Recensione Spaghetti Story

Il cinepanettone indipendente di Ciro De Caro

Recensione Spaghetti Story
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Sebbene, già nel 2002, Cristian Di Sante avesse già interpretato un personaggio chiamato Scheggia all'interno dello short Spaghetti odio di Ciro De Caro, questo lungometraggio d'esordio del cineasta romano classe 1975 - proveniente dall'universo degli spot pubblicitari - non ha nulla a che vedere con quella piccola operazione.
Lo Scheggia incarnato da Di Sante in Spaghetti story, infatti, è un giovane che vive ancora con la nonna ma sa già come crearsi "una posizione", nonché amico del protagonista Valerio alias Valerio Di Benedetto, bravo attore che si arrangia con impieghi part-time nell'attesa di poter vivere del proprio lavoro.
Al loro fianco la Sara Tosti di Giulia non esce la sera nei panni di Serena, studentessa che vorrebbe costruire una famiglia con Valerio, e Rossella D'Andrea - anche co-sceneggiatrice del film insieme allo stesso De Caro - in quelli di Giovanna, la quale svolge l'attività di massoterapista, pur sognando di diventare chef di cucina cinese.
Quattro giovani adulti dei nostri giorni, tutti che sembrano possedere le idee chiare su chi sono e cosa desiderano, ma, di fatto, tutti ingabbiati nei propri schemi mentali... fino al giorno in cui entra a far parte delle loro vite la prostituta cinese Mei, ovvero Deng Xueying.

Giovani, italiani e disoccupati

Perché non è il dramma ad essere assente nell'ultima parte della oltre ora e venti di visione, principalmente incentrata sui problemi della mancanza di lavoro e dei tentativi di sopravvivenza nel poco roseo panorama tricolore d'inizio XXI secolo, man mano che ognuno dei protagonisti, cieco di fronte alle proprie esigenze e potenzialità, si manifesta sempre pronto a giudicare l'altro.
Protagonisti le cui prove sono destinate a rivelarsi tutt'altro che disprezzabili, mentre assistiamo al rapporto tra Valerio e Serena e, al di là dell'esilarante personaggio della nonna di Scheggia, non mancano occasioni per spingere lo spettatore a sprofondare in risate.
Occasioni offerte soprattutto dal dialetto romano e che, tra un colloquio con un regista e divertenti discorsi rivolti in maniera critica al sesso femminile, provvedono a fornire la giusta dose di godibilità ad un'operazione sempre coinvolgente, ma curiosamente tendente a dilatare un po' troppo i ritmi di narrativi.
Infatti, una volta giunti allo speranzoso finale che, in ogni caso, rimane aperto, la strana impressione è quella di avere appena assistito a un veloce e tutt'altro che noioso spettacolo della durata decisamente superiore alla sua effettiva.

Spaghetti Story Uno spaccato generazionale fresco e ironico che guarda al futuro con gli occhi dei trentenni di oggi. Basterebbe questa definizione riportata nel pressbook del film per giudicare tanto sinteticamente quanto efficacemente l’opera prima di Ciro De Caro, film totalmente indipendente che ben si riassume nelle parole del proprio autore: “Spaghetti story entra nelle vite dei giovani adulti di oggi e ne fa un ritratto onesto, veritiero, ironico ed emozionante. Racconta di ragazzi che conducono vite dagli orizzonti circoscritti, che hanno animi non ancora corrotti, non ancora gretti e, seppur costretti in problemi più grandi di loro, scelgono di correre in aiuto di chi si trova in difficoltà. Un film che rappresenta la mia generazione non solo per quel che racconta, ma anche e soprattutto per il modo in cui è stato realizzato. È un film molto semplice, girato con l’attrezzatura che poteva entrare nel bagagliaio di un’auto, con una sola ottica (un 50 mm), in soli undici giorni, tra difficoltà e imprevisti che, alla fine, si sono rivelati il vero valore aggiunto, poiché hanno stimolato la creatività e la ricerca di nuove soluzioni”.

6

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