La Sirenetta Recensione: il live-action Disney che non ti aspetti

Un remake che non regalerà mai le stesse emozioni del Classico animato, ma che funziona e diverte, al punto da essere uno dei migliori live-action Disney.

La Sirenetta Recensione: il live-action Disney che non ti aspetti
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"Ma una sirena non ha lacrime e perciò soffre molto di più".

Si apre così il live-action Disney de La Sirenetta, con una citazione al classico di Hans Christian Andersen. Ma il film diretto da Rob Marshall non è un riadattamento del romanzo originale (operazione diversa da Peter Pan, come dimostra la nostra recensione di Peter Pan e Wendy), bensì un remake 1:1 del classico animato del 1989, uno dei film più importanti della Casa di Topolino, perché sancì l'inizio del cosiddetto Rinascimento disneyano aprendo una delle ere più gloriose di sempre per il cinema d'animazione.

Eppure questa Ariel soffre comunque, forse ancor di più della Sirenetta originale, in una rivisitazione fedelissima al cartoon ma comunque in grado di aggiungere qualcosa in più alla caratterizzazione dei suoi protagonisti. E pur incapace di replicare la qualità assoluta di un capolavoro intramontabile, questo remake alla fin fine funziona, soprattutto grazie ad una protagonista efficace da un punto di vista visivo e musicale.

Parte del tuo mondo

Pur seguendo con fedeltà maniacale gli sviluppi del classico animato, il live-action de La Sirenetta si prende qualche minuscola libertà per dare uno spazio più ampio e complesso ad alcuni dei suoi protagonisti. Libertà che si palesano già dall'incipit, nel quale l'iconico concerto dedicato a Re Tritone nello scintillante palazzo subacqueo di Atlantica viene sostituito dal concilio della Luna Corallo, appuntamento annuale in cui il sovrano dei mari si ricongiunge con le sue numerose figlie, ciascuna di esse destinata a governare uno dei tanti oceani del mondo.

Scelta, questa, che strizza anche l'occhio al classico letterario originale, per un racconto che già dalle sequenze successive torna sui binari del film d'animazione.
E quindi abbiamo la giovanissima Ariel, che desidera più di ogni altra cosa avvicinarsi al mondo degli umani, così diverso e così lontano dal suo, ma costretta a rinunciarvi da un padre apprensivo e ricolmo d'odio nei confronti della superficie. Sarà poi l'amore per Eric a spingere la Sirenetta a rivolgersi ad Ursula, la perfida strega del mare, che la convince a stringere un pericoloso patto. Sul piano della trama, il live-action firmato da Rob Marshall si concede poche sbavature proprio perché ricalca alla perfezione quella del 1989, spingendo con più decisione su tematiche di inclusione senza però risultare forzata. Abbiamo infatti un'attenzione più marcata sulla figura di Eric e sui motivi che spingono Ariel ad innamorarsi del bel principe, o ancora qualche rimando (solo appena accennato) al passato di Atlantica e alla madre della protagonista, elementi che Disney approfondì soltanto nel prequel "La Sirenetta - Quando tutto ebbe inizio" del 2008.

Il live-action apporta anche una minuscola ma sostanziale modifica all'incantesimo che Ursula lancia su Ariel, che unita ai cambiamenti nel testo originale di "Baciala" ha l'obiettivo di rendere il rapporto amoroso tra i due giovani più coerente e naturale. Una differenza di cui, in fondo, non si avvertiva troppo il bisogno, ma che nell'economia del racconto quanto meno non appare del tutto priva di senso.

È importante, peraltro, definire "non forzate" certe scelte creative di quello che probabilmente è stato uno dei remake più chiacchierati e polemizzati della storia. Tralasciando, peraltro, l'incredibile performance canora di Halle Bailey (al punto che questo La Sirenetta meriterebbe anche una visione in lingua originale), c'è addirittura un motivo neanche troppo sottile che "giustifica" il colore della pelle di Ariel, e che comunque nel film non viene mai "urlato" perché sembri politicamente corretto.

In fondo al mar

Non tutto, a livello di sceneggiatura e scelte narrative, è perfettamente oliato in questo riadattamento, soprattutto per quanto concerne le mancanze rapportate alle aggiunte. La Sirenetta in live-action dura circa 2 ore e 15, ben 45 minuti in più rispetto al classico d'animazione. Un minutaggio in cui trovano spazio due brani inediti, entrambi scritti da Alan Menken e Lin-Manuel Miranda, e che concede più spazio al tempo che Ariel trascorre in superficie, ma in cui a nostro parere manca un approfondimento più marcato sulla "mitologia" del regno marino e soprattutto sulle origini di Ursula.

La villain, interpretata magistralmente da Melissa McCarthy, riceve comunque molto spazio e regala un impatto scenico notevole, e un paio di linee di dialogo svelano persino un importante dettaglio riguardo al suo antico legame con Atlantica. Un lavoro che rimane comunque un po' superficiale per quanto concerne il background della strega, e che visto quanto fatto in altri live-action (si pensi al recente Peter Pan e Wendy, ma anche a La Bella e la Bestia) lasciava presagire qualcosa in più.

Resta il fatto che, in termini di estetica, il più grande limite di questa operazione è lo stesso di sempre: una messinscena che, per quanto generosa, non riesce a restituire la stessa magia e il fascino dell'animazione. È inevitabile, ad esempio, che la resa delle creature marine in quanto animali "in carne ed ossa" restituisca un impatto iniziale un po' respingente: il manifesto di tale concetto è l'assenza della canzone "Les Poissons", probabilmente uno dei momenti più spassosi e caricaturali de La Sirenetta originale con protagonista lo sventurato Sebastian, che in versione live-action avrebbe probabilmente creato più di qualche problema di aderenza al realismo.

In ogni caso, parlando di regia e impatto scenografico, questo remake risulta ben fatto. Parliamo, probabilmente, di uno dei live-action più riusciti da un punto di vista produttivo, tra inquadrature ariose e un'ottima direzione da parte di Rob Marshall. Al punto che le coreografie delle sequenze musical più impegnative, come "In fondo al mar" e "La canzone di Ursula", stupiscono per la qualità soddisfacente della resa finale, in un film che proprio negli intermezzi musicali dà il meglio di sé, tra coreografie ben gestite e una buona intelaiatura artistica.

La voce della Sirenetta

Vogliamo dedicare una chiosa finale al doppiaggio italiano de La Sirenetta, e soprattutto ad alcune scelte vocali e di adattamento che meritano una menzione particolare. Su questo fronte ci troviamo di fronte alla miglior localizzazione di un Classico in live-action, pur con qualche elemento controverso: pregevole, ad esempio, la decisione di assegnare ad Ariel due voci distinte, una per i dialoghi (Sara Labidi) e una per le canzoni (Yana_C). Entrambe le prestazioni sono infatti di prim'ordine - poco al di sotto della splendida e memorabile voce di Halle Bailey - come quella di Simona Patitucci nei panni di Ursula. La doppiatrice, che nel 1989 interpretò proprio Ariel nel capolavoro d'animazione, torna quindi a far parte dell'universo de La Sirenetta in un ruolo inedito, a cui riesce ad imprimere il giusto spessore.

Luci e ombre, invece, per la prova di Mahmood, che interpreta il granchio Sebastian. Se in alcuni frangenti le tonalità del cantante appaiono perfette - come in "Baciala" - l'interpretazione spesso caricaturale del talent crea un effetto straniante che non raggiunge i risultati di Ronny Grant nel Classico originale. Parlando di rapporti con la pellicola del 1989, i fan della prima ora saranno felici di apprendere del piacevole effetto nostalgia per quanto riguarda i testi: tutto, dai dialoghi alle canzoni, riprende per filo e per segno la localizzazione dell'originale (la colonna sonora de La Sirenetta è già disponibile sulle varie piattaforme). Al costo, per alcune canzoni, di andare palesemente fuori sync: uno scotto che, per chi ha amato i dialoghi e i testi dell'89, sarà comunque dolcissimo da pagare.

La Sirenetta È sempre difficile valutare un’operazione come un live-action Disney, soprattutto quando ci troviamo di fronte ad un riadattamento dignitoso e onesto. La Sirenetta di Rob Marshall, un po’ come tutti i suoi predecessori, non regalerà mai le stesse emozioni del Classico animato, ma svolge il suo compito col giusto piglio, trasponendo con fedeltà maniacale e concedendosi poche libertà per dare ancora più coerenza al racconto. Un remake che, al netto di qualche sensazione straniante, funziona e diverte, e che forse potremmo considerare uno dei migliori live-action Disney dell’era moderna.

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