Riddick, recensione dell'action con Vin Diesel

Ritorno a Pitch Black per Vin Diesel: la recensione dell'adrenalinico Riddick.

Riddick, recensione dell'action con Vin Diesel
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Come si arriva alla creazione di un antieroe? Ce lo spiega il losangelino classe 1955 David Twohy, il quale, sceneggiatore di Critters 2 (1988) e Warlock - Il signore delle tenebre (1989), annovera nella propria filmografia il Pitch black (2000) che, concepito a basso costo, provvide a lanciare un ancora sconosciuto Vin Diesel nel ruolo di Riddick, criminale di un'altra galassia che si ritrovava catapultato su di un pianeta infestato da mostruose creature, nel sistema Taurus.
"Si fa in modo che il personaggio si evolva gradualmente. Per la prima mezz'ora di Pitch black, per esempio, Riddick non dice neppure una parola, ma questo non fa che accrescere il suo carisma. E, quando parla, sceglie con cura le parole".
Un personaggio che, presto entrato nei cuori dei fan della fanta-azione, Twohy ha provveduto a riportare sullo schermo tramite The chronicles of Riddick (2004), di cui osserva: "In Pitch black seguiamo la trasformazione di Riddick da killer a eroe positivo, ed è così che lo ritroviamo all'inizio del secondo film; The chronicles of Riddick è incentrato su una analisi più approfondita del personaggio, che assume via via un ruolo sempre più importante per le sorti dell'universo".
Un sequel che, interpretato anche da Thandie Newton, Karl Urban, Colm Feore e Judi Dench, sostituì le atmosfere horror del primo capitolo con un look generale da blockbuster di fantascienza, tirando in ballo una profezia secondo la quale la sorte dell'umanità, in un universo tormentato dal malvagio esercito dei Necromongers, guerrieri assetati di conquista e impegnati a saccheggiare tutti i pianeti, sarebbe dipesa dal coraggio di un solo Furyan.

Fast & Furya

Furyan che, prima impegnato nel salvataggio di una civiltà multiculturale sotto assedio, poi alle prese con la scoperta di una prigione scavata sotto la superficie di un pianeta vulcanico, corrispose, ovviamente, a Riddick, richiamato dall'esilio e coinvolto in una serie di avventure dai toni epici.
Serie di avventure dai toni epici che, però, tempestata di elaboratissimi modellini e impreziosita dalle maestose scenografie del tedesco Holger Gross, finì per basarsi soltanto sul continuo assemblaggio di situazioni spettacolari già viste, in mezzo ad abbondanza di esplosioni e fracasso e senza neppure un momento memorabile.
Al servizio, quindi, di una tutt'altro che riuscita seconda puntata che, tanto visivamente accattivante quanto destinata più volte a spingere lo spettatore a sprofondare in un sonno liberatorio, annoverò lo stesso Diesel tra i produttori.
Come anche in questa terza, in cui la star del franchise Fast & furious torna a concedere anima e corpo al pericoloso detenuto del titolo che, fuggito, tradito dalla sua stessa specie e lasciato a morire su un pianeta desolato, da un lato lotta per la vita contro feroci predatori alieni, dall'altro, dopo aver utilizzato i cacciatori di taglie di tutta la galassia come pedine per il suo piano di vendetta, scatena una violenta rappresaglia prima di tornare sul natale Furya al fine di salvarlo dalla distruzione.

Pitch black 3 o... reboot?

Quindi, a partire dagli scontri tra il protagonista e disgustose mostruosità extraterrestri assortite posti già nel corso dei primi minuti di visione, appare subito evidente che il tentativo di Twohy, di nuovo dietro la macchina da presa, sia quello di riallacciarsi direttamente alle caratteristiche del capostipite per far dimenticare ai seguaci della saga quelle proto-Star trek che hanno provveduto in buona parte a contribuire alla deludente resa del suo sequel.
Caratteristiche riscontrabili soprattutto nel corso dell'ultima parte dell'operazione, quando, in mezzo a sequenze notturne, spruzzate di splatter e pioggia che cade incessante, cominciano a essere nuovamente privilegiati i toni dark che, nel resto dell'insieme, vengono sostituiti da quelli caldi di una fotografia evidentemente finalizzata ad accentuare il "vestito" generale da western ultra-moderno.
Western ultra-moderno che, con futuristici motoveicoli cavalcati al posto dei cavalli e umide caverne in cui inoltrarsi per poter creare l'indispensabile suggestione, arriva presto a tirare in ballo un gruppetto di cacciatori di taglie costituito, tra gli altri, da Jordi"Bad boys 2"Mollà, il wrestler Dave Bautista e la Katee Sackhoff della serie televisiva Battlestar Galactica, che non avrebbero certo sfigurato in un lavoro della Kathryn Bigelow degli anni Ottanta (quella de Il buio si avvicina, per intenderci).
Mentre l'abbondanza di effetti digitali fa la sua inevitabile parte ed i ritmi di narrazione risultano gestiti in maniera discreta, con la sola, evidente intenzione di riportare sullo schermo una delle figure chiave della celluloide d'azione d'inizio terzo millennio tramite un più che sufficientemente riuscito elaborato che, in fin dei conti, ancor prima che un secondo sequel di Pitch black sembra un suo reboot atto a proporre un restyling di Riddick da destinare alle nuove generazioni che solo ora vengono a conoscenza della sua esistenza cinematografica.

Riddick ”Sapevo di poter cadere in una trappola e realizzare una banale imitazione del primo. Secondo me la chiave per la riuscita di un sequel è fare qualcosa che nessuno si aspetta. In questo caso non tornare sullo stesso pianeta, non presentare gli stessi personaggi e non lasciare che diventi l’ennesimo film popolato da strane creature. In effetti The chronicles of Riddick rappresenta un po’ un cambiamento di genere, dall’horror alla fantascienza, abbiamo preferito una metamorfosi piuttosto che una replica”. Questa, ai tempi dell’uscita al cinema di The chronicles of Riddick, del 2004, fu la dichiarazione del regista David Twohy a proposito del lungometraggio, sequel del Pitch black diretto dallo stesso quattro anni prima, che, però, deluse i fan del capostipite proprio a causa della tipologia di secondo capitolo completamente diversa da quanto raccontato nel primo. A nove anni di distanza da quell’esteticamente curatissimo ma soporifero numero due, il cineasta di Los Angeles sembra aver completamente cambiato idea (o, forse, gliel’hanno fatta cambiare i desideri degli spettatori), in quanto questo nuovo episodio della serie, ancora una volta interpretato da Vin Diesel, si riallaccia in maniera evidente alla pellicola da cui tutto cominciò, tanto da presentare più i connotati di un suo rifacimento che di una terza avventura dell’antieroe più ricercato della galassia. E, tra mostruosi esseri alieni, disgustosi liquidi sparsi e abbondanza d’azione, l’insieme riesce a funzionare discretamente bene, ricordando un certo cinema di genere appartenente alla vecchia scuola, pur non possedendo, ovviamente, quel fascino da cult movie che il film del 2000 ha saputo far emergere quasi subito dai propri fotogrammi darkeggianti.

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