Schumacher, recensione del documentario Netflix: ritratto di un campione

Schumacher su Netflix racconta la storia dell'icona dell'automobilismo per eccellenza, narrata da chi ha avuto il piacere di conoscerlo.

Schumacher, recensione del documentario Netflix: ritratto di un campione
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Se chiedessimo ai più grandi sportivi della storia qual è il segreto del loro successo ognuno di loro probabilmente ci darebbe una risposta diversa. Alì direbbe che Dio è con lui e lo protegge ogni volta che sale sul ring, Cristiano Ronaldo che non esistono scorciatoie ma solo duro lavoro, Lebron che il segreto è non aver paura del fallimento. Non esiste davvero una formula univoca per avere successo in ciò che si fa, ma se ci fosse probabilmente sarebbe questa: "Ho perso la mia testa in questo gioco come Van Gogh nella sua arte".

Ciò che esprime questa frase di Conor Mcgregor, una delle più grandi leggende della MMA, è che è l'ossessione nei confronti di qualcosa, sia essa una forma d'arte, una disciplina, uno sport, un ramo del sapere a renderti davvero un vincente. Essere pronti a rinunciare davvero a tutto, persino a sé stessi, pur di diventare il migliore, questo è ciò che ti rende un vincente e pochi possono capire cosa significhi come Michael Schumacher. Ecco allora che arriva nel catalogo Netflix il film sul celeberrimo pilota. E se volete qua c'è l'ultima top 10 film di Netflix da recuperare.

Schumacher: la leggenda e l'uomo

I primi minuti di questo documentario targato Netflix riescono subito a farci cogliere quella che è stata l'essenza del successo sportivo del protagonista. L'opera, infatti, si apre con una suggestiva sequenza in prima persona di Michael mentre guida la monoposto rossa con cui ha conquistato cinque mondiali. In sottofondo le parole tratte da un'intervista in cui riassume in pillole la sua visione dell'automobilismo e della vita in generale, accompagnato da una splendida e agrodolce colonna sonora. "Perfezione al 100%, il mio obbiettivo è raggiungere quel 100%. Sono fatto così, non posso accettare niente di meno."

Non ci sarebbero parole migliori per introdurre Michael Schumacher, ma dopo avercelo presentato in maniera così teatrale ci viene raccontata la sua storia. In tutti i film e documentari biografici una delle scelte più difficili è capire su quale periodo della vita soffermarsi maggiormente e su quale sorvolare. Un punto che ha dovuto affrontare anche il film su Roberto Baggio, che vi raccontavamo nella nostra recensione de Il Divin Codino.

Specialmente considerando la densità di informazioni ed eventi cruciali nella vita di persone così eccezionali. Proprio questo è uno degli aspetti su cui il documentario co-diretto da Hanns-Bruno Kammertöns, Vanessa Nöcker, Michael Wech brilla maggiormente. Dopo la sequenza introduttiva, che rimane forse la parte più riuscita dell'intera pellicola, ci vengono mostrati gli esordi di Michael in Formula 1 e la prima vittoria al Mondiale nel Gran Premio del Belgio del 1992.
Dopo averci fatto notare come fosse già arrivato, nonostante la giovanissima età, ai vertici della competizione, ci viene narrata la sua infanzia e la carriera giovanile dalla prima volta che mise piede su un kart artigianale costruito da suo padre. Per arrivare alla vittoria del mondiale di kart a 16 anni, in cui rappresentava il Lussemburgo perché per il suo Paese, ossia la Germania, vi erano delle spese fuori dal budget della sua modesta famiglia. Superata l'età infantile e adolescenziale si ritorna al Michael che sta muovendo i suoi primi passi nel mondo della Formula 1. Successivamente il film si incentra principalmente sull'arco temporale che va da '94 al 2000 (anno del primo dei cinque mondiali targati Ferrari). Una scelta che, seppur possa apparire insolita, visto che vengono quasi completamente saltati i cosiddetti "anni d'oro" sia per la scuderia del Cavallino che per il suo pilota di punta, risulta però molto intelligente. Infatti il dominio assoluto di Schumacher in quei cinque anni avrebbe avuto poco di interessante, specialmente magari per i non appassionati di corse.

Mentre tanto c'era da dire su quelli che sono stati i momenti più bui della carriera e della vita di Michael. Ossia gli esordi per l'inesperienza e la concorrenza spietata dei migliori al mondo, soprattutto Senna. Poi il periodo successivo alla morte di quest'ultimo e i primi disastrosi anni in Ferrari a causa dei problemi della scuderia. Una decisione che, oltre che coraggiosa, ci fa capire come l'obbiettivo della produzione non sia una celebrazione fine a se stessa (di cui, peraltro, non ci sarebbe alcun bisogno vista l'unanimità con cui lo straordinario talento del "Kaiser" viene riconosciuto) ma come invece abbia l'obbiettivo di trasmetterci un'immagine di ciò che fosse da un punto di vista umano, comprendendo le insicurezze, le paure e gli errori che anche un campione come lui ha commesso, nonostante la fatica costata per ammetterlo.

Il volto di Michael Schumacher

Quello che ci viene raccontato in questo documentario, quindi, è l'uomo dietro il campione, citando il titolo della canzone di Diodato dedicata al film su Baggio. Ciò non significa che manchi attenzione sulla carriera di Schumi, ma che anche la sua analisi ha sempre il fine di raccontarci quel lato più emotivo che era sempre così bravo a celare dietro un sorriso e la sua immancabile vena energica.

Chi era allora Michael Schumacher? Innanzitutto un uomo, prima ancora che una leggenda. Un uomo determinato; suo padre dichiara che sin da piccolo sapesse esattamente cosa volesse e come raggiungerlo. Non solo però: un campioine che non lasciava nulla al caso, meticoloso quasi fino alla follia. Il suo obbiettivo era sempre dare il massimo, dentro e fuori il mondo delle corse. Michael viene ricordato come un leader, era cosciente di quanto fosse importante sentirsi parte di una stessa squadra per tutti i componenti del team, dal cuoco, al meccanico sino al team manager. La cosa più sorprendente è che persino i rivali in pista hanno espresso opinioni positive sul pilota tedesco, che quasi sempre, anche al netto di alcuni difetti, viene definito come un fenomeno e un vero fuoriclasse. Molto toccante il ricordo della famiglia, specialmente nell'ultima parte della pellicola, come sono fondamentali le loro testimonianze per capire il suo vero stato d'animo in determinati momenti che era bravissimo a camuffare. Ciò che davvero è illuminante sulla sua figura è il racconto dei suoi rivali. Schumacher era infatti un pilota molto aggressivo, che ha sbagliato sia in pista sia fuori con dei colpi di testa costati molto cari (come la squalifica dal mondiale della FIA nel 1997). I suoi avversari lo descrivono quindi come un campione orgoglioso e testardo, ma dall'animo nobile e sincero.

Ciò perché, probabilmente, non si potrebbe descrivere diversamente quello che è stato Michael Schumacher, a prescindere che lo si giudichi come uomo, icona pop o sportivo. Certo, inutile nascondere il fatto che manchi tantissimo il parere di quello che, forse, è stato il più grande rivale di sempre del Kaiser, ossia Ayrton Senna (che tra l'altro è stato l'idolo del piccolo e giovane Michael, prima di ritrovarsi a sfidarlo in gara).

Contributo che manca per la prematura scomparsa del pilota in un incidente nel maggio del 1994, evento di cui si parla nel film e che ha profondamente segnato tutto il mondo delle corse, compreso il pilota tedesco. Sicuramente però non avrebbe mancato di lodare, nonostante i numerosi screzi e le diverse "ramanzine", un ragazzo che già a poco più di vent'anni riusciva a dargli molto filo da torcere. Oltre questo, il rammarico più grande è, ovviamente quello di non aver potuto avere delle testimonianze inedite del pilota tedesco e che la sua storia si sia già chiusa qui.

Infatti tutti, parenti compresi, parlano di Michael al passato, visto che le sue condizioni di vita (sebbene a noi sconosciute per il rispetto della privacy che la famiglia e lui stesso hanno sempre cercato di avere) sono profondamente cambiate a causa di un incidente nel 2013 su una pista da sci, e pare che del campione che abbiamo conosciuto sia rimasto ben poco. Chissà quanto altro avrebbe potuto raccontarci.

Schumacher Ci sono storie che vanno raccontate e quella di Michael Schumacher è una di queste. Sia per ciò che è stato nel mondo delle corse, un’icona, una leggenda, un mito, sia perché l’uomo che era ha da insegnarci tanto. Schumacher, il documentario Netflix a lui dedicato, lo fa bene, senza risultare smielato e senza ridursi a semplice celebrazione del campione. Lo racconta con onestà e riesce a consegnarci un ritratto autentico del pilota più iconico di questo secolo. Solo per la sequenza iniziale, che in neanche due minuti trasmette l’idea di ciò che significasse per Michael stare al mondo, merita una visione, per appassionati di corse (a cui forse mancherà un po’ di approfondimento strettamente automobilistico) e non. A patto che sappiate che non è un prodotto “leggero”, ma che nelle sue quasi due ore ha qualcosa da dire e da trasmettere.

7

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