Recensione Sarà un Paese

L'immagine speranzosa di un futuro migliore filtrata attraverso gli occhi incantati dell'età bambina

Recensione Sarà un Paese
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Nicola ha trent'anni e fa parte di quella generazione perduta di ragazzi (che non si possono neanche più tanto definire tali) che hanno sotterrato i loro studi e i loro sogni nel cassetto sotto un'abbondante sfilza di illusioni lavorative, precarietà varie ed eventuali, negazioni, raccordate tutte nella foschia di quei colloqui di lavoro tutti uguali a sé stessi e immancabilmente infarciti della retorica di frasi come "la conoscenza fine a sé stessa non serve a nulla". Elia, suo fratello, ha invece dieci anni e grazie alla sua giovane età ancora sogna ad occhi aperti un mondo migliore, il suo mondo migliore, quello che da una recita scolastica e dal fascino di un mito greco è capace di generare mondi straordinari e (in qualche modo) salvifici. Affascinato, infatti, proprio dal mito di Europa e dalla leggenda dell'eroe fenicio Cadmo (fratello di Europa) che cercando in ogni dove la sorella rapita da Zeus fece infine ritorno a casa con il dono dell'alfabeto e delle parole, Elia sfrutterà l'elemento immaginifico della rappresentazione scolastica per intraprendere con suo fratello Nicola un viaggio proprio sulle orme di Cadmo e alla ricerca del loro Paese perduto (l'Italia), forse da riconquistare. Attraverso molteplici capitoli per altrettante tematiche (dalle morti bianche all'inquinamento, dall'integrazione culturale alle ‘varietà' religiose passando pure per la mirabile virtù di certe amministrazioni comunali) lo sguardo incantato di Elia e quello ben più disincantato di Nicola vedranno e fotograferanno un'Italia poliedrica che si muove tanto nell'indifferenza verso il prossimo e nell'incuria delle 'cose' quanto nella poesia di certi scorci e certe esistenze giuste che da sole rinfrancano il marciume di un Paese e un mondo interi. Sarà un Paese racconta dunque una fiaba sottilmente nera ma capace (all'occorrenza) di attingere al mito, all'arte, alla letteratura (ci sono, ad esempio, le parole nobili della Costituzione e c'è lo specchio d'acqua narciso e rivelatore di Herman Hesse) per colorarsi di speranza costruendo il cammino di un nuovo inizio, e di quello che forse (almeno nelle speranze del piccolo protagonista) potrebbe/dovrebbe essere il paese del futuro.

Que sera, sera (Whatever Will Be, Will Be)

Scelto per rappresentare le celebrazioni del 25esimo anniversario della Convenzione Onu sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, Sarà un Paese di Nicola Campiotti (qui al suo debutto registico nel lungometraggio ma che conta già al suo attivo numerosi corti ed esperienze importanti sui set di film quali Non bussare alla mia porta di Wim Wenders o Quantum Of Solace di Marc Forster) usa l'incanto e la capacità di meravigliarsi bambina per raccontare ombre (soprattutto) e luci (qualcuna ma potente) del nostro beneamato paese Italia. Sulla falsariga ‘confrontativa' di quello che era stato il lavoro illustrativo e documentativo del duo Gustav Hofer e Luca Ragazzi in Italy: Love It, Or Leave It ma con un approccio molto più viscerale e (nell'accezione sostanzialmente positiva del termine) disordinato, Campiotti segue il suo piccolo protagonista (l'ottimo esordiente Elia Saman) attraverso l'epifania di un qualcosa di magico, rinfrancante, che non riguarda solo il nostro Paese, ma anche l'Europa e il resto del mondo. Un'antica biblioteca che appare agli occhi di Elia come la biblioteca harrypotteriana di Hogwarts o una mappa del mondo che diventa scacchiera su cui tracciare le migrazioni compiute dalle persone incontrate strada facendo, sono le piccole rivelazioni narrative che Campiotti semina lungo il percorso (non sempre perfetto, non sempre centrato, eppure forte della sua sincerità) del suo piccolo ma intenso docufilm. Un lavoro certamente perfettibile dal punto di vista narrativo ma che vanta, ciò nonostante, la capacità di (ri)lanciare attraverso l'occhio incantato bambino uno sguardo speranzoso, dal segno positivo, su quel futuro che oggi ci appare sempre più incerto. Un'opera che infine racconta l'incertezza e l'audacia del nostro vivere precario, per ricordarci infine che il mondo che tutti conosciamo ancora gira seguendo il poetico, fanciullesco fatalismo di Que sera, sera (Whatever Will Be, Will Be).

Sarà un Paese Il romano Nicola Campiotti (classe 1982) esordisce alla regia con Sarà un Paese (scelto dall’Unicef per celebrare 25esimo anniversario della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), un docufilm che fotografa ad altezza bambina lo stato di degrado, disillusione del nostro Paese rilanciandone però anche un potenziale di ripartenza che si nasconde dietro la capacità di cambiare punto di vista, immaginare una nuova e più luminosa prospettiva. Un lavoro per certi versi imperfetto (soprattutto nella mancanza di un'unitarietà narrativa forte) ma assai capace, attraverso una sensibilità di sguardo e la capacità di attingere alle arti per raccontare e raccontarsi, di dirci qualcosa di edificante e profondo su questo nostro futuro assai incerto ma forse ancora - in qualche modo- ‘recuperabile’.

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