Il signore delle formiche Recensione: il film con Elio Germano convince?

Elio Germano e Luigi Lo Cascio sono i protagonisti di un processo importante trattato nel film di Gianni Amelio: ecco cosa ne pensiamo.

Il signore delle formiche Recensione: il film con Elio Germano convince?
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In un momento storico come quello che l'Italia sta attraversando, un film come Il signore delle formiche di Gianni Amelio avrebbe potuto contribuire a smuovere di parecchio le coscienze di un popolo che soltanto settant'anni fa continuava a trovare plagiante un uomo innamorato di un altro uomo. Vero anche che la storia del filosofo, drammaturgo e partigiano Aldo Braibanti celava al suo interno delle sfumature che vedevano comunque un uomo adulto, di cultura e in una posizione di rilevanza, affascinare e avvicinare a sé giovani ragazzi intrigati dalla sua conoscenza (scoprite insieme a noi chi era Aldo Braibanti).

Ma a stupire e contrariare è prima di tutto il suo esser finito di fronte ad una corte per un reato tirato fuori appositamente, pur di non dichiarare esplicitamente l'indignazione generale. Una "devianza" come veniva definita di questi tempi, che di perverso o terrificante aveva ben poco. Il signore delle formiche debutta l'8 settembre al cinema ed prodotto da Kavac Film in collaborazione con Rai Cinema, oltre ad essere in concorso al Festival del Cinema di Venezia.

Dalla vita vera alla trasposizione cinematografica

Un uomo imputato ingiustamente, poiché non c'è colpevole se non esiste colpa, come cerca di sviscerare la tesi del film diretto da Gianni Amelio e scritto dal regista assieme agli sceneggiatori Edoardo Petti e Federico Fava. Un intellettuale dell'Italia post bellica lasciato indifeso anche a fronte della voltata di spalle del suo stesso partito, di cui solo un giornalista de L'Unità ha tentato di identificarne i soprusi perpetrati da uno Stato garante di una cosiddetta "buona morale".

Un processo in pubblica piazza per condannare non il modo coercitivo, semmai, con cui il professore cercava la compagnia dei propri alunni (comunque maggiorenni), bensì semplicemente il suo voler giacere accanto a un individuo dello stesso sesso. Peccato tra i più grandi, in un Paese bigotto che prega Padre Pio e la Madonna per salvare l'anima dei propri figli, quelli a cui viene impedito di pensare da soli e condotti fino all'elettroshock pur di "guarire" da quell'orientamento e piacere sessuale. Ma nonostante l'interesse attorno al caso Braibanti e alla sua figura di scrittore e esperto mirmecologo, Amelio avrebbe potuto affrontare questo tema con maggior coinvolgimento e pathos, scavando ulteriormente nei meandri di una vicenda che lascia in superficie. A fronte di un inizio più veemente, Il signore delle formiche allenta gradualmente la compattezza della narrazione, che decide di viaggiare a piacimento nel tempo fino a fermarsi a quell'ultima parte dedicata alle sequenze in un tribunale ostile e pregiudizievole - non perdete l'approfondimento sul processo alle idee in Il signore delle formiche.

Prima e dopo il processo

Una divisione che nella pellicola segna il passaggio di testimone tra il protagonista Aldo e il reporter interpretato da Elio Germano, intento appassionatamente a fare luce sul trattamento indecente riservato all'uomo, cercando nel partito, nell'informazione e in una qualche forma di auspicata coscienza l'opportunità di poter volgere a favore il verdetto del filosofo.

Ma quando la pellicola si allontana dal personaggio principiale, quando le sue nevrosi, il suo fare brusco e l'imprevedibilità del suo comportamento vengono messe dietro le sbarre, allora anche l'opera fatica ad avanzare, a trasportare con la dovuta animosità un dramma che si anestetizza proprio quando si aprono le porte del palazzo della (non) legge, facendo del silenzio dell'accusato il medesimo che riverbera per il resto del film. Eppure Luigi Lo Cascio risulta comunque irresistibile nel ruolo di Aldo Braibanti, in qualsiasi delle fasi della pellicola. È ammaliante in quelle movenze scattanti, nei suoi tentativi di approcciare l'oggetto del proprio desiderio, quasi seducente per una macchina da presa che riesce a coglierne l'essenza, a cui l'attore offre un corpo che fa da appoggio ai gesti e alla sua voce. Quel tono squillante, a tratti quasi isterico, il quale si abbina ad un'espressione e a degli occhi che spesso finiscono per sgranarsi, intenti a scontrarsi con un'esistenza da cui ha tentato di trarre un frutto a lui proibito e ne ha visto la cacciata umiliante dall'Eden.

Un'opportunità rimasta sprecata, quella di un processo che, sempre secondo il personaggio di Germano, poteva essere specchio della realtà di ieri e che ci si ritrova, in alcuni casi, a dover affrontare anche nell'oggi. Una verve circoscritta all'interprete Lo Cascio, non si concretizza pienamente nell'opera, ma rimane una pagina discutibile e d'impatto della storia della giustizia di quell'Italia spesso raccontata nel cinema di Amelio.

Il Signore delle Formiche Gianni Amelio si rapporta ad una pagina di storia della giustizia italiana importante e problematica. Quella che gira attorno alla figura dell'intellettuale Aldo Braibanti e all'accusa di plagio nei suoi confronti, quando se ne voleva in realtà condannare solamente l'omosessualità. Una pellicola che avrebbe potuto avere una grande rilevanza, soprattutto nell'attualità, ma che vede la parte sul processo in sé rimanere come in superficie. Un film che non scava nel profondo e arresta la propria narrazione procedendo di sequenza in sequenza, perdendo in parte un'ottima occasione.

6

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