Robinù, la recensione: Michele Santoro e la baby Gomorra

La recensione del documentario di Michele Santoro, Robinù, che racconta le vite dei baby camorristi. In sala il 6 e 7 dicembre.

Robinù, la recensione: Michele Santoro e la baby Gomorra
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Letteratura, film, serie televisive: non fa più paura in Italia parlare di criminalità organizzata, parlare di Camorra. Questa ritrovata libertà la dobbiamo a Roberto Saviano che con il suo romanzo verità, Gomorra, nel 2006 ha abbattuto gli erti muri di omertà che ci impedivano non solo di guardare oltre ma di dare uno sguardo all'interno di certe realtà scomode, feroci, reali. Ed è proprio Roberto Saviano che, nel suo primo romanzo di finzione La Paranza dei Bambini, ha deciso di raccontare attraverso la costruzione di giovanissimi protagonisti i meccanismi, i pensieri e i bisogni che portano ragazzi appena adolescenti ad avvicinarsi al male. Storie molto simili a quelle che Saviano ci ha svelato usando personaggi immaginati (ma non di certo immaginari) le ha portare sul grande schermo il giornalista Michele Santoro che con il suo documentario inchiesta Robinù prende per mano gli spettatori e li mette faccia a faccia con i volti di chi di tale "paranza" fa realmente parte.


I giovani volti della malavita

L'ormai nota paranza dei bambini è un fenomeno criminale che è esploso negli ultimi anni e che vede come protagonisti baby criminali che sono stati in grado di dare nuove regole camorristiche al mercato della droga più grande d'Europa: quello del napoletano. Sono 60 - per ora - le vittime di questa nuova realtà fatta di adolescenti senza remore pronti ad andare in guerra con tanto di kalashnikov pur di difendere il proprio territorio. Ciò che fa Santoro nel suo Robinù è un viaggio nei vicoli di Napoli, dai quartieri più degradati al centro storico, atto a far conoscere le ragioni profonde della nascita di questa realtà. Quello che viene fuori dal didascalico lavoro del giornalista è che dietro le spalle di questi ragazzi ci sono famiglie criminali, povertà, assenze. Davanti a loro, invece, c'è la prospettiva di un futuro inesistente che viene scongiurato con un'esistenza criminale dove la possibilità di finire in carcere fa molta meno paura di una vita fatta di niente.

Faccia a faccia

Con il suo Robinù Santoro dona al pubblico un'inchiesta estremamente umana, anche dal punto di vista formale. Il cineasta infatti ha deciso di tagliare la voce di chi intervista eliminando qualsiasi tipo di mediazione tra il pubblico e le storie che vengono narrate. Dal punto di vista registico il giornalista punta tutto su strettissimi primi piani che catturano ogni tipologia di emozione, intervallati inquadrature ampie e lente che descrivono attraverso le immagini luoghi di Napoli, quei campi di battaglia dove quei ragazzi mascherati da adulti spacciano e fanno la guerra. Robinù non vuole dimostrare, giudicare e - paradossalmente - non vuole neanche denunciare. L'unica pretesa di Robinù è quella mostrare ciò che sta accadendo e Santoro è riuscito perfettamente e con grande maestria nel suo (a)moralista intento.

Film del mese Il giornalista Michele Santoro firma un documentario d'inchiesta sui protagonisti della "paranza dei bambini", fenomeno camorristico che ha portato giovanissimi ragazzi a divenire dei veri e propri babyboss a capo delle più importanti piazze di droga del napoletano. Nel suo Robinù Santoro, senza alcun moralismo, dà voce ai protagonisti e alle vittime, evitando di giudicare azioni e reazioni di questi giovanissimi malavitosi in un racconto di vite al contempo toccante e agghiacciante.

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