Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni Recensione

La seconda trilogia della saga stellare di George Lucas continua con il capitolo intermedio, a base di complotti e amori infelici.

Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni Recensione
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Dopo il miscuglio poco riuscito di spettacolo calibrato per i più giovani e sottotrame politiche gestite in modo maldestro ne La minaccia fantasma, il secondo episodio della trilogia prequel di Star Wars si presentò come la possibilità per George Lucas di tornare sulla retta via, ritornando alle atmosfere più cupe de L'impero colpisce ancora con la promessa di un primo sguardo all'evoluzione di Anakin Skywalker, destinato a cedere al Lato Oscuro della Forza e divenire Darth Vader. Una promessa mantenuta solo in parte, poiché al fianco di netti miglioramenti - su tutti la riduzione drastica del ruolo di Jar Jar Binks - rimangono alcune delle intuizioni meno felici che caratterizzano la scrittura di Lucas, in particolare un istinto discutibile per i dialoghi.

Amore illecito lacustre

Tra i vari paesaggi digitali è possibile scorgere anche qualche paesaggio reale, principalmente il lago di Como dove si svolge la parte più debole dell'Episodio II, dedicata alla relazione tra Anakin e Padmé Amidala. Una sezione che da un lato vanta una bellissima nuova composizione da parte di John Williams, che arricchisce costantemente l'universo sonoro della saga, ma dall'altro appesantisce la narrazione con toni melensi e l'assenza totale di complicità recitativa tra la pur volenterosa Natalie Portman e l'inespressivo Hayden Christensen (che si fa sopportare solo sapendo che nel film successivo indosserà la mitica armatura di Vader). Per certi versi questa storyline incarna il paradosso del film: nelle (poche) sequenze con esterni veri la fa comunque da padrone l'elemento artificiale, che si tratti delle immagini manipolate digitalmente in un modo o nell'altro o del pathos artefatto che rischia in più punti di smorzare ogni frammento dell'impeto drammatico di questo capitolo intermedio.


E alla fine arriva Dooku

Eppure, in mezzo a tanto artificio, rappresentato letteralmente da un esercito di cloni che fungono da esanime backstory per Boba Fett, sussiste una parte di quella magia che caratterizzò la prima trilogia, uno spirito magnificamente fanciullesco che si manifesta prima in una sequenza d'azione dal sapore spudoratamente pulp, dove suggestioni di Edgar Rice Burroughs incontrano l'epica contemporanea de Il gladiatore, e successivamente nella partecipazione di Christopher Lee nel ruolo del Conte Dooku. Ripescando la tradizione cinefila dell'Episodio IV, anch'esso impreziosito da un villain proveniente dalla tradizione horror britannica della Hammer, L'attacco dei cloni recupera abbastanza energia vitale da rigenerare una sufficiente fiducia nelle capacità immaginifiche di Lucas in vista dell'Episodio III. Cominciata veramente, la saga è?

Star Wars Universe George Lucas prosegue nella sua narrazione cosmica con un quinto capitolo (cronologico) che conferma le debolezze dell'approccio moderno del suo creatore ma al contempo ritrova parte dello spirito avventuroso dell'incarnazione originale della saga. Particolarmente notevole la partecipazione di Christopher Lee, magnifico villain al servizio di un episodio intermedio in tutti i sensi.

6.5