Spesso la vita non ti dà l'opportunità di scegliere, anzi: ti ritrovi a dover ringraziare delle opportunità che hai, anche se decisamente non sono quello che vorresti dalla tua vita. Capita a tanti, e capita anche a Mimmo (Pierfrancesco Favino), quarantenne con la passione dei lavori edili, per i quali è molto portato: passione ereditata dal padre, scomparso quando era ancora piccolo. Adottato dallo zio (Ninetto Davoli), che usa l'azienda edile di famiglia come copertura per i suoi loschi traffici, Mimmo si ritrova spesso, a malincuore e per “senso del dovere”, a fare il lavoro sporco per conto del parente, sotto gli occhi compiacenti del viziato cugino Manuel (Adriano Giannini) e con l'aiuto di un malvivente al soldo dello zio, il Roscio (Claudio Gioè), la cosa più vicina ad un amico che abbia. Sogna una vita diversa, ma il carattere mite (a dispetto dell'apparenza truce) gli ha sempre impedito di voltare pagina. Una sera, però, dopo aver portato una poco avveduta escort, Tanya (Greta Scarano), al cugino, scatta qualcosa in lui e si ritrova, insieme alla ragazza, a fuggire dal mondo in cui è cresciuto...
Drive all'amatriciana

Michele Alhaique, volto noto del piccolo e del grande schermo, debutta alla regia di un lungometraggio (dopo i due corti Il torneo e Chi decide cosa) con un noir italiano che si fregia di ottime interpretazioni e un'atmosfera convincente. Favino è molto bravo nel rendere le sfaccettature del suo personaggio, e i suoi colleghi altrettanto abili nell'interpretare i loro ruoli con coscienza e senza troppo scendere nel macchiettistico, data la scarna fantasia con cui sono caratterizzati sul copione: abbiamo difatti l'esattore spietato ma in fondo di buon cuore, il figlio di papà, il capomafia senza scrupoli ma dedito alla famiglia, la squillo sprovveduta e in cerca di un centro di gravità permanente... insomma, le premesse non sono certo esaltanti, ma sono riscattate dalle performance non solo dello stesso Favino, ma anche di Greta Scarano (Tanya), Claudio Gioè (il Roscio), Adriano Giannini (Manuel) e un sempre impagabile Ninetto Davoli (lo zio). A questo possiamo anche aggiungere che il look dell'operazione appare piuttosto internazionale, con una discreta cura per la regia e la fotografia, cosa da non sottovalutare. Il problema del film, tuttavia, risiede nel voler ricreare l'atmosfera e il pathos di un noir d'altri tempi reggendosi su una trama che, purtroppo, scricchiola palesemente, portando avanti una sequela di situazioni davvero poco credibili anche per lo spettatore meno smaliziato.