Recensione Spose celesti dei Mari della pianura

Le tradizioni del popolo Mari raccontate in 23 novelle visive.

Recensione Spose celesti dei Mari della pianura
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A volte, lobotomizzati dalla tecnologia che ormai ha ufficialmente modificato tutto il nostro modo di vivere e di pensare, dimentichiamo che esistono nel mondo dei luoghi in cui le vecchie tradizioni pagane hanno ancora un valore concreto, dove la natura comunica con il proprio popolo e tutto sembra essersi fermato a un tempo lontanissimo. "Cinquecento anni fa, quando cadde il regno dei Khan di Kazan, la numerosa etnia dei Mari si rifugiò sugli Urali per sfuggire alla cristianizzazione. Oggi in Russia esistono tre gruppi principali di Mari: i Mari delle pianure, i Mari della montagna e i Mari orientali, quelli degli Urali. Il gruppo dei Mari orientali è riuscito a mantenere le tradizioni pagane delle pianure. Come etnia, i Mari appartengono al gruppo dei popoli urgo-finnici e la loro cultura è molto ricca, luminosa e sorprendente, come le loro case: rosse e gialle, blu e verdi, dai colori molto accesi". Ed è proprio su un determinato aspetto delle credenze di questo popolo che si basa la sceneggiatura de Le spose celesti dei Mari della pianura, film in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma diretto da Alexey Fedorchenko, regista russo che già nel 2010 ha vinto il premio della critica internazionale a Venezia.

Un racconto al femminile

Le spose celesti dei Mari della pianura è un film composito, che costruisce la sua sceneggiatura attraverso l'affiancamento delle storie di più di 20 donne diverse appartenenti al popolo dei Mari. Ogni novella è un capitolo indipendente, completamente scollegato dal precedente e dal successivo se non per il filo conduttore che li accomuna tutti. Le protagoniste sono sempre delle donne che, dalla commedia al dramma, passando per il thriller, si interfacciano con la loro sessualità osservata dai più svariati punti di vista, spesso nemmeno in modo consapevole. Il tutto per creare una sorta di omaggio a tutto quello che di nascosto e misterioso c'è nelle tradizioni di questo popolo, amplificato dall'uso della lingua mari, ormai quasi completamente scomparsa anche in quei territori.
L'intento di Fedorchenko non è quello di raccontare una storia unitaria che accompagni lo spettatore per tutta la proiezione, quanto più quello di frammentare la sua attenzione, distogliendola continuamente dal filo narrativo per porla davanti a una questione differente. Quando le luci in sala si spengono lo stato confusionale è d'obbligo, scaraventati come si è stati di prepotenza in un mondo così lontano da quello a cui siamo abituati, senza una guida e senza nessun accenno di spiegazione, ma il senso di misticismo che pervade l'opera rimane attaccato alle ossa per parecchio tempo. Merito soprattutto di una fotografia vivida e realistica, che esalta al meglio i colori dei villaggi immersi nella natura e attorniati da neve e fango. Tutto è allo stesso tempo tangibile e irreale, creando un contrasto visivo molto affascinante che crea l'atmosfera ideale per immergersi in questo viaggio folklorico.

Spose celesti dei Mari della pianura Le spose celesti dei Mari delle pianure è sicuramente un progetto interessante che trova nella letteratura il suo motivo narrativo, accostando novelle indipendenti e spesso solo accennate un po’ in stile Decameron. Il lavoro di Alexey Fedorchenko, però, privo di ogni spiegazione sulle tradizioni pagane di cui racconta e dissociato da ogni suggerimento diegetico, rimane per lo più un visualmente apprezzabile quadro artistico di un mondo a noi molto lontano che, nonostante i 106 minuti di pellicola, rimane a noi sconosciuto. Quel senso di misterioso e affascinante che riesce a penetrare nell’inconscio dello spettatore è dovuto per lo più all’ottimo uso della fotografia, che ancora più avvicina il film a un’opera interessante ma di difficile comprensione, perfetta nella galleria indipendente di qualche appassionato.

5

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