Sognare è vivere Recensione: l'esordio alla regia di Natalie Portman

La bella Fania vive un'esistenza infelice nella Gerusalemme del dopoguerra in Sognare è vivere, esordio da regista di Natalie Portman.

Sognare è vivere Recensione: l'esordio alla regia di Natalie Portman
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Un progetto coltivato per ben otto anni quello scelto da Natalie Portman per il suo debutto dietro la macchina da presa, nato come da lei stessa dichiarato durante una chiacchierata col noto scrittore connazionale Amos Oz e adattamento del romanzo autobiografico Una storia di amore e di tenebra, scritto dallo stesso Oz. L'attrice israeliana, nata a Gerusalemme, si riserva anche il ruolo di assoluta protagonista di questa vicenda ambientata proprio nella Città Santa durante il periodo dell'immediato dopoguerra. In Sognare è vivere la bella Fania, moglie infelice di un aspirante scrittore e madre del piccolo Amos, si rifugia nei sogni per sfuggire ad una vita monotona in cui le ombre del conflitto israelo-palestinese allora sul nascere posero l'ennesimo ostacolo alla sua costante ricerca di felicità ed equilibrio interiore.

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Opera ambiziosa tratta dal romanzo più venduto nella storia di Israele, Sognare è vivere è un film utile per carpire le potenzialità registiche della Portman, che esplodono potenti in più di una sequenza, ma che allo stesso tempo ne denotano le ingenuità di scrittura (è anche autrice della sceneggiatura), segno che su questo versante debba fare ancora parecchia esperienza. Proprio nella narrazione si palesano infatti i limiti maggiori di una storia che vorrebbe dire tanto ma si perde in più occasioni in un bicchier d'acqua, abissando il ritmo in una stanca e spenta evoluzione degli eventi che, nonostante la sofferta performance della stessa attrice, conduce per più di un'ora di visione ad una lenta stagnazione priva di sussulti emotivi. L'espediente delle storie raccontate da Fania, che si palesano come metafore di una vita possibile ma ormai perduta, possiedono un loro fascino ma si perdono in dinamiche troppo fredde per suscitare un minimo coinvolgimento empatico; negli ultimi venti minuti emerge una scintilla incapace però di cancellare l'esasperante ora filmica appena vissuta. Le numerose e profonde tematiche espresse, con tanto di filmati di repertorio inerenti gli albori del conflitto, con accenni al bullismo, alla perdita e al tradimento, sono appena accennate e la sparizione di personaggi apparentemente chiave in certi (s)punti del racconto (in primis la bambina araba con cui Amos stava stringendo amicizia) sottolineano una mancata visione d'insieme cui non bastano suggestive sequenze d'alto impatto visivo per trovare una precisa identità.

Sognare è vivere Adattamento del romanzo autobiografico di Amos Oz, l'esordio dietro la macchina di presa di Natalie Portman (anche sceneggiatrice e assoluta protagonista) è un'opera strutturalmente ancora acerba, marchiata da un'autorialità che, pur regalandoci sequenze visivamente affascinanti e poetiche, trascina ben presto i contorni del racconto su un noioso senso di esasperata retorica. Ambientato a Gerusalemme e incentrato sulle vicende del nucleo familiare dell'infelice Fania, Sognare è vivere si pone come opera eccessivamente complessa le cui numerose sfumature, storiche e tematiche, non vengono ampliate a dovere castrando anche l'intensa performance della debuttante cineasta in un vortice di involontario autocompiacimento.

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