Recensione Sunshine Cleaning

Amy Adams, Emily Blunt ed una spugna: come bonificare una scena del crimine.

Recensione Sunshine Cleaning
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Che tu viva nella grande metropoli o nella piccola città suburbana, il crimine riesce sempre ad intrufolarsi nelle vie più affollate e a lasciare il proprio segno, spesso sotto forma di enormi macchie di sangue, fluidi corporei sparsi in ogni angolo o ex corpi viventi mancanti di qualche parte. Eppure dopo poche ore in quello stesso luogo non c'è più traccia del passato e tutto splende come se nulla fosse mai accaduto. Merito della Sunshine Cleaning il cui compito è bonificare tali luoghi e renderli di nuovo sereni ed abitabili.

Bonificare il passato

Rose Lorkowski (Amy Adams) è una ex cheerleader intrappolata in un presente mediocre: abbandonati i fasti della popolarità adolescenziale, chiusa in una relazione clandestina con il fidanzato del liceo nonché padre di Oscar, bambino di otto anni con apparenti problemi comportamentali, cerca di arrangiarsi economicamente lavorando come domestica. Un giorno scopre di poter sbancare il lunario ripulendo le scene del crimine. Approfittando della maturata esperienza nel campo delle pulizie, convince la sua problematica e nullafacente sorella Norah (Emily Blunt) a racimolare i propri risparmi e creare la Sunshine Cleaning. Aiutate da Winston, commesso di un negozio specializzato nel campo, le due sorelle si lanciano a capofitto nel nuovo lavoro che, dopo i primi problemi pratici e di adattamento, si rivela un vero e proprio successo. Ma la realizzazione professionale spinge Rose a cercare un proprio equilibrio personale e, spinta dalla voglia di partecipare ad una festa con tutte le sue ex compagne di scuola, manda Norah a svolgere da sola un incarico importante che si trasforma presto nella fine della loro carriera.

Minimalismo e sentimenti

Cosa succede quando le redini di una pellicola, regia, sceneggiatura e cast, vengono consegnate completamente in mano alla popolazione femminile? Ovviamente ogni caso è differente, ma se il film in questione è Sunshine Cleaning i risultati sono senza alcun dubbio positivi e piacevoli. Presentato al Sundance Film Festival del 2008, il progetto sembra il figlio brillante della casualità. "L'idea per Sunshine Cleaning mi è venuta da una storia che ho sentito su NPR: ascolto sempre NPR. Quel giorno parlavano proprio della pulizia delle scene dei crimini", spiega la scrittrice Megan Holly. "Ho pensato che avrei potuto farne una nuova storia e ho iniziato a buttar giù la sceneggiatura, scrivevo per un paio d'ore al giorno tutti i giorni prima di andare a lavoro. Ci ho messo un po' a finirlo. Poi l'ho presentato al concorso locale per sceneggiatori. Per caso Glenn Williamson, uno dei produttori faceva parte della giuria. Ho vinto il concorso, una cosa fantastica. E, cosa ancora migliore, ho conosciuto Glenn che mi ha detto di aver trovato la sceneggiatura meravigliosa e di volerla produrre". Dietro il pretesto della pulizia delle scene del crimine si nasconde però una storia intima e profonda, toccata da quella sensibilità tutta al femminile capeggiata dalla regista Christine Jeffs, sui problemi familiari, l'evoluzione personale e le difficoltà relazionali. Rose e Norah sono entrambe bloccate all'interno di una realtà che non appartiene loro, incapaci spezzare quei legami (tra i quali la morte prematura di una madre suicidatasi quasi davanti ai loro occhi) che le tengono intrappolate nel presente. Sono donne sensibili, complesse, forti e fragili allo stesso tempo, il cui spessore viene reso maggiore dalle due attrici scelte ad interpretarle. Da un lato abbiamo una poliedrica Amy Adams, che con il suo viso pulito e gli occhi limpidi riesce a far trasparire le più svariate situazioni emotive della sua Rose, affiancata alla quale troviamo Emily Blunt, che con il suo sottile umorismo riesce a far apparire simpatico un personaggio che altrimenti sarebbe stato facile preda di antipatia ed insofferenza. Due bravissime attrici abbastanza simili da apparire credibili nel ruolo di sorelle che poggiano il proprio ruolo sulle spalle del gigante Alan Arkin, nei panni di un padre che cerca il successo attraverso le vie più bizzarre, ma senza mai superare la linea di demarcazione tra il mondo urbano ed il sogno americano. I protagonisti di Sunshine Cleaning, infatti, pur mirando alla piena realizzazione di se stessi, non oltrepassano mai il limite dell'irreale, non sognano mai cose più grandi di loro. Un tratto distintivo che accomuna molte delle pellicole indipendenti presentate alla famosa rassegna gestita da Robert Redford e che qui viene reso anche attraverso l'uso di una fotografia opaca e polverosa, perfetta per ritrarre le anonime strade di Albuquerque. Basso budget, star affermate e storie malinconiche: questa la ricetta, semplice e vincente, del piccolo film minimalista che nasconde i suoi punti forti nella caratterizzazione dei luoghi e dei personaggi. Se aggiungiamo al tutto la produzione affidata ai curatori di quel piccolo gioiello chiamato Little Miss Sunshine, il successo, seppur circoscritto da una limitata distribuzione, è assicurato.

Sunshine Cleaning Minimalista, essenziale, profondo ed emotivo: Sunshine Cleaning è una pellicola piacevole e ben confezionata che, pur rimanendo circoscritta nei limiti del piccolo film festivaliero, riesce ad appassionare lo spettatore ed accompagnarlo in un breve ed intenso viaggio tra le emozioni suburbane. Senza mirare mai ad sogno americano il film, così come i suoi protagonisti, si accontenta di affrontare gli ostacoli più reali e razionali, rimanendo nella dimensione privata e familiare dell'anonimato. Se vi state chiedendo se il richiamo del titolo al precedente lavoro dei produttori, Little Miss Sunshine, sia voluto o abbia qualche pertinena, lasciate perdere. “E’ una di quelle strane coincidenze. Peter (Saraf) ha due figli, Olive e Oscar, e Olive è il nome della ragazzina di Little Miss Sunshine, mentre Oscar è quello del ragazzo di Sunshine Cleaning, un’altra strana coincidenza che non ha niente a che vedere con nulla”.

7

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