Singularity, la recensione dello sci-fi su Amazon Prime Video

Il regista e sceneggiatore Robert Kouba firma uno sci-fi derivativo, narrativamente confuso ed esteticamente figlio del basso budget a disposizione.

Singularity, la recensione dello sci-fi su Amazon Prime Video
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Nel 2020 la società di robotica guidata da Elias VanDorne ha rivoluzionato la vita delle persone, con le applicazioni di androidi nell'uso privato che sono ormai una costante nel tessuto sociale anche per le classi meno abbienti. Allo stesso tempo il CEO della compagnia è finito nel mirino dell'opinione pubblica per via del suo impegno in campo bellico, con giganteschi mezzi corazzati impiegati senza alcun rispetto della vita umana nei campi di battaglia in ogni angolo del mondo.
Ma nulla ha preparato l'umanità all'avvio del progetto Kronos, da tempo annunciato e circondato da un ambiguo velo di mistero: un supercomputer che, nelle intenzioni di VanDorne, dovrebbe porre per sempre fine a tutte le guerre. Peccato che il piano preveda di usare i robot per uccidere tutti gli abitanti del pianeta.
Novantasette anni dopo la distruzione, i pochi sopravvissuti si muovono in un mondo dominato dalle macchine e il giovane Andrew, un ragazzo della "vecchia realtà", si risveglia e incontra la coetanea Calia, la quale è da tempo alla ricerca dell'ultimo insediamento umano.

Taglia, copia e incolla

Se la lettura della sinossi sopra esposta vi ha creato un gran senso di confusione, la colpa è proprio di una sceneggiatura che fa di tutto per disorientare lo spettatore, procedendo su un accumulo di eventi e situazioni casuali che riciclano influenze dai più svariati prototipi a tema fantascientifico.
Basti pensare che il villain interpretato da John Cusack è stato "inserito" ex-novo soltanto alcuni anni dopo la fine delle riprese ufficiali, con un sostanziale cambio di trama e scene aggiuntive legate a forza a una narrazione già di per sé poco chiara.
Disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, Singularity fa presagire un approccio tipico di molta sci-fi contemporanea, con il tema della convivenza tra esseri umani e intelligenze artificiali che parrebbe porsi quale elemento centrale e un espositivo - ma inutile poi ai fini degli eventi - background in sovrimpressione su schermo.
Al contempo veniamo a conoscenza di due dei personaggi principali, il subdolo VanDorne e l'adolescente Andrew, prima che la situazione degeneri e traghetti il tutto su territori inaspettati.

Un puzzle incompleto

Il regista e sceneggiatore svizzero Robert Kouba, al suo esordio in un lungometraggio dopo aver diretto una manciata di corti, si instrada infatti su atmosfere young-adult che guardano a una messa in scena da survival movie, con Andrew e Calia che corrono per le incontaminate foreste - le riprese sono state effettuati in Repubblica Ceca - alla ricerca dell'ultimo scampolo di salvezza, dovendo fare i conti con bande di briganti e gargantueschi automi che danno loro la caccia.
Proprio la figura femminile, che accompagna con un insopportabile voice-over gran parte del racconto, è una sorta di sbiadita copia della Katniss di Hunger Games e nel turbinio di colpi di scena finali si sprecano infelici citazioni ad altri moderni cult del filone come il Source Code (2011) di Duncan Jones.
Singularity pecca anche dal punto di vista spettacolare, con un'estetica degli effetti speciali figlia del bassissimo budget che si affida esclusivamente a una CGI di qualità mediocre, e il rocambolesco finale/epilogo che apre le porte a un sequel scade di peso nel ridicolo involontario.
Visto il fallimentare percorso distributivo e di incassi, l'eventualità di un prosieguo dovrebbe essere fortunatamente scongiurata.

Singularity Uno sci-fi improbabile sia dal punto di vista spettacolare, con il basso budget che ricade anche sui pessimi effetti speciali in CGI, che da quello narrativo. La sceneggiatura di Singularity è tra quelle più inutilmente arzigogolate e incomprensibili degli ultimi anni, con un riciclo di influenze e omaggi e un accumulo di situazioni che trascina l'intero insieme nel caos - tanto che il villain di John Cusack è stato aggiunto di forza anni dopo la fine delle riprese. Il tema della sopravvivenza in un mondo ormai dominato dalle macchine, ben caro agli appassionati del filone, viene qui risolto in maniera grossolana e i protagonisti sono privi di quel carisma necessario per mantenere alto l'interesse fino al giungere dei titoli di coda, con il ridicolo involontario che fa spesso capolino nel procedere dei sempre più rocamboleschi eventi.

4

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