Recensione Saw 3D

Recensione del settimo capitolo della serie Saw

Recensione Saw 3D
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Fu nel 2004 che il malese classe 1977 James Wan conquistò il pubblico di tutto il mondo con il raccapricciante Saw-L'enigmista, il quale, partendo da una situazione alla Cube-Il cubo, con due individui che si risvegliavano misteriosamente incatenati al muro di una stanza priva di finestre, si costruiva come un puzzle tempestato d'indizi in stile Seven, fino a rivelare l'entità del folle Frank Kramer detto Jigsaw che li aveva imprigionati.
Un folle la cui passione principale è quella di porre le proprie vittime dinanzi a sadici giochi enigmistici nel corso dei quali entra in discussione la loro stessa vita, come dimostrato anche nel riuscito sequel Saw II-La soluzione dell'enigma, diretto l'anno successivo dall'allora esordiente Darren Lynn Bousman e che aumentava il numero di prigionieri a otto, cominciando a delineare un certo look da slasher-movie mescolato al torture porn e all'indagine poliziesca.
Look che poi ha bene o male caratterizzato tutti gli altri tasselli della serie, a partire da Saw III, del 2006, e Saw IV, del 2007, entrambi a firma dello stesso Bousman, il primo volto ad abbandonare l'idea della stanza chiusa per infilare il protagonista di turno in un lungo percorso tempestato di conoscenti alle prese con le consuete trappole diaboliche, il secondo, invece, propenso a sfiorare la strada del prequel, tirando in ballo flashback e retroscena al fine di far luce sulla genesi del serial killer dal volto di Tobin Bell.
Strada proseguita anche dallo scenografo David Hackl nel suo esordio registico datato 2008 Saw V, il quale ha preceduto di un anno il sorprendente Saw VI che, primo lungometraggio a firma del montatore Kevin Greutert, riprendeva la tipologia di soggetto già alla base del terzo film della saga per fornire, però, un'interessante allegoria in salsa sanguinolenta relativa alle discutibili dinamiche dell'universo lavorativo aziendale, con particolare riferimento al sistema sanitario a stelle e strisce.

Un'enigma di nuove dimensioni

E' lo stesso Greutert a trovarsi al timone di regia di questa settima puntata che, come vuole ormai la tradizione di un po' tutto il cinema d'intrattenimento d'inizio XXI secolo, da Viaggio al centro della Terra di Eric Brevig a The shock labyrinth di Takashi Shimizu, passando per San Valentino di sangue 3D e The final destination 3D, sfrutta l'innovativo sistema di visione tridimensionale, lontano da quello con occhialini di cartoncino cui fecero in passato ricorso titoli del calibro di Amityville 3, Nightmare 6-La fine, Lo squalo 3 e il terzo Venerdì 13.
Settima puntata che vede nuovamente in azione Costas Mandylor nei panni del detective Hoffman, il quale, riuscito a sopravvivere alla mortale trappola in cui era stato incastrato da Jill Tuck alias Betsy Russell, moglie del defunto Kramer, intende ancora portare avanti la sanguinosa eredità dell'enigmista.
Quindi, mentre la polizia indaga e sulla scena tornano sia la donna che il dottor Gordon alias Cary Elwes, protagonista del capostipite, a finire nel nuovo "labirinto dei sadici enigmi" è Bobby Degen, interpretato dallo Sean Patrick Flanery dei due The boondock saints, il quale ha finito per conquistare fama e successo proprio perché riuscito a sfuggire ad una delle dolorose prove di Jigsaw, trovandosi ora, invece, a decidere per la sorte delle persone che lo circondano.

Il capitolo finale?

E, prima ancora che il titolo del film faccia la sua apparizione sullo schermo, si comincia con un'affascinante, significativa sequenza in cui una folta folla di persone assiste tranquillamente all'ennesimo massacro organizzato dall'enigmista: all'interno di quella che sembrerebbe essere una comune vetrina di negozio, una ragazza si trova legata e sospesa in aria, mentre, sotto di lei, la attendono sia una rotante lama circolare che i due amanti, dalle cui decisioni dipende sia il suo che il loro destino.
Una sequenza che, da sola, tende a denunciare neanche troppo celatamente lo squallido senso dell'entertainment che attanaglia buona parte della popolazione mondiale del terzo millennio, talmente rapita dalla voglia di spettacolo da non saper spesso distinguere l'innocenza della finzione dalla tragicità della realtà (o, meglio ancora, da saperle distinguere, ma propensa incoscientemente a considerarle entrambi come forme di divertimento).
Perché, in fin dei conti, tra accenni alle discutibili dinamiche del moderno rapporto di coppia e un razzista che finisce incollato con la schiena al sedile di un'automobile collegata ad un perverso sistema volto a coinvolgere altre tre vittime, è evidente che l'elemento su cui punta il dito questa nuova carneficina enigmistica sia proprio la maleducazione tramandata dai media, tanto utili quanto pericolosi strumenti di comunicazione capaci di spingere il singolo individuo perfino a sfruttare le tragedie e i dolori altrui, pur di fargli ottenere in cambio la popolarità.
Del resto, con gli altalenanti risultati di cui sopra, i sei film precedenti, tra uno squartamento e l'altro, non hanno mai nascosto una voluta critica alle tante brutture sociali mascherate dietro l'apparentemente linda facciata dell'american dream (e non solo).
Critica che Greutert, come già accennato parlando del suo Saw VI, dimostra di saper effettuare tranquillamente attraverso il genere, in maniera neanche tanto distante da quella spesso sfoggiata da coloro che sono stati considerati maestri dell'horror tra gli anni Settanta e Ottanta.
Non a caso, grazie anche allo script per mano di Patrick Melton e Marcus Dunstan, sceneggiatori della trilogia Feast e dei tre episodi che hanno preceduto questo, i novanta minuti di visione funzionano alla grande, costruiti in maniera progressiva sul consueto, coinvolgente puzzle d'indizi e rivelazioni che, tempestato di numerosi omicidi (siamo forse dinanzi al tassello con il maggiore body count della serie) ed immancabili stratagemmi volti a sfruttare la visione in 3D (si va dalle frattaglie ai vetri che volano contro lo schermo), cattura l'attenzione dello spettatore dalla prima all'ultima inquadratura, senza mai permettergli di chiudere occhio.
Se poi vi state chiedendo se questo sarà o no il capitolo finale, come vorrebbe suggerire il sottotitolo imposto dalla distribuzione italiana, sappiate che fu anche lo stesso del quarto Venerdì 13... dopo il quale vennero realizzati sei sequel e il cross-over Freddy vs Jason.

Saw 3D - Il capitolo finale Diretto come Saw VI (2009) da Kevin Greutert, montatore dei primi cinque film della serie, questo settimo episodio riprende bene o male la struttura del capitolo precedente, immergendo il protagonista di turno in un lungo percorso tempestato di diabolici marchingegni destinati di volta in volta a torturare i suoi conoscenti. E la principale novità, come giustamente suggerisce il titolo, risiede nella scelta di mostrare il tutto attraverso il sistema di visione in tre dimensioni; ma, al di là di frattaglie ed altri oggetti che avanzano illusoriamente verso lo spettatore, a colpire è soprattutto la notevole capacità del regista di orchestrare a dovere i circa novanta minuti di visione coinvolgendo, shockando e cogliendo (quasi) sempre di sorpresa. Tanto da confezionare - come già accaduto con la succitata sesta parte - uno dei tasselli più riusciti della saga incentrata sul sadico enigmista.

7

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