Recensione Seventh Code

La miglior regia del Festival del Film di Roma 2013 è di Kiyoshi Kurosawa

Recensione Seventh Code
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I seguaci irriducibili del cinema horror lo conoscono soprattutto per quel Kairo che, risalente al 2001 e internazionalmente conosciuto come Pulse, ha avuto cinque anni dopo anche un poco memorabile rifacimento a stelle e strisce per mano di Jim Sonzero.
Ma il giapponese classe 1955 Kiyoshi Kurosawa, autore anche della serie televisiva Shokuzai, è in realtà attivo nell'ambito della Settima arte dal 1983, quando, in seguito a diversi film indipendenti girati in otto millimetri, realizzò Kandagawa wars, suo primo lungometraggio.
A trent'anni da quell'esordio, lo troviamo in concorso presso l'ottava edizione del Festival internazionale del Film di Roma con Sebunsu kôdo, anglicizzato Seventh code ed ambientato a Vladivostok, in Russia.
È qui, infatti, che troviamo la giovane Atsuko Maeda nei panni di Akiko, la quale arriva da Tokyo con l'intenzione di incontrare l'imprenditore Matsunaga alias Ryôhey"Gatchaman"Suzuki, mai dimenticato da quando le capitò di andarci a cena insieme, e, una volta ritrovatolo, lo vede solo scomparire dopo essersi limitato a raccomandarle di non fidarsi di nessuno in terra straniera. Segnando soltanto l'inizio delle ricerche effettuate dalla ragazza per tornare sulle sue tracce.

Mai dire Maeda

Ricerche durante le quali finisce anche a lavorare in un ristorante giapponese, nel corso della sola ora di visione il cui motivo di esistere è facilmente intuibile dalla dichiarazione del regista:
"Atsuko Maeda è un'attrice giapponese eccezionale che può sostenere la scena da sola senza fare affidamento su cose o persone. Ho creduto che il suo notevole talento avrebbe brillato più all'estero che in Giappone. Questo è quello che speravo per questo ultimo progetto, e così è stato. Il film è al servizio dell'interpretazione di Atsuko Maeda. Atsuko non avrebbe potuto essere quello che è oggi senza il cinema o i film giapponesi. Credo che questo sia il suo momento".
Infatti, senza dimenticare un pizzico d'ironia, Kurosawa non sembra limitarsi altro che a sfruttare inquadratura dopo inquadratura la presenza della nota star del pop dagli occhi a mandorla, alla quale permette anche di esibirsi canoramente nella parte finale del mediometraggio.
Quindi, tra morti in agguato, un po' d'azione e perfino uno scontro corpo a corpo, il tutto non serve altro che a farle da contorno, considerando il decisamente esile script alla base dell'operazione senza infamia e senza lode che, comunque, sfodera il suo tocco di originalità nel trasportare nell'ambito di tutt'altro genere quella che inizia come una banalissima storia d'amore.

Beautiful new bay area project

Presso il Festival internazionale del Film di Roma, Seventh code è stato proiettato insieme a questo cortometraggio di ventinove minuti diretto dallo stesso Kurosawa, del quale il regista dice: “Volevo realizzare un film che fosse fuori dal mondo, ambientato nella città portuale di Yokohama. È diventata la storia delle schermaglie ‘marittime’ tra un uomo e una donna. E infine è diventato il primo film d’azione della mia carriera”
Con botte da orbi, la trama riguarda Amano, presidente di un’azienda di progettazione urbana che, innamoratosi di una bella portuale di nome Takako ma non ricambiato da lei, la deruba sentendosi frustrato... senza immaginare che la ragazza sia decisa a riprendersi ciò che le appartiene.

Seventh Code Circa un’ora di pellicola per raccontare una storia d’amore destinata a sfociare in tutt’altro territorio cinematografico e tutt’altro che priva d’azione. Ma, sebbene l’operazione abbia permesso al suo autore Kiyoshi Kurosawa di aggiudicarsi il premio per la miglior regia presso l’edizione 2013 del Festival internazionale del Film di Roma, non si rivela essere altro che un prodotto senza infamia e senza lode costruito a pennello sulla figura della giovane pop star giapponese Atsuko Maeda.

6

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