Recensione Ring 2

Il secondo episodio della saga j-horror firmata da Hideo Nakata

Recensione Ring 2
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Nello stesso anno di Ring, il 1998, esce in Giappone Spiral, primo seguito della saga iniziata da Hideo Nakata. La produzione del film è fiduciosa sulla riuscita commerciale della pellicola, anticipata dai successi del libro originario di Koji Suzuki e della prima serie tv che vi è stata tratta. Spiral, tratto dal secondo romanzo di Suzuki, esce così praticamente in contemporanea con Ring, con il quale condivide buona parte del cast (ma non il regista: a dirigere il sequel abbiamo Joji Iida). Tuttavia a differenza del film di Nakata, successo clamoroso, Spiral va malissimo al botteghino, tanto da spingere la produzione a rinnegarne la presenza all'interno della saga per ripartire da zero con uno nuovo secondo capitolo. Anche la storia contenuta nel romanzo di Suzuki viene bellamente ignorata, dando luce ad una vicenda totalmente inedita. Nasce così Ring 2, nuovamente scritto e diretto da Nakata, sequel che segue immediatamente gli eventi del primo film concludendone la storia.

il fondo del pozzo

Ring 2 inizia pochi giorni dopo la fine del primo. Il professor Ryûji Takayama è morto in modo orribile, mentre Reiko e Yoichi sono dati per scomparsi. Sulle loro tracce l'ex assistente di Takayama, la giovane Mai Takano, intenzionata a scoprire cos'è successo al suo amico e motivata da una serie di visioni. Indagando ripercorrerà le orme di Reiko, dalla maledizione di Sadako alle sue numerose vittime, fino a che non raggiungerà Reiko in persona. La donna però si era nascosta per un motivo preciso: il piccolo Yoichi inizia a manifestare i poteri di Sadako... Il primo Ring può essere definito a tutti gli effetti un horror virale, ancorato ancora alla dimensione analogica del nastro, ma già con un'attenzione per la diffusione e propagazione del messaggio da ricordare per certi la condivisione di oggi (per quanto adesso un'eventuale maledizione di Sadako sarebbe ben più letale). Il secondo capitolo porta tale diffusione al livello di una vera e propria possessione, con tanto di energia oscura ancorata addosso alle vittime e poteri esp trasmigrati nei corpi. Il piccolo Yoichi diventa così il vaso contenitore di ciò che resta del dolore e dell'odio provati da Sadako. Perché ancora più del precedente in Ring 2 conta il rancore provato dallo spirito della ragazza, costretta a vivere per trent'anni nella sua prigione in fondo al pozzo. Trent'anni per coltivare follia e sete di vendetta, per farsi incarnazione di un male capace di superare le barriere del mondo terreno. Nonostante ciò rispetto al primo capitolo Ring 2 abbandona abbastanza la traccia della videocassetta di Sadako. Del resto il mistero è stato in buona parte risolto, ora non resta che gestirne le conseguenze. Ecco così prendere piede nella prima parte un approccio scientifico alla maledizione, che si cerca di studiare ed arginare con metodi da laboratorio. Tuttavia la risposta non può risiedere in un encefalogramma ma soltanto alla fine del pozzo, nel profondo dell'inconscio. La seconda parte del film è allora tutta incentrata sulla rappresentazione di questo inconscio sotterraneo, un aldilà liquido nel quale cova l'odio di Sadako ma forse anche l'unica possibilità di salvezza. Decisamente più debole rispetto al primo episodio, Ring 2 ha le sue cose migliori proprio in quest'ultima parte, densa di suggestioni e apertamente orrorifica. La prima presenta invece la consueta regia geometrica e algida di Nakata, che alle prese con gli scampoli di una vicenda già raccontata pare affossarsi in una storia già vista e poco interessante. 

Ring 2 Più debole rispetto al primo capitolo, Ring 2 abbandona la traccia della videocassetta di Sadako per intraprendere la strada della possessione. Ad una prima parte deboluccia segue una seconda decisamente più interessante, tra esperimenti para-scientifici e soluzioni oniriche. Il risultato è un film sbilanciato e un poco confuso, ma comunque valido.

6.5

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