessa in gita in pullman con la sua classe. Mentre si accinge a raccogliere una penna appena cadutale, una folata di vento taglia l'autobus a metà, decapitando tutte le sue compagne e la professoressa. Unica sopravvissuta la ragazza fugge il più lontano possibile da quel sovrannaturale vento omicida, ritrovandosi nei pressi di una scuola dove viene accolta dalle sue compagne. Mitsuko però non riconosce nessuna delle sue amiche e crede di esser vittima di un'amnesia dovuta forse a quanto accadutole in precedenza, che lei ora crede essere stato soltanto un orribile sogno. Quando però durante la lezione gli insegnanti impazziscono cominciando ad uccidere tutte le studentesse a colpi di mitra, Mitsuko comprende come l'incubo sia soltanto all'inizio...

Why Don't You Play in Hell?

Sion Sono è un autore unico nel panorama contemporaneo e Tag non fa altro, se ancora ve ne fosse stato bisogno, che darcene l'ulteriore conferma. Un film che parte come un horror di rara freschezza che si trasforma minuto dopo minuto in una favola sospesa tra grottesco e poesia, un viaggio all'inferno tra realtà parallele, sbalzi temporali e cambi di identità che lascia con il fiato sospeso sino all'ultimo, pregno sempre di soluzioni originali e sopra le righe. Chi accetta di stare a questo folle gioco e chi già apprezza il cinema del regista si troverà davanti ad un ennesimo gioiellino ricco di genialità e nonsense, violenza splatter (limitata comunque a solo un paio di scene) e un sotterraneo e magico senso di malinconia sulle scelte della vita. Una storia guardata da uno sguardo femminile (i personaggi principali e secondari, almeno prima del finale, sono tutte donne) ma non femminista capace di veicolare emozioni forti che non perdono un briciolo della loro potenza nemmeno nelle sequenze più estreme, complice anche l'ispirata colonna sonora di Tomoatsu Kikuchi, in grado di accompagnare nel migliore di modi le sensazioni vissute dalla (triplice) protagonista. Sono realizza sequenze di grande impatto visivo che, nelle scene rallentate, riportano alla mente lo stile di un altro connazionale di culto come Tetsuya Nakashima e dirige senza compromessi un'opera che può piacere o meno ma di certo non lascia indifferenti.

Tag "La vita è surreale" mette in bocca il regista ad una delle studentesse comprimarie, e in questa frase si rispecchia al meglio il senso di Tag, nuova grande opera di Sion Sono. Un film che ibrida horror e fantastico alternando terrore e sentimento, splatter e malinconia in un racconto ad alto impatto emozionale capace di sorprendere sempre nei suoi numerosi colpi di scena, slegati da qualsiasi vincolo narrativo e in grado di esplodere con una follia liberatoria in grado di spaziare tra i generi con magistrale equilibrio. Un'opera non per tutti i palati, come spesso nel cinema del cineasta, ma in grado di elevarsi nello spesso abusato copia / incolla di genere.

7.5

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