Recensione Stella

Un viaggio nella Parigi anni '70 per conoscere Stella

Recensione Stella
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La formazione di Stella: dall'infanzia all'adolescenza, dal proletariato alla borghesia

Stella è un campione del cinema francese. Lo è sotto tutti i punti di vista: nella storia, nelle citazioni filmiche, nella cultura, nell'ambientazione, nella recitazione, in quello snobismo delicato che solo i lavori d'oltralpe riescono ad avere.
La regista Sylvie Verheyde confeziona la più classica delle storie di formazione, è il segmento di vita di Stella (Léora  Barbara) che ne segna la crescita e la direzione: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Siamo a Parigi nel 1977 e la protagonista per estrazione sociale si ritrova a spartire la sua vita con personaggi ben poco abbienti immersa in laidi bistrot. La svolta si sviluppa dacchè verrà ammessa in una prestigiosa scuola parigina, luogo per definizione di incontro-scontro tra le diverse classi sociali. I genitori quindi, ben distanti dalle sensibilità socio-umane, non si periteranno di mandarla allo sbaraglio in un contesto che la vedrà emarginata, ma qui, come nei migliori casi romanzeschi, troverà in Gladys (Melissa  Rodriguès), ebrea di natività argentina, una sodale iniziatrice al mondo reale.

Una storia di risveglio culturale... e di censura

Stella è un lavoro autobiografico della regista stessa. E' il percorso formativo che la Verheyde ha dovuto compiere per educarsi e tirarsi fuori da quei grigi gironi dove la vita passa senza grandi esultanze. E' la storia di come con la tenacia, la sensibilità e l'intelligenza ce la si possa fare, di come la cultura, l'immersione nella letteratura più alta - si parla di Cocteau, di Balzac, Dumas - possa profondere quella forza che permette di elevarsi, sia umanamente che quindi socialmente.
Un film dai messaggi inequivocabilmente virtuosi quando solo i nostri brillantissimi organi di censura hanno deciso di affibiargli il bollino "v.m.14" per ragioni del tutto incomprensibili, probabilmente diffondere suggerimenti del tipo "più lettura, meno De Filippi" non si accordano con la linea editoriale del paese...
Tuttavia un Nanni Moretti che funziona in Italia c'è sempre e così proprio la sua Sacher Film si è incaricata di soffonderlo per i bui della sale nostrane dopo una dimessa, ma molto apprezzata, presentazione in quel di Venezia 2008 durante Le giornate degli autori.

Tutta la Francia dentro al film

I richiami o meglio il retaggio della pellicola sono del tutto evidenti: il Truffaut de I 400 colpi e Il tempo delle mele si leggono tra i fotogrammi, con tanto di rappresentazione godardiana dei tormenti ed un finale vincente grazie alla cultura capace di riscattare le proprie solitudini ed il litigioso nonchè traumatico mondo degli sciatti genitori.
La Parigi anni '70 viene edificata con grande sobrietà, gli interni sono precisi e la fotografia è soffice, il tutto sempre attraversato da quella fredda postura che è meta-ingrediente delle migliori pellicole transalpine.
Vengono ben affrontate le vicissitudini della stratificazione urbana: il passaggio dagli avvinazzati e dai flaneur al rigore di una scuola affollata dalla buona borghesia, le prime turbe sentimentali, le amicizie, i risvegli culturali, lo sconvolgimento di un corpo che cresce.
Il tutto raccontato sempre con una certa buona disposizione, senza mai naufragare nelle derive del retorico, del ruffiano, del moralismo (che pure sarebbero porti accoglienti e fecondi!) ricostruendo l'educazione sentimentale di una ragazzina povera e fragile con grande attenzione alla auscultazione della sua anima quando la regista mostra una maestria degna dei suoi insigni predecessori nel saper cristallizzare la rabbia, il disagio, la malinconia ma anche l'ingenuo romanticismo. La semplicità di una regia pulita, con proclività realiste, capace di raccontare storie pesanti con leggerezza non vacua e di essere pressocchè comunicativi in modo trasversale permette di superare il confine del film usando con garbo la voce narrante di lei, squadernando tutti i moti dell'anima: cause degli effetti più scontrosi.
E' un lavoro che dovrebbe essere proiettato nelle scuole e non vuole essere questo il solito messaggio per bene, ma il virtuosismo culturale, la presa di coscienza che la letteratura, l'arte sono possibilità di salvezza. Anzi, crediamo siano direzioni necessarie e propedeutiche.

Stella Un film aggrazziato che senza essere retorico ed ampolloso, coniuga romanticismo senza sdilinquimenti, facendo del problematico mondo dell'adolescenza una transizione di grande potere e formazione.

7

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