Recensione Special ID

Donnie Yen è un poliziotto sottocopertura nell'action thriller di Clarence Fok, operazione potenzialmente interessante che non convince del tutto per alcune ingenuità narrative e coreografiche.

Recensione Special ID
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L'anno prossimo lo vedremo in Rogue One: A Star Wars Story, La tigre e il dragone 2 (produzione Netflix) e nell'attesissimo terzo capitolo di Ip Man: Donnie Yen ormai, dopo il clamoroso successo internazionale ottenuto soprattutto negli ultimi anni con appunto il dittico in cui interpretava il maestro di wing chun, è destinato all'età di 52 anni a diventare una vera e propria star globale. Ed ecco così comparire anche sugli schermi italiani uno dei suoi ultimi film, datato 2013, diretto dal regista sino-canadese Clarence Fok, autore del mai dimenticato cult Naked Killer (1992). Come in molte altre occasioni anche in Special ID l'atletico protagonista si trova ad interpretare la figuta di un poliziotto, in questo caso però sotto copertura, in un (molto)action-(poco)thriller in cui è affiancato dalla bella Jing Tian (Police Story 2013) e dall'altrettanto agile Andy On (Blackhat).

The way of the Dragon

Dragon Chan è un agente sotto copertura infiltrato in una delle molteplici gang della mafia di Hong Kong. Desideroso di ritornare un poliziotto a tutti gli effetti dopo anni di "lavoro sporco", Chan si trova davanti ad un'ultima pericolosa missione. Il suo ex-protetto Sunny infatti torna in Cina per ambire al comando di leader assoluto, facendo fuori uno dei suoi potenziali rivali. Con l'aiuto di una bella collega a conoscenza della sua reale identità, Chan dovrà cercare di non farsi scoprire e sventare i piani criminosi di Sanny e della sua banda.

Infiltrato speciale

Titolo di genere senza infamia e senza lode, Special ID opta per una narrazione incentrata prettamente sull'azione pura, lasciando quasi completamente da parte qualsiasi connotazione drammatica e/o introspettiva. Sono quindi lontane le affascinanti atmosfere di classici del sotto-filone come Infernal Affairs, abbandonate in favore di un gioco adrenalinico a suon di calci e mazzate d'ogni sorta. E se le abilità fisiche di Yen, ma anche dello stesso Andy On (ottimo nei panni del villain) non sono assolutamente messe in discussione, va detto che l'ispirazione coreografica non raggiunge mai picchi troppo elevati: se infatti i combattimenti sono comunque ben realizzati, è impossibile non denotare una certa banalità marziale con tanto di abusati rallenty ad hoc nei momenti più concitati. Clarence Fok dirige in ogni caso con un buon mestiere e ci regala un trascinante inseguimento automobilistico nella parte finale, in grado di offrire una discreta escalation tensiva e di giustificare in questo modo la visione. Gli appassionati non rimarranno certamente delusi, ma la caratterizzazione dei personaggi e risvolti a tratti improbabili penalizzano la coerenza di fondo di un'operazione che trova nella sua effettiva medietà il sapore di un'occasione mancata, visti anche i nomi coinvolti.

Special ID Donnie Yen è un poliziotto sotto copertura in un film che punta più sulla sua componente ludica che sui potenzialmente interessanti approcci introspettivi. Special ID si appoggia su un gran numero di combattimenti che, pur realizzati con efficacia, peccano di originalità e ispirazione, trovando il suo apogeo action nei trascinanti venti minuti finali. Peccato per una costruzione drammatica appena abbozzata e non sempre credibile che castra la componente emotiva e rende l'operazione non del tutto riuscita.

5.5

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