Recensione Romanzo di una Strage

Marco Tullio Giordana rilegge una delle pagine più sanguinose della recente storia italiana

Recensione Romanzo di una Strage
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Da sempre regista impegnato nel discorso storico e politico italiano (ritratto con semplicità e grande pertinenza già nelle sei ore del celebre La meglio gioventù) Marco Tullio Giordana torna (con il supporto alla scrittura del bollino di garanzia Rulli-Petraglia), sui passi di una pagina di storia italiana nata torbida e tuttora nebulosa. Di quel 12 dicembre del 1969, e di quei 14 morti (poi saliti a 17) e 88 feriti della capitale lombarda si è detto molto, forse troppo, pur senza mai riuscire a tracciare con chiarezza i fatti del prologo di quella cosiddetta "strategia della tensione" che avrebbe poi preso il via proprio con la strage di Piazza Fontana. Molte e indistinte le voci che hanno contribuito a fornire le molteplici versioni di un evento macchiato di sangue e segnato da falsi colpevoli, depistaggi, interessi incrociati facenti capo a un'unica dinamica che andava ben oltre i confini della turbolenza politica e sociale italiana di quegli anni. Giordana mette in campo i protagonisti di quella vicenda, semplificando e individuando i sintomi di un malessere italiano che da allora in poi non ha fatto che propagarsi, diventando una vera e propria piaga sociale. L'idea di occultare, confondere le acque, favorire il gioco dei cosiddetti Dinosauri, diventa così il cronicismo di un Paese che anche di fronte alle morti innocenti piega il capo nel rispetto del Potere di quelli che restano sempre dietro le quinte. In primo piano, al contrario, emergono le figure e i volti di persone integre (come il commissario Calabresi o l'anarchico non violento Pinelli) e fedelmente votate ai loro ideali. Ideali illusori che, pur nella diversità delle posizioni sociali e dei ruoli ricoperti, riservano ai loro eroi comuni sempre il medesimo, inequivocabile destino.

Il mistero della strage e la nebulosa delle indagini

Milano, 12 dicembre 1969. Ore 16.37. Al numero 4 di Piazza Fontana, nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura, un'esplosione di rara potenza devasta l'intero edificio causando 17 morti e 88 feriti. Accantonata presto l'ipotesi molto improbabile di una caldaia difettosa, la causa dell'esplosione viene in breve attribuita alla matrice anarchica. La Questura di Milano (diretta da Marcello Guida) e capitanata dal giovane commissario Calabresi (un misuratissimo Mastandrea), procede così al fermo di diversi anarchici, tra cui Giuseppe Pinelli (un sanguigno Favino), ritenuto estraneo alla vicenda ma in possesso di informazioni rilevanti. Ma la sera del 15 dicembre, durante uno degli estenuanti interrogatori che si protraevano da tre giorni, Pinelli cade e muore dalla finestra della stanza di Calabresi (che non era presente al momento del fatto). Raccontata alla stampa prima come suicidio e poi come incidente, la vicenda assume poi le tinte di un giallo che si va condensando sempre più attorno alla figura di Calabresi, l'unico realmente estraneo ai fatti sulle spalle del quale ricadrà però la colpa della morte di Pinelli. E mentre la stampa inizia a dare addosso alla Questura per l'incuria con la quale porta avanti le indagini, la pista anarchica della strage di piazza fontana stringe il cerchio attorno al nome di Pietro Valpreda, mina vagante nella corrente anarchica e uomo che sembra avere tutte le caratteristiche ideali del mostro da dare in pasto alla stampa. Nel frattempo Calabresi, sempre meno convinto della limpidità delle ricostruzioni, inizia a credere all'esistenza di altre piste, legate perlopiù ai gruppi neonazisti veneti e avanzate in primis dal giornalista Marco Nozza de Il Giorno. All'incedere di questa idea si muovono parallelamente le informazioni di Moro secondo cui la verità dei fatti è stata coperta attraverso un'opera di depistaggio partita da piani molto alti, ovvero i servizi segreti. Alla fine le nuove piste porteranno ai nomi di Giovanni Ventura e Franco Freda, legati al gruppo neonazista veneto. Ma l'ostinazione con cui Calabresi porterà avanti le indagini di un inquietante scenario di traffico d'armi, poteri e complotti di ordine internazionale, farà infine da specchio alla lealtà con cui Pinelli aveva difeso la sua posizione. Come uomini della ragione che sanno di essere nel giusto, saranno entrambi messi fuori gioco dai poteri tentacolari di uno Stato nemico della verità.

Vittime e carnefici

Suddiviso in atti che scandiscono le fasi della strage e della successiva indagine, Romanzo di una strage ha il ritmo del thriller ma la cura del film storico. E se nella prima parte Giordana inserisce con estrema precisione tutte le molteplici pedine di una scacchiera socio-politica destinata a crescere di dimensione, nella seconda il regista muove quelle stesse pedine all'interno di un quadro storico che nella sua oscurità si fa sempre più chiaro. Dalla fotografia plumbea che riprende indistinte masse scure protagoniste di assurde favole tragicamente reali, e dal marasma di infinite voci che cantano infinite verità, emerge poi (lentamente) il filo di solitudine che lega Giuseppe Pinelli al Commissario Calabresi. In fondo sono loro (il sanguigno ferroviere e animatore del Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, e il carismatico vice-responsabile della Polizia Politica della Questura di Milano) le vittime simboliche di una violenza che indossava colori politici per mascherare il grigiore dell'interesse ultimo, quello di salvaguardare lo status quo e il benessere dei protagonisti altolocati della vicenda. Asciutto e scorrevole, e guidato da un cast superlativo (tra cui ai due ottimi protagonisti si affiancano attori come Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro e Luigi Lo Cascio in quelli del Giudice Ugo Paolillo) che regala interpretazioni intense e misurate, il film di Giordana associa la semplificazione storica a una regia fluida che di bocca in bocca insegue la via crucis di una verità negata, di quel sapere senza avere le prove di cui parlava Pasolini: "Io so, ma non ho le prove".

Romanzo di una strage Marco Tullio Giordana racconta la Strage di piazza Fontana con dinamismo narrativo e grande sobrietà nei confronti della vicenda storica. Grazie a una scrittura essenziale ed esaustiva e a un brillante cast di attori in cui spicca la compostezza di Favino e di Mastandrea nell’interpretare rispettivamente l’anarchico Pinelli e il Commissario Calabresi, Romanzo di una strage riesce nell’onorevole intento di riportare l’attenzione su una pagina di storia italiana buia e troppo confusa, raccontando infine delle verità che per troppo tempo e da troppi fronti sono state negate e a lungo occultate.

8

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