Spider-Man No Way Home Recensione: l'Endgame dell'Uomo Ragno

Tom Holland è protagonista del più emozionante film di sempre sull'Uomo Ragno: Spider-Man No Way Home è un bellissimo cinecomic.

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Se è vero che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, allora il dovere di Spider-Man: No Way Home era quello di onorare l'essenza dell'Uomo Ragno dopo 20 anni di emozionante e travagliata storia cinematografica. E lo dico subito, senza eccessivi fronzoli o giochi di parole: ci riesce. Non sto parlando di un film perfetto: eppure, al termine dei 150 minuti forse più toccanti della storia ragnesca sul grande schermo, credo sia indubbio quanto il cinecomic diretto da Jon Watts brilli di una luce singolare al netto di qualsiasi critica. Una luce che risplende per il Marvel Cinematic Universe, che con il contenuto di No Way Home può vantare nella propria filmografia una trilogia di tutto rispetto sull'arrampicamuri; ma anche per Sony Pictures, che dopo il successo del secondo capitolo (recuperate pure la nostra recensione di Spider-Man Far From Home) potrà fregiarsi di avere il suo personale "Endgame" al box office di tutto il mondo. Risplende per gran parte dei fan di Spidey, che avranno il ragnofilm che da tempo stavano aspettando.

Falli secchi, Tigre

Inutile e pretestuoso raccontare la trama di partenza di Spider-Man No Way Home. D'altronde, come vi abbiamo già raccontato a proposito dei primi 40 minuti di Spider-Man No Way Home che abbiamo visto, è piuttosto facile immaginare l'andamento del primo atto. La costruzione degli sviluppi che innescheranno la vicenda nei restanti 100 minuti di pellicola, anche nell'economia generale di tutta la produzione, rimane convincente ed è peraltro l'unico segmento di tutta l'opera ad essere "debitore" nei confronti dell'approccio tutto adolescenziale già saggiato nei due capitoli precedenti della trilogia (e a questo punto come non linkarvi la nostra recensione di Spider-Man Homecoming?).

C'è infatti, nella prima parte di No Way Home, la conseguenza del perfido inganno di Mysteryo, l'impatto che ha sulla vita di Peter e dei suoi cari e sul suo percorso scolastico, il confronto con un eroe più esperto (il Doctor Strange di Benedict Cumberbatch) su cosa è giusto o sbagliato fare. C'è, sulle orme di un percorso di riscoperta del binomio Parker/Spidey, un nuovo racconto di crescita, che si contamina con il tema della vita adulta, del cammino post-liceo e della prospettiva del college. Ma è quando il fatidico Multiverso si apre che No Way Home cambia volto, scava nella memoria cinematografica del personaggio e ne impreziosisce l'approccio artistico, (ri)portando su schermo i volti che danno vita ai nemici storici delle precedenti saghe, con tanto di temi musicali riarrangiati, ma pur sempre calati nel contesto narrativo e nel linguaggio cinematografico di Jon Watts e del binomio Marvel/Sony. Il film cambia faccia perché, nel confrontarsi con avversari che non conosce (ma loro, d'altro canto, conoscono bene Spider-Man), il tessiragnatele interpretato da Tom Holland scopre ed esplora, forse per la prima volta, cosa significa essere l'Uomo Ragno.

Il secondo atto di No Way Home dà insomma vita ad un processo di riscoperta del personaggio di Holland, che a dispetto di un cast ricchissimo e stratificato rimane il cuore pulsante di tutta l'opera. Il confronto, fisico e morale, con le sue nemesi si contrappone anche alla differenza di vedute con Strange, ma è proprio in questa fase che il film di Watts presta il fianco alle sue principali debolezze. La fase centrale della pellicola fornisce probabilmente gli spunti narrativi più inaspettati e imprevedibili, costruendo un climax interessante e tutto sommato efficace, ma imperfetto.

La tensione crescente, che scaturisce da un escamotage di scrittura piuttosto semplice e leggero, è sviluppata un po' troppo velocemente, e credo che alla base di alcune importanti (e alle volte persino cruciali) svolte narrative prenda il sopravvento un pizzico di situazionismo: piccoli inciampi di sceneggiatura che, in ogni caso, riescono a mantenersi in bilico senza distruggere le fondamenta narrative di tutto il film, pur rimanendo sicuro che svariate spiegazioni - dal funzionamento dell'incantesimo di Strange al ruolo di alcuni personaggi - potrebbero non mettere d'accordo tutta la fanbase.

Spider-Man Endgame

Il terzo atto è, senza mezzi termini, un prezioso omaggio ai valori e alle tematiche incarnate dall'Uomo Ragno nella narrativa fumettistica. Ancora una volta il fulcro di questo percorso di crescita è Tom Holland, che ci regala il suo Peter più intenso e drammatico in un'interpretazione che può soltanto confermare il suo già noto talento. L'ultima ora di Spider-Man No Way Home riesce a farsi perdonare ogni difetto confezionato nelle due precedenti, onorando con efficacia e trasporto la memoria storica, morale ed emotiva del tessiragnatele.

Ed è proprio questo il principale valore di No Way Home: la sua capacità di riscrivere il mito dell'Uomo Ragno, dandogli nuova linfa vitale per chiudere un ciclo e al tempo stesso aprirne un altro. Spider-Man No Way Home rappresenta l'epilogo di una saga e la ripartenza per qualcosa di nuovo, traendo forza da un sotterfugio narrativo prevedibile per confezionare una furba, oculata e intelligente operazione di retcon, funzionale al proseguimento di Peter Parker all'interno del MCU. Che ci crediate o meno, No Way Home è un racconto di origini utile a plasmare e rimodellare l'etica di questo Peter Parker per renderlo un'icona del tutto unica e indipendente rispetto agli altri eroi targati Marvel Studios. Ed è dunque proprio questa la più grande forza della pellicola di Watts: ridare forma alla caratterizzazione di Spider-Man costruita per quasi tre film in modo da rendere l'apice della sua storia (e del suo percorso formativo) una nuova origin story. Un'operazione che, a memoria, nessun cinecomic moderno è stato in grado di fare.
Jon Watts è un regista consapevole e maturo: la sua macchina accompagna la crescita del suo Spider-Man con la solidità di un mestierante e il piglio di un autore capace di valorizzare al meglio i tanti volti messi a disposizione per la sua opera. E non è un caso se la sua regia ci ha colpito già dai primi minuti, quando percorre con frenesia le movenze dei personaggi in preda al panico generale. Così come non è un caso se No Way Home contiene alcune delle scene d'azione più riuscite e meglio coreografate dell'intero Cinematic Universe. Dal confronto iniziale tra Parker e Doc Ock, passando da uno scontro con il Goblin di Willem Dafoe durante il secondo atto che vi colpirà per la sua inaudita ferocia, fino all'emozionante e rocambolesco showdown finale.

E se Holland, come già detto, è l'alfa e l'omega di un efficace approccio drammaturgico alla figura dell'amichevole Parker, l'intero cast di No Way Home non è assolutamente da meno. D'impatto ed elettrizzante l'Octavius di Molina, diviso tra l'essere un villain fuori tempo massimo e un improbabile, corrucciato alleato; un po' meno riuscita, ma comunque funzionale al racconto, la performance di Jamie Foxx, che torna ad interpretare una versione di Electro a metà tra la perfidia e l'ingenuità del personaggio già visto in The Amazing Spider-Man 2.

Ed infine, sontuosa e sorprendente la prova di un Willem Dafoe che torna a spingere su un espressionismo marcato e distorto, ispirato agli intensi primi piani di Sam Raimi pur non raggiungendone appieno la fascinazione orrorifica. E il roster di supporto è forse ancor più centrale nella decostruzione cinematografica di questo Spider-Man: il ruolo finalmente più centrale della May di una Marisa Tomei a dir poco commovente, la tenerezza sfrontata e innocente di una Zendaya chimicamente legata al suo Tom. Spider-Man No Way Home è, in definitiva, un film di cuore, un ottimo cinecomic, un manifesto dell'Uomo Ragno perfettamente riuscito nella sua componente emotiva.

Spider-Man: No Way Home Spider-Man: No Way Home è la summa cinematografica di 20 anni di Uomo Ragno sul grande schermo. È un film di cuore, che emoziona e commuove in un atto finale che si fa perdonare alcuni inciampi narrativi spalmati in un secondo atto un po' troppo frettoloso. È quasi un retcon tanto furbo quanto intelligente, che ribadisce con forza la potenza e l'efficacia dell'operazione editoriale fin qui condotta dai Marvel Studios e Sony Pictures. Ma, al netto di un cast d'eccezione, No Way Home non è soltanto nostalgia: è un peculiare racconto di origini in cui Tom Holland rimane, dall'inizio alla fine, il cuore pulsante di un bellissimo romanzo supereroistico di formazione ed è, in definitiva, un ottimo cinecomic. Il film che moltissimi fan del tessiragnatele sognavano di vedere da tempo.

8.5

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