Recensione Storie Pazzesche

L'argentino Damian Szifron firma un'opera in sei capitoli che svela il lato più oscuro, vendicativo dell'istinto umano

Recensione Storie Pazzesche
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È forse Storie Pazzesche (Relatos Salvajes), film argentino in concorso al Festival di Cannes 2014 prodotto (tra gli altri) da Pedro Almodóvar con El Deseo, la pellicola più grottesca e meno convenzionale tra quelle transitate per la selezione principale della kermesse francese di quest'anno. Divenuto subito un cult con il passaparola del dopo-proiezione, Relatos Salvajes è un'opera a suo modo geniale che narra il volto grottesco degli attriti/scontri all'interno di una civiltà che marca i toni grotteschi di un istinto umano subdolo, violento eppure fin troppo realistico. Attraverso i sei racconti sui quali il film si sviluppa, il contesto più civile della nostra società si scontra dunque con la brutalità dell'istinto, quell'impulso macabro e delittuoso alimentato dalla sete di vendetta o dal dolore dell'umiliazione. Il giovane regista Damián Szifron (classe 1975) dà infatti sfogo in maniera bizzarra, macabra ma anche assai saliente, a quelle voci interiori della paura e della repressione che possono sfociare (nel tempo-lampo di un manciata di inquadrature) in deflagrazioni più o meno allucinate e allucinanti.

Tempo di vendetta

Già prima dei titoli di testa, l'antipasto di Szifron è servito su un piatto d'argento, nell'episodio in cui un volo di linea si scoprirà essere occupato da passeggeri tutti misteriosamente (e macabramente) in relazione fra di loro. Si passa poi a una vendetta da servire tutta all'interno di un deprimente fast food di provincia, dove un avido e insensibile avventore finirà per pagare le conseguenze della sua condotta moralmente deprecabile (grazie soprattutto all'intervento di una cuoca dalle ‘soluzioni' facili ed estreme). Terzo episodio vede invece protagonisti due uomini, una carreggiata deserta e un sorpasso azzardato. Basterà qualche gesto e parola di troppo per trasformare un piccolo sopruso di ‘percorso ‘in una resa dei conti piuttosto pulp. Ancora vendetta e resa dei conti nel quarto episodio, in cui un talentuoso ingegnere (il noto attore Riccardo Darin) dovrà mettere a frutto tutto il suo ingegno per sconfiggere il potere vessatorio della società che si occupa di rimuovere veicoli in ‘presunto' divieto di sosta. Il quinto e penultimo episodio mette invece a fuoco le dinamiche delinquenziali di un tentativo di ‘corruzione' e ‘manomissione' del normale corso della giustizia. Si tocca poi l'apice della catarsi con il capitolo conclusivo, in cui verrà messo alla berlina e umiliato il bianco di un'unione, dalla quale emergeranno a poco a poco tutte le peggiori realtà/verità nascoste.
Scritto, girato e soprattutto montato con un ottimo senso del ritmo, grande acume ed originalità, il film di Szifron pur nel limite di una mancanza di continuità narrativa, riesce ad agganciare lo spettatore al crudele giro di vite che ruota tutto attorno alla tematica della vendetta, della rivalsa. Snobbato in fase di premi forse proprio per una struttura che tende a prediligere l'unitarietà tematica a quella narrativa, Storie Pazzesche è in ogni caso un lavoro che mette in luce il sottile genio di questo regista argentino che ha senza dubbio talento da vendere e che speriamo di rivedere presto all'opera.

Storie Pazzesche Transitato e divenuto subito un piccolo cult al festival di Cannes 2014, Storie Pazzesche del giovane regista argentino Damián Szifron è un’opera grottesca e irriverente che mette in luce il lato oscuro che si nasconde sotto l’apparente calma, il quieto vivere, la razionalità delle nostre vite. Sei episodi dal ritmo trascinante legati al tema della vendetta e della rivalsa per un’opera che è dark e pulp ma anche sorprendentemente pop.

7

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