La svolta recensione: un thriller romanesco su Netflix

L'esordio di Riccardo Antonaroli è un film teso e ricco di suggestioni noir, dove alcune ingenuità sono compensate dall'atmosfera e dal buon cast.

La svolta recensione: un thriller romanesco su Netflix
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La periferia romana, un appartamento, due ragazzi di borgata diversi in tutto e per tutto sono gli elementi chiave di La svolta, nuova produzione tutta italiana - ad opera di Rodeo Drive e Life Cinema con Rai Cinema - che entra a far parte del catalogo di Netflix come original (leggete qui le uscite Netflix di maggio 2022). Il giovane Ludovico non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo. Ha interrotto gli studi e culla il sogno di diventare un famoso fumettista, ma al contempo teme che le sue opere vengano cestinate.

Il ragazzo, che soffre di depressione e attacchi di panico, ha inoltre una cotta per la bella vicina di casa, una studentessa del DAMS di origini spagnole, ma non ha mai trovato la forza per dichiararle i propri sentimenti. Quella che sembra una vita senza sussulti, con i giorni che si susseguono uguali uno dopo l'altro, prende una svolta improvvisa e imprevista una sera, quando dopo esser sceso di casa per buttare la spazzatura, Ludovico viene minacciato con la pistola da Jack, un coetaneo in fuga dopo aver commesso un furto di uno spietato boss locale, che ora ha sguinzagliato i suoi uomini in tutto il quartiere dove abita Ludovico. Nel frattempo tra quest'ultimo e Jack si sviluppa un'inaspettata amicizia, che rischia di complicare ulteriormente le cose per entrambi...

La svolta: un tempo per vivere e un tempo per morire

Una convivenza forzata, prima per necessità e poi per un legame che diventa solido oltre ogni aspettativa, è al centro dell'ora e mezzo di visione dell'esordio nel lungometraggio del regista romano Riccardo Antonaroli, che fin da subito mette le cose in chiaro, dipingendo con tratti netti ma complementari i due protagonisti: Ludovico timido e insicuro, Jack temprato da una vita vissuta nella violenza e nella criminalità.

Due caratteri che si trovano ad assimilarsi vicendevolmente in un gioco degli opposti che ripercorre quello visto tante volte nel cinema di genere, con il buono e il cattivo - senza ragionare su assolutismi, ma adombrando entrambi di molteplici tonalità di grigio - che finiscono per essere "quasi amici" in una storia che si tinge progressivamente di atmosfere noir e tensive nello scorrere dei minuti, con quel senso di incombente attesa che pesa come un macigno sul destino dei personaggi.

Laddove La svolta funziona è proprio nella gestione delle atmosfere, con diversi momenti in cui si respirano suggestioni affascinanti e ambizioni di un certo rilievo, che mettono in mostra notevoli potenzialità in divenire. Peccato che altrove si rischi di scadere in altrettante banalità, con alcune situazioni forzate - il menage romantico risulta alquanto improbabile - e altre che sembrano prese pari passo da altri titoli che hanno sviscerato in passato storie simili.

Il rapporto che si crea tra le figure principali, con il bad boy che cerca di istruire l'introverso sul come vivere libero da vincoli e abbandonare le proprie paure mentre l'altro lo mette di fronte ai propri rimorsi, cede ad una parziale retorica - con tanto di dialoghi banali ed esistenzialisti - che impedisce di sviscerare a pieno il cuore emotivo del racconto: si ha l'impressione che vi fosse altro da raccontare e che alcuni spunti potessero essere esposti in maniera più incisiva.

Il fascino del crimine

A convincere maggiormente è invece il sottobosco criminale, con un'efficace caratterizzazione dei villain, a cominciare dall'implacabile killer di Marcello Fonte, forse la presenza più carismatica in un cast comunque di discreto livello. A convincere particolarmente è anche Brando Pacitto, visto tra gli altri nelle serie Braccialetti rossi e Baby, qui capace di imprimere il giusto tormento al personaggio di Ludovico, catapultato di punto in bianco in una situazione impossibile da gestire per chiunque.

Il finale più amaro del previsto instilla una punta di maggior originalità, lasciando carburare in maniera cruda e credibile gli esiti di una vicenda per la quale bisogna venire a patti con una piccola sospensione del dubbio: una situazione ipoteticamente simile a quella sindrome di Stoccolma spesso esposta in casi di cronaca nera d'altronde appare sempre poco veritiera agli occhi di un osservatore o pubblico esterno. Ma se si accettano suddetti limiti ideologici e alcune delle ingenuità sopra citate, La svolta può garantire un godibile intrattenimento a tema in quel che rimane un film senza infamia e senza lode.

La svolta Una Roma sporca e cattiva, dove il minimo sbaglio può costare la vita se sei cresciuto in certi ambienti. E dove se rubi a un potente boss hai praticamente firmato una condanna a morte sulla tua testa: La svolta mette subito in chiaro, sin dal prologo, i suoi intenti e si trascina su un senso di straniante attesa per la resa dei conti a venire. Due personaggi all'opposto, un aspirante fumettista che soffre di depressione e un rapinatore che "vive alla giornata", si trovano a convivere forzatamente per alcuni giorni e quello che era nato inizialmente come un legame imposto si trasforma progressivamente in un'amicizia sincera. Ma il pericolo è sempre in agguato, con gli uomini del boss dal grilletto facile che incombono sul destino dei protagonisti. Un film ricco di spunti e potenzialità, non tutte espresse a pieno regime, che sfrutta momenti efficaci ma palesa anche tempi morti in un'estetica noir da borgata che convince e delude al contempo, in un'ottica a tratti involontariamente parodica. Il buon cast e una regia consapevole, pur al netto di alcune forzature, permettono di chiudere un occhio su alcune ingenuità narrative e di messa in scena.

5.5

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