Recensione Stoker

Il regista di Old Boy alle prese col suo primo film americano

Recensione Stoker
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Park Chan-wook è uno degli autori più particolari del panorama cinematografico coreano e sicuramente quello più conosciuto e apprezzato all'estero. Non è una sorpresa quindi che sia stato scelto dalla Fox Searchlight per dirigere un thriller dalle tinte orrorifiche come Stoker. Il regista si è aggiunto così a Kim Jee-woon e Boong Joon-ho per un debutto nell'industria di Hollywood, riuscendo a schivare agilmente i rischi di una tale operazione commerciale. Infatti quando un regista straniero debutta nel cinema americano spesso rischia di perdere l'identità del proprio cinema nazionale trasformandosi in un banale mestierante incapace di prendere decisioni creative; è stato il caso, ad esempio, di Kim Jee-woon con The Last Stand - L'ultima sfida, divertente action movie che però non incarnava in nessun modo la visione artistica del regista di Il buono, il matto, il cattivo. Park Chan-wook ha avuto una fortuna maggiore rispetto al connazionale, con molta probabilità dovuta al successo di opere come Old Boy e Thirst, ed è riuscito a conservare i suoi caratteristici tratti stilistici.
Ma il regista coreano non è l'unico a debuttare in forma nuova con questo film: infatti anche l'attore Wentworth Miller (Michael nella serie Prison break e Chris Redfield in Resident Evil: Afterlife) debutta nel ruolo di sceneggiatore dimostrando inaspettate doti di scrittura. Il risultato è una pellicola morbosa e cupa, capace ancora una volta di dimostrare la grandissima eleganza formale di Park Chan-wook.

Morbosa attrazione

India (Mia Wasikowska) è una giovane ragazza che, al compimento dei suoi diciotto anni, viene colpita da una tragedia: la morte di suo padre Richard cui era molto legata. Proprio questo legame forte con la figura paterna l'ha allontanata sensibilmente dalla madre (Nicole Kidman), incapace di trovare un punto di contatto con la propria figlia. Al funerale fa inoltre la a sua comparsa lo zio Charlie, il misterioso ed eccentrico fratello di Richard, ritornato dai suoi vagabondaggi europei. In India, come in sua madre Evelyn, scatta immediatamente l'attrazione verso questo affascinante personaggio. Ma ben presto cominciano ad accadere alcuni strani fatti: prima la signora Garrick, la domestica di casa, sparisce senza lasciare traccia, mentre poco dopo si presenta sull'uscio di casa la zia Gwendolyn (Jackie Weaver) dicendo di avere delle informazioni da condividere con le donne di casa su Charlie. Tolta di mezzo anche zia Gwen, l'uomo sarà libero di continuare il suo gioco con India ed Evelyn, trascinandole sempre più in vortice oscuro fatto di segreti, bugie e follia.

Il fascino vampirico del male

Il film di Park Chan-wook inizia con una sequenza di testa che condensa in poche immagini e battute tutto il significato del film, un flashforward che darà alla pellicola quel senso di ineluttabilità e di destino manifesto che accompagnerà lo spettatore lungo tutta la visione, fino all'inevitabile chiusura del cerchio. India, sul ciglio della strada, racconta ciò che l'ha portata a quel particolare punto del suo cammino. Un cammino fatto di incomunicabilità, follia, violenza e sesso. Tutti gli elementi che ci si aspetterebbe da una pellicola sui vampiri. Era infatti questo il tema che molta della critica si aspettava da questo film all'annuncio della sua messa in produzione. Infatti il titolo Stoker porta subito alla mente l'autore di Dracula, Bram Stoker. Si è capito subito che il film non sarebbe stato sui vampiri (il che avrebbe comportato un passo indietro rispetto alla pellicola precedente Thirst, probabilmente una delle migliori sul tema), ma qualcosa permane, una sorta di influenza che trasforma il personaggio di Charlie in un vampiro sui generis. Lo zio Charlie infatti usa il suo fascino magnetico per conquistare la giovane India e la madre come il Dracula di Bram Stoker usa i suoi poteri per affascinare le due giovani donne, Lucy Westenra e Mina Harker. Non manca inoltre una certa estetica del sangue, utilizzato per dipingere con il suo rosso rubino le pareti e i volti delle persone con delle macchie indelebili.
Ma il vero elemento centrale della pellicola è la famiglia. Come in Teorema di Pier Paolo Pasolini e Visitor Q di Takashi Miike, anche qui l'ospite diventa il punto fondante dello scardinamento della normalità del nucleo familiare. Gli oscuri segreti che covano sotto la finzione e l'apparenza vengono portati alla luce dalla presenza Charlie, personaggio che disturba la quiete agitando le acque ma anche portatore di una vera e propria liberazione, sessuale e mentale, per la giovane India.
Ad accentuare questo lavoro sulla decostruzione del nucleo familiare anche la presenza di una marcata simbologia, usata molto anche nelle pellicole precedenti del regista: lo scuro scantinato in cui India si rifugia, e in cui si trova nascosto il cadavere della domestica, incarna tutta l'oscurità e la follia che affliggono la famiglia Stoker e che verranno portati prepotentemente alla luce. Lo stesso ragno che spesso vediamo inquadrato incarna questa follia latente che striscia silenziosa sotto la banale quotidianità. Due simboli sfruttati in modo estetico ed estetizzante ma che donano al film un'aura di fascino misterioso quasi vampirica.

Stoker Park Chan-wook debutta al meglio negli Stati Uniti grazie ad un'ottima sceneggiatura capace di dare al regista la possibilità di mettere in scena un film morboso e sensuale. Con la consueta eleganza formale che caratterizza le opere di Park Chan-wook, Stoker scorre ipnotico e tortuoso in un percorso che ci porterà all'interno della mente di India e Charlie, due sconosciuti che scopriranno che ad unirli c'è ben più che un legame di sangue.

7.5

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