Recensione Sopladora de Hojas

L’opera prima del regista messicano Alejandro Iglesias è una vivida e verace immagine del viver e diventar grandi, tra segreti e privazioni, ossessioni e remissioni. Un coming of age originale e sottilmente surreale.

Recensione Sopladora de Hojas
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Lucas (Fabrizio Santini), Emilio (Francisco Rueda), e Ruben (Alejandro Guerrero) sono tre ragazzi come tanti, ‘svogliatamente impegnati' in un'adolescenza che non sembra essere troppo nelle loro corde. Ognuno di loro vive infatti un profondo conflitto con sé stesso e con alcune delle dinamiche della propria vita. Lucas è ossessionato dalla sua "uvetta", nomignolo dell'ossessiva fidanzata che il ragazzo sente e subisce costantemente al telefono ma che non riesce in alcun modo a lasciare; Ruben ha un grosso segreto che non riesce a confessare ai propri genitori; Emilio è profondamente insicuro per via della sua ‘stazza' e non riesce a manifestare i propri sentimenti, riducendosi ossessivamente a osservare di nascosto e dunque spiare la sua ‘cotta', ovvero la vicina di casa dal soprannome "belle gambe". Tre esistenze incomplete, incompiute, cui manca quel qualcosa per diventare grandi e maturare, prender coscienza di sé e dei propri limiti, così come anche delle proprie potenzialità. A creare un confronto in qualche modo catartico interverrà una giornata particolare della loro vita. La giornata in cui dovrebbero andare al funerale di un loro amico morto in un tragico incidente, mentre si attarderanno nel parco pieno di foglie dove uno di loro (Lucas) ha inavvertitamente perso l'intero mazzo di chiavi, tra cui c'è anche la chiave della macchina della sua irascibile ragazza (il che rende la perdita ancora più drammatica). Mille bislacche idee su come ritrovare le chiavi tra mille mucchi tutti uguali di foglie (le scope, il soffiatore di foglie - un Sopladora de Hojas, per l'appunto, o addirittura un metal detector), e mille imprevisti coloreranno le ventiquattro ore di questa giornata tra amici anonima e speciale, dove il concetto di perdita (quella futile della chiavi e quella molto più profonda di un amico caro, un ragazzo nel pieno della sua vita) contribuirà ad accelerare il processo di maturazione, lasciando sedimentare qualche briciolo in più di quella presa di coscienza e di quella maturità adulte ancora lungi dal realizzarsi.

Soffiando via la gioventù

Sopladora de Hojas, titolo messicano in concorso al 33° Torino Film Festival (e vincitore del Premio per la Miglior sceneggiatura ex-aequo con il cinese A simple Goodbye di Degena Yun) è il racconto scanzonato e un po' folle di un trio di adolescenti, e amici, ancora alla ricerca di un proprio posto e un proprio valore nel mondo. Il regista Alejandro Iglesias confeziona un'opera prima accattivante, ammiccante, ricca di sorrisi e di gag ma anche di momenti cupi, nel cui tono scanzonato di una giornata di adolescenti imbranati e teneri è racchiuso tutto l'amaro dell'età forse in assoluto più complessa delle nostre vite. Un età in cui risate e ferite sperimentate sedimentano, gettando le fondamenta di quello che poi sarà il carattere adulto, con i propri talenti, i propri dolori e le proprie imperfezioni. Ed è su quest'idea dell'importanza che assumono (tutti) i giorni e gli eventi a quell'età che il regista messicano si basa per costruire queste 24 ore di eventi casuali, particolari, fondanti. Attraverso dialoghi che restituiscono l'estemporaneità di un racconto iscritto in una scansione temporale realistica, Sopladora de Hojas riesce a dire qualcosa di sé, e dei suoi tre improbabili protagonisti. I loro tic, le loro ossessioni (chi mangia troppo, chi fuma troppo, chi è troppo dipendente dai propri affetti) ma anche le loro qualità (come Emilio così insicuro da cedere sempre il passo agli altri, ma in fondo assai altruista e generoso) entrano di peso nella cifra stilistica di questa pellicola che resta in fondo semplice e fresca, ma che riesce a trovare un suo spessore, a veicolare ben più della mera, quasi surreale cronologia di un semplice pomeriggio tra amici.

Sopladora de Hojas In concorso al 33° Torino Film Festival, l’opera prima del regista messicano Alejandro Iglesias è una vivida e verace immagine del viver e diventar grandi, tra segreti e privazioni, ossessioni e remissioni. Una giornata di attesa, estemporanea, per render l’ultimo saluto a quell’amico che non c’è più e che diventa invece il luogo unico (temporale e spaziale) dove misurarsi, scontrarsi, crescere. Una fiaba divertente e malinconica che lascia il segno e colpisce grazie anche al talento naturale di tre giovani protagonisti che entrano poco alla volta nel cuore.

7.5

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