Affrettatevi, finché siete in tempo: mister Liam Neeson fra un paio d’anni appenderà al chiodo la carriera da action hero per dedicarsi a pellicole meno “faticose”, fisicamente parlando. Le chance di vederlo in Red parte 10 o I mercenari volume 20 sono davvero bassissime, o almeno così dice lui. Run All Night, quindi, potrebbe diventare uno degli ultimi contributi al genere da parte di quest’irlandese “gigante” - per statura e per talento - qui per la terza volta diretto dallo spagnolo Jaume Collet-Serra. In sala per Warner Bros. dal 30 aprile, il film miscela vendette mafiose e inseguimenti in salsa family. Le colpe dei padri, si dice, ricadono sui figli e Jimmy Conlon (Neeson) non si dedica ad una professione tradizionale con cartellini da timbrare o ferie da richiedere. Da killer professionista, per risolvere i problemi conosce un unico metodo: premere il grilletto. L’ultimo brandello di coscienza ancora intatto, che gli impedisce di abbracciare il proprio lavoro con il disincanto necessario, è attaccato a suo figlio Mike (lo svedese Joel Kinnaman, già protagonista del remake di RoboCop). Ormai adulto e con una propria famiglia, il ragazzo non vuole saperne del padre, che lo ha abbandonato da piccolo per tenerlo alla larga dai guai.
Killer a pezzi
Nessuno dei due ha chiuso del tutto con l’altro e la vita porge ad entrambi, inaspettatamente, il conto da pagare per le proprie azioni. Durante uno dei turni come autista, Mike diventa, suo malgrado, testimone di un omicidio legato a Shawn Maguire (Ed Harris), migliore amico e “boss” del padre. Il cronometro inizia a scandire il tempo a loro disposizione per uscirne vivi: hanno una notte sola (16 ore, a voler fare i pignoli) per aggiustare la situazione mentre il detective Harding (Vincent D’Onofrio) intensifica la caccia all’uomo ormai iniziata decenni prima.
L’adrenalina sale, la posta in gioco si moltiplica, i conflitti esplodono. Le dinamiche familiari restano complicate un po’ per tutti e - se si prescinde dal contesto criminale - le modalità con cui vengono affrontate nel film trovano terreno fertile nello spettatore. Thriller sì, ma con un’anima: le lacerazioni interiori si riflettono costantemente in questa corsa disperata. Niente retorica né buonismi tra padre e figlio, che si parlano con dialoghi asciutti e, spesso, lasciano ai silenzi tutta l’eloquenza necessaria.
D’altronde Jimmy si sente un uomo finito, a pezzi, che ha perso la moglie e si tiene a galla quel tanto che basta per respirare. Fino a che Mike involontariamente gli offre una ragione per vivere e per rimediare ai torti del passato.
Un ritmo che inchioda
Il cuore della storia è il rapporto padre-figlio, ma la cornice è action al 100% con una regia che a tratti toglie il fiato. Collet-Serra s’insinua con giochi di macchina incredibili tra i vicoli di New York partendo dall’alto e insegue senza sosta i personaggi con un ritmo sempre incalzante. Non c’è tregua, ogni secondo conta e fa la differenza. Nessuna presenza viene sprecata, anche se fugace come nel caso di Nick Nolte (il fratello di Jimmy): il cast regge la scena in maniera magistrale e incatena lo spettatore alla poltrona con giochi di sguardi potentissimi. Difficile distrarsi, d’altronde, quando volano proiettili ovunque...
C’era proprio bisogno di un altro action movie su redenzione, vendetta e figure paterne assenti? Sì: Run All Night vale la pena di essere visto. Anche solo per un giro sulle montagne russe, con due ore d’intrattenimento puro, girato con stile, e con la coppia Neeson-Kinnaman da non perdere.