Revenger, la recensione del film originale Netflix

In un'isola dove vengono abbandonati i peggiori criminali del mondo, un uomo inizia il suo percorso di vendetta contro un crudele gangster.

Revenger, la recensione del film originale Netflix
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In una realtà distopica i condannati più pericolosi vengono confinati in un'isola al di fuori dal mondo, nella quale vengono lasciati allo stato brado e senza alcun modo per far ritorno sulla terraferma. In Revenger, da anni ha qui luogo una violenta disputa tra un gruppo di piccoli criminali, perlopiù pacifici, e gli uomini capeggiati dal crudele Khun, un individuo misterioso il cui volto e il corpo ustionati sono nascosti da fitte bende.
Quando una madre e sua figlia, in cerca di vendetta per il brutale omicidio a sangue freddo del marito/padre, si trovano alla mercé degli avversari, per loro la morte sembra prossima ma l'intervento di un nuovo arrivato diventa un'insperata ancora di salvezza: il detective Yool, giunto anch'esso sul posto con una missione personale da portare a termine, si dimostra abilissimo nelle arti marziali ed elimina senza troppi problemi i membri della gang. Sarà solo l'inizio di un lungo percorso di sangue che lo porterà infine all'agognato scontro con Khun.

L'isola della vendetta

Un'isola deserta dove vengono confinati i pericolosi criminali della Terra, in questo caso con particolare attenzione ai detenuti di provenienza coreana (come d'altronde la produzione del film), non è certo un'ambientazione originale nel filone action/sci-fi: da Fuga da Absolom (1994) al più recente The Condemned - L'isola della morte (2007), senza il bisogno di andare a scomodare modelli alti, il cinema di genere ha sfruttato spesso la geografia del luogo per dar vita a dinamiche di varia complessità.
A dire la sua ci prova anche il regista Lee Seung-won che, dopo aver diretto due titoli più "tranquilli" come Communication & Lies (2015) e Happy Bus Day (2017), si cimenta per la prima volta nella sua breve carriera in un'operazione prettamente muscolare, dove la sceneggiatura è un semplice orpello di contorno alle onnipresenti coreografie marziali che vedono impegnato per la quasi totalità di visione l'ex stuntman Bruce Khan (anche autore dello script) che, nonostante abbia da poco sorpassato i cinquant'anni, mette in mostra un fisico atletico e invidiabile.

La via più semplice

Revenger (disponibile nel catalogo Netflix come originale) è rapido ed essenziale proprio come il titolo suggerisce: nessun spazio per momenti introspettivi o più ragionati, solo un veicolo filmico per le numerose evoluzioni coreografiche che vedono coinvolti i personaggi principali, tra i quali vi è anche un'indomita arciera, madre della ragazzina in cerca di vendetta che tiene uniti i fili chiave dell'esile impianto narrativo.
La monotonia dei paesaggi, con la giungla irta di potenziali pericoli sulla quale emergono scassati edifici utilizzati a mò di carceri o di estremi luoghi di prigionia, è solo parzialmente smussata dalla convivenza di toni più più leggeri, con una comicità semplice e diretta (spicca in questo caso la figura dello smemorato "nonno" della comunità) a cui si alterna una violenza dai vaghi rimandi splatter.
L'impressione però è quella di una mancanza di omogeneità dovuta al tentativo di attirare più tipi di pubblico, ma è difficile che uno spettatore non appassionato del filone ravvisi motivi d'interesse nei novanta minuti di visione, a differenza di chi, conscio di cosa aspettarsi, si troverà di fronte ad un action basilare ma godibile.

Revenger Dopo un background misero introdotto brevemente nei titoli di testa, Revenger ci trascina subito nel bel mezzo della pura azione e questa scarsa attenzione al narrato sarà una delle costanti fino all'epilogo, aperto ad un potenziale sequel. Dal punto di vista delle coreografie marziali l'operazione si difende bene, con il poco conosciuto Bruce Khan (un passato da stunt-man) che a cinquant'anni e rotti tenta la consacrazione a nuovo action-hero del panorama coreano, ma la monotona ambientazione e una sceneggiatura solo abbozzata, che si rifà ad altri titoli coevi con tanto di banali innesti da revenge-movie, rischiano di portare alla noia lo spettatore poco avvezzo a visioni del genere. Per un film che pare conscio dei propri limiti concettuali e si concentra esclusivamente sul puro, ludico e violento divertimento di genere, questo sì senza infamia e senza lode.

6

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