Suburbicon Recensione: George Clooney diverte Venezia 74

Suburbicon è la nuova commedia a tinte dark di George Clooney. Divertimento e cinismo assicurati, anche senza troppa originalità.

Suburbicon Recensione: George Clooney diverte Venezia 74
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George Clooney è una figura molto interessante nel panorama cinematografico attuale, perché al di là di tutto il clamore mediatico che si crea sempre intorno alla sua figura e al di là di alcuni film discutibili a cui ha preso parte nel corso della sua carriera, ha dimostrato di avere in realtà una mano raffinata e soprattutto una spiccata intelligenza dietro la macchina da presa. Infatti da film splendidi come Good Night good Luck e Le idi di Marzo appare evidente come Clooney abbia un'idea di cinema in grado di prendere gli stilemi e le strutture del cinema classico senza perdere mai il piacere della narrazione e un certo rigore morale. Alla settantaquattresima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia si presenta con Suburbicon, una commedia a tinte dark con venature amare e grottesche, scritta originariamente dai fratelli Coen dopo il successo di Blood Simple.

Tutti a Suburbicon

Suburbicon è una ridente cittadina dai colori pastello degli Stati Uniti degli anni '60, fotografata per l'occasione da un grandissimo direttore della fotografia come Robert Elswit, dove le famiglie sembrano vivere un'esistenza serena all'insegna della spensieratezza. Tutto si complica quando nella piccola comunità arriva una famiglia di colore e parallelamente, durante una rapina notturna, il piccolo Nicky Lodge viene segnato da un evento traumatico. Da questo momento in poi partirà una serie rocambolesca di sotterfugi, tradimenti e ricatti che culminerà in una spirale di violenza e rese dei conti. Questi due filoni si alterneranno costantemente per tutto il film, rimanendo sempre due mondi seprati in cui l'unico punto di contatto diventa proprio il rapporto genuino fra due bambini, ma probabilmente questo impedisce soprattutto alla linea narrativa della discriminazione razziale di avere la potenza adeguata.

L'ombra dei Coen

La presenza della mano dei fratelli Coen è un'ombra costante che pervade l'intero film e che oscura un po' tutto il resto, perché se è vero che grazie alla loro inimitabile verve dissacrante e grottesca si animano scene molto divertenti e sferzanti, è altrettanto vero che Clooney non sembra avere lo stesso cinismo nei confronti dei suoi personaggi e la stessa forza dirompente nella messa in scena di situazioni tanto spietate.

Certamente emerge un divertente e allo stesso tempo inquietante senso per le macchinazioni e una critica neanche troppo velata alla società Trumpiana, però tutto sembra già visto in altre occasioni e soprattutto espresso in maniera più pungente. È comunque interessante notare come l'egoismo personale e la mancanza di umanità della variegata girandola di personaggi che si intrecciano conduca in realtà ad un epilogo che non lascia spazio ad alcun tipo di successo. Inoltre è impossibile non sottolineare l'esilarante prestazione di una Julianne Moore che continua a dimostrare di essere una delle più grandi attrici di questa generazione, una donna camaleontica in grado di cambiare sempre forma e tono in base alle necessità. Anche il resto del cast in ogni caso è sicuramente funzionale ed in linea con il mood narrativo, in questo senso, un siparietto tra Matt Damon e Oscar Isaac potrebbe essere tranquillamente considerato istantaneamente cult. Siamo lontani dalle vette cinematografiche di Clooney, ma nonostante questo il divertimento è assicurato ed anche lo spunto per qualche riflessione.

Suburbicon George Clooney confeziona una commedia grottesca a tinte dark piena di personaggi egoisti e situazioni rocambolesche, anche grazie alla straordinaria verve sferzante della penna dei fratelli Coen. Non tutto è originalissimo, sono tanti i rimandi a scene già viste e molti tratti sarebbero potuti essere ancor più potenti ed incisivi. Ma nel complesso si ride, ci si diverte e c'è anche spazio per qualche riflessione sulla società Trumpiana e sulla natura umana.

6

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