Sotto la pelle del lupo, la recensione del film originale Netflix

Un burbero e solitario cacciatore, che vive sulle montagne in compagnia delle sue capre, decide di comprarsi una moglie nel vicino villaggio.

Sotto la pelle del lupo, la recensione del film originale Netflix
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Tardo diciannovesimo secolo. Martinon è un uomo rude e solitario che abita tra le montagne, guadagnandosi da vivere come cacciatore. I suoi profitti derivano infatti dalla vendita delle pelli di lupo, che avviene nel villaggio vicino durante l'anno. Proprio durante una delle sue discese, consuma un fugace rapporto con una bella mugnaia rimasta da poco vedova.
In seguito alla morte del suo cane da gregge Martinon, su consiglio di un amico, decide di comprarsi una moglie e la scelta ricade proprio sulla suddetta amante passeggera. In Sotto la pelle del lupo, la donna fatica inizialmente ad adattarsi alla vita spartana del cacciatore, ma col passare dei giorni le cose migliorano e rimane addirittura incinta in breve tempo.
Martinon comprende però di essere stato imbrogliato e ben presto le condizioni della compagna peggiorano inesorabilmente.

Uomini e lupi

L'esordio dietro la macchina da presa di Samu Fuentes, spesso assistente alla regia di più famosi colleghi, è un film ostico che si prende i propri tempi, senza timore di scontentare quella gran percentuale di pubblico abituata magari a ritmi più sostenuti e mainstream.
Inizialmente l'approccio è aspro anche per platee più raffinate, data l'estrema lentezza con cui la storia viene raccontata, tra dialoghi ridotti al minimo (nei primi dieci minuti, puro survival drama, non viene pronunciata parola) e una ferma concentrazione della macchina sugli affascinanti paesaggi, elemento determinante ai fini degli eventi.
In questo film i cui diritti sono stati acquisiti in esclusiva da Netflix, il tempo appare come un'entità sospesa, che trasforma l'arrivo dei vari risvolti narrativi in un'estenuante attesa che, pur rischiando di far svanire il tutto in una pericolosa monotonia, ha i suoi punti di forza nella sincera affezione verso i personaggi e le relative dinamiche, con reminiscenze che riportano alla mente alcuni passaggi de Il filo nascosto (2018).
Come nel capolavoro di Paul Thomas Anderson infatti, anche qui il contrasto tra le due figure principali è proprio giocato sul sottile filo dell'incapacità dei relativi mondi di entrare in diretta comunione e armonia e il finale, pur con diversi risultati, ha non poco in comune con la suddetta opera.
Dove Sotto la pelle del lupo convince maggiormente è nelle scelte registiche, tra incisivi piani sequenza spesso "muti" e un'attenzione particolare ai panorami selvaggi, il tutto accompagnato da tocchi vagamente mystery, sottili MacGuffin e amare e solenni note di violino che ben trasportano nelle atmosfere di questa vicenda d'altri tempi - in cui la donna era in ogni caso al servizio dell'uomo e una moglie poteva essere comprata contro la sua volontà come fosse un animale da soma.
Straordinari e convincenti i protagonisti, con una Irene Escolar che imprime la giusta fragilità da "vittima" silente e Mario Casas, attore ormai poliedrico e completo, che tra versi e grugniti da orso offre comunque una toccante e dolente umanità al burbero cacciatore.

Sotto la pelle del lupo Un cast ridotto al minimo, un paio di ambientazioni e improvvisi e fondamentali incontri con la fauna locale: Sotto la pelle del lupo non è un film semplice, si rivela anzi respingente per la propria lentezza, ma la non celata monotonia si rivela elemento necessario a esasperare la tensione drammatica di una vicenda d'altri tempi dove la società era di stampo dichiaratamente maschilista. Non è un caso che il protagonista, interpretato dall'ottimo Mario Casas, compri una moglie per combattere la propria solitudine da cacciatore burbero abitante nei boschi, e che le cose prendano ben presto una piega sempre più tragica fino a un epilogo netto ma a suo modo coerente con l'impronta stilistica e narrativa precedentemente messa in campo.

7

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