Shrek e vissero felici e contenti, la recensione: così finisce la saga

E se Shrek non fosse mai nato? Scopritelo nell'ultimo capitolo della saga, ovvero Shrek e vissero felici e contenti.

Shrek e vissero felici e contenti, la recensione: così finisce la saga
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Nel mondo dell'animazione sembra che tutti siano estremamente desiderosi di mettere la parola fine a quelle che sono state le saghe più fortunate degli ultimi dieci anni. Dopo la bellissima conclusione delle avventure di Buzz e Woody da parte degli studi Pixar, è arrivato il momento di agitare il bianco fazzoletto, probabilmente un po' sporco di fango, per salutare quell'orco complessato di Shrek.

Vissero per sempre felici e contenti... ?

Ha sfidato un drago, ha conquistato l'amore di una principessa, ha salvato il suo regno, la sua palude e tutti i suoi amici diverse volte, ha messo su famiglia... ed è diventato famoso. Che cosa rimane da fare nella vita di Shrek? E sue giornate sembrano ormai ripetersi sempre uguali a se stesse, tra sveglie disastrose, pannolini, ruttini e gli amici di sempre. Una vita perfetta: a meno che non si comincino a rimpiangere i vecchi tempi, quando la gente del villaggio fuggiva urlante al solo pensiero di un orco e non si fermava a farsi autografare i forconi. Il "vissero felici e contenti" si trasforma sempre più in un incubo e il patto magico propostogli da un ambiguo ma gioviale individuo, il perfido Tremotino, diviene sempre più allettante. Dopotutto che cosa può succede di male scambiando un giorno del proprio passato, che nemmeno ci si ricorda più, in cambio di un giorno da vero orco?

L'ultimo capitolo

Tutte le saghe sono destinate a raggiungere l'agognata fine, anche quelle che negli anni hanno incassato cifre astronomiche al box office e che hanno cambiato il modo di fare un film di animazione. E così con Shrek e vissero felici e contenti anche l'epopea dell'irriverente orco verde trova la sua conclusione, bisognosa di un quarto capitolo soprattutto se si pensa a quando deludente sia stato il terzo episodio. Una fine migliore era d'obbligo e in casa DreamWorks hanno pensato in tutti modi a quale potesser essere la via migliore da percorrere. Ma ormai, dobbiamo ammetterlo, Shrek aveva quasi completato il suo percorso di maturazione e si era trasformato da quel buzzurro orco di palude della prima pellicola nel perfetto e amorevole padre di famiglia (con conseguenti crolli dei momenti divertenti e delle situazioni originali che tanta fortuna avevano portato in principio). Come salvarsi dalla minaccia di noia e ripetitività che rischiava di abbattersi su questo ulteriore capitolo? La risposta è stata la più classica forma dell' "e se...?", con la quale si è trasportato l'amato protagonista in una dimensione parallela, reale e possibile, dove tutto è diverso. Stessi personaggi su una storia nuova.

E se... ?

O almeno questo è quello che si auguravano gli sceneggiatori Josh Klausner e Darren Lemke quando hanno pensato che la soluzione del viaggio nel tempo fosse una vera e propria ventata di aria fresca in una storia che cominciava già a puzzare di già visto. Tremotino, cattivo d'eccezione chiamato direttamente dalla tradizione fiabesca dei fratelli Grimm, decide astutamente di reclamare il giorno in cui Shrek è nato e così tutto quello che ci hanno raccontato negli anni scorsi non è mai successo: Fiona non è mai stata salvata dalla torre e l'incantesimo non è stato spezzato, Ciuchino non è mai divenuto il migliore amico dell'orco e Molto Molto Lontano vive ancora nel terrore degli orchi. Un input intelligente con buone possibilità di ricostruzione sia a livello narrativo che di immagine, che non vengono per niente sfruttate. Perché a parte alcune situazioni davvero esilaranti ma dal numero esiguo, il tentativo dell'orco di salvare il suo mondo procede senza troppi intoppi, senza grandi sbalzi emozionali e, soprattutto, senza che, anche solo per un secondo, si pensi davvero che il lieto fine non si nasconda dietro l'angolo. I personaggi, così tanto caratterizzati nelle due prime pellicole, all'improvviso perdono spessore e sembrano comandati più dai fantasmi del passato, da quello che sono stati in un mondo alternativo ormai estinto, che dall'interazione caratteriale. Diffidenti all'inizio, tornano se stessi dopo pochi minuti di pellicola. Ma allora perché parlare di cambiamento?

Senza Shrek

Ciò che davvero differenzia le tre pellicole precedenti da questo Shrek e vissero felici e contenti è la costruzione visiva dei suoi personaggi. Ci si torna a chiedere: che cosa sarebbe successo a tutti loro se Shrek non fosse mai esistito? Fiona non avrebbe mai incontrato il vero amore, perdendo così ogni speranza in esso e scoprendo la guerriera che è in lei; Ciuchino sarebbe rimasto un mulo da soma, con la solita verve ma meno curato e spensierato; e il Gatto con gli stivali... bhe, lui probabilmente si sarebbe trasformato in un animaletto domestico, bisognoso di coccole ed estremamente viziato. La metamorfosi di quest'ultimo è l'unica per cui valga davvero la pena intraprendere questo assurdo viaggio: nella sua condizione di enorme palla di pelo, il Gatto con gli stivali regala momenti narrativi davvero carini, divertenti senza essere volgari. Tutto il resto, in maniera esagerata, si potrebbe quasi dire che è noia (soprattutto se consideriamo la superficilità con cui vengono trattati questi "nuovi" personaggi), o un continuo richiamo ad altre pellicole che non catalizza l'attenzione dello spettatore.

I pregi del 3D

Unico tratto davvero positivo di questo film è l'uso del 3D, dimostrazione che Katzenberg, dopo il fallimentare utilizzo della stereoscopia in Mostri contro Alieni, abbiano davvero raggiunto una buona padronanza della tecnica. Anche nelle scene di maggiore azione non si avverte nessun tipo di disagio o di scompenso visivo e, nonostante si faccia un uso abbastanza cospicuo di personaggi che tendono a fuoriuscire dallo schermo, il 3D viene visto più come una possibilità artistica che come metodo di mero intrattenimento. Dato che sottolinea come gli Studios siano notevolmente migliorati anche nella vera e propria costruzione tridimensionale dei personaggi, che si arricchiscono di una capigliatura più folta (si sa, in animazione i capelli sono una delle cose più difficili da gestire) e di una maggiore precisione nei piccoli particolari.

Shrek e vissero felici e contenti Shrek e vissero felici e contenti riesce a risollevare le sorti di una saga che rischiava di terminare con un deludente Shrek Terzo, ma la pellicola diretta da Mike Mitchell non si avvicina minimamente all'originalità dei primi due capitoli che hanno fatto la fortuna della saga. Scontata, poco emozionante, estremamente retorica: la pellicola cerca di far gioco sui sentimentalismi facili e la risata diretta, dimostrando che ancora una volta si tende a privilegiare l'aspetto visivo e cromatico del prodotto a discapito della sceneggiatura. I pochi ma non inesistenti momenti memorabili fanno del film una conclusione discreta di una saga di successo, che non entusiasma ma non disturba. Ma vista la decadente piega che i sequel stavano prendendo, siamo felici che questa favola abbia finalmente raggiunto la pagina con il tanto inseguito "The End".

5.5

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