Recensione Striptease

Demi Moore è l'assoluta protagonista del pasticciato film di Andrew Bergman, malriuscito adattamento del romanzo best seller di Carl Hiaasen ed involontario scult degli anni novanta.

Recensione Striptease
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Il corpo di Demi Moore è stato sicuramente tra le icone pop degli anni '90 su grande schermo: da Proposta indecente a Rivelazioni, da La lettera scarlatta a Soldato Jane, l'ex moglie di Bruce Willis ha mostrato tutto il mostrabile al grande pubblico. Una delle sue performance più deludenti la troviamo però proprio nello Striptease (titolo più esplicativo non si poteva) diretto, sceneggiato e prodotto da Andrew Bergman, autore ad inizio carriera di due discrete commedie come Il boss e la matricola (1990) e Mi gioco la moglie... a Las Vegas (1992). In questo caso il cineasta ha adattato l'omonimo romanzo, grande successo di pubblico, scritto tre anni prima da Carl Hiaasen, non captandone però le coordinate e sprecando anche il bel cast di supporto che vantavi nomi del calibro di Burt Reynolds, Ving Rhames, Armand Assante e Robert Patrick. Il risultato, nonostante gli incassi discreti, è stato un vero e proprio bagno di sangue da parte della critica, con la vittoria di ben sei Razzie Awards inclusi quelli per peggior film e attrice.

Just like a woman

La bella Erin Grant, segretaria dell'FBI, perde l'affido della figlia in una battaglia legale contro l'ex-marito Darrell, che versa in migliori condizioni economiche. Per racimolare un po' di soldi la donna comincia a lavorare come spogliarellista all'Eager Beaver, dove una sera è al centro di una rissa che vede protagonista il senatore David Dilbeck, segretamente innamorato di lei. Un ammiratore di Erin decide allora di ricattare l'uomo politico (appoggiato da associazioni religiose) con le foto della colluttazione, ma viene ritrovato morto sulla riva di un lago pochi giorni dopo. Ad occuparsi del caso è il detective Garcia ed Erin viene coinvolta nelle indagini mentre al contempo cerca di riottenere la custodia della figlia.

Il re è nudo

Il pasticcio è servito. Striptease mette letteralmente a nudo non solo la protagonista, ma anche tutti i difetti congeniti di una sceneggiatura imbarazzante che ridicolizza le pagine del romanzo. Bergman (spesso un cognome famoso è controproducente) non sa quale strada prendere, e allora accelera in ogni direzione: dramma, commedia, poliziesco, erotismo si amalgamano in un ibrido mostruoso che porta il trash involontario a nuovi livelli: non si ride, non si piange, non vi è suspense e pure l'esibita sensualità, senza nulla togliere alla strabordante fisicità della Moore, è priva di qualsiasi fascino seduttivo. Due ore noiose e spesso ripetitive che toccano picchi di ilarità in scene scult di rara idiozia, come nella private dance che Erin accetta di fare per Dilbeck, un Burt Reynolds talmente sopra le righe da risultare il personaggio più simpatico dell'intero racconto. Un film timido che, privo di di quell'istinto cinico e grintoso che aveva caratterizzato il recente Showgirls, si trascina stancamente tra pseudo colpi di scena improbabili e una fastidiosa dose di retorica costruita ad hoc per far interagire, con esiti forzati, la bella protagonista con la vera figlia, nata dal matrimonio con Bruce Willis, e qui interprete della piccola Angela.

Striptease Una stripper che lotta per la custodia della figlia, un politico corrotto e innamorato, un detective determinato a risolvere un caso: Striptease è un calderone di personaggi e situazioni che, nell'adattamento di Andrew Bergman, si tramuta in uno dei peggiori scult degli anni '90. Più stupido che ironico, più gratuito che sensuale, il film è un one-woman-show da parte di Demi Moore che nonostante l'immenso cachet (12 milioni di dollari, record femminile di allora) mostra solo le sue grazie dimenticandosi di essere anche un'attrice.

4

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