Resident Evil: Welcome to Raccoon City Recensione: un b-movie soddisfacente

Lontano dalla virata action di Anderson, finalmente arriva un adattamento filmico fedele ai videogiochi di Resident Evil. Ma c'è qualche difetto.

Resident Evil: Welcome to Raccoon City Recensione: un b-movie soddisfacente
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Il Male sta per risvegliarsi a Raccoon City. Un male rimasto sopito a lungo, tenuto in gestazione da un'industria cinematografica incapace di gestirlo al meglio. Resident Evil: Welcome to Raccoon City riporta sotto i riflettori del grande schermo una saga horror che da tempo reclamava a gran voce un adattamento degno di questo nome, e in parte il film di Johannes Roberts sembra riuscire a mantenere vagamente le sue promesse.

Tuttavia c'è un grande compromesso che il pubblico dovrà accettare una volta che la pellicola ispirata ai videogiochi Capcom sarà arrivata nelle sale: capire che un'opera come Welcome to Raccoon City ha senso di esistere proprio perché porta il nome di Resident Evil, in quanto operazione di puro fanservice che vuole intrattenere senza le pretese di un grande kolossal, con un'anima da b-movie che non eguaglia i capisaldi del genere ma ne mantiene intatta l'asticella con una certa dignità.

Sulle orme di Resident Evil

Il tentativo della trasposizione filmica di Roberts è indubbiamente lodevole: recuperare lo spirito, i toni e lo stile dei primi giochi della serie Capcom, restituendone una versione familiare per tutti i fan della saga che al contempo sia in grado di raccontare in modo diverso una storia già nota.

Ed è chiaro sin dai primi minuti, con una nuova storia di origini per Chris e Claire Redfield, riscritta e cucita addosso ai personaggi interpretati da Robbie Amell e Kaya Scodelario: due fratelli orfani, allevati in un orfanotrofio posseduto dalla Umbrella Corporation nella tetra cittadina di Raccoon City, teatro di loschi affari e tremendi esperimenti da parte della multinazionale che ben presto trasformano la città in una landa desolata, morta e putrescente. Una volta cresciuti, i fratelli Redfield incrociano nuovamente le proprie strade per fare i conti con le macchinazioni del Dottor Spencer, reo di aver diffuso un'epidemia malsana e apocalittica. Ed ecco che il cammino di Chris, insieme alla sua squadra di polizia, porta il giovane alle porte di Villa Spencer, mentre la ricerca della verità di Claire sul suo passato la fa incrociare con Leon Scott Kennedy (Avan Jogia), un agente alle prime armi ignaro degli orrori in cui molto presto piomberà Raccoon City. Chi ha divorato per bene la saga videoludica avrà capito che l'intreccio narrativo del film tenta di incrociare e amalgamare le trame dei primi due giochi, dividendo la storia in due racconti paralleli tra Villa Spencer (storico e glorioso palcoscenico del primo Resident Evil ricreato anche in prima persona) e le strade di Raccoon City, che invece rappresentano il teatro di quel secondo episodio che Capcom ha riportato in vita di recente, come vi spieghiamo nella nostra recensione di Resident Evil 2 Remake.

Benvenuti a Raccoon City

Un ordito che, nel complesso, può funzionare, quello dell'opera di Johannes Roberts. Un'operazione nostalgia che, quanto meno, recupera svariati elementi della "lore" classica, in parte riscrivendoli e in parte omaggiandoli, allontanandosi non poco dalla visione molto più rimaneggiata delle tanto discusse trasposizioni di Paul W. S. Anderson con Milla Jovovich.

In Welcome to Raccoon City si respira amore e rispetto per la mitologia originale, ma nonostante ciò il film si prende qualche libertà nella scrittura dei personaggi e tra le fila della sceneggiatura. Questa pellicola è anzitutto un racconto di origini che, nel ridefinire alcuni concetti fondanti della saga, ha i propri tempi nel fluire della vicenda: un lunghissimo prologo, che quasi si estende per tutto il primo atto, dà spazio a una sceneggiatura in larga parte originale, prima che le strade dei protagonisti sfreccino in direzione dei binari videoludici.

Per intenderci, sarà soltanto dopo i primi 45 minuti circa di visione, al termine di una lunga passerella di personaggi e antefatti, che si assiste alla storica entrata in Villa Spencer. Un ritmo troppo blando, forse, è uno dei principali difetti che attribuiamo alla scrittura del film di Roberts, colpevole di accelerare magari in ritardo e di approfondire elementi un po' superflui, a scapito di altre svolte narrative che avrebbero necessitato di maggior respiro.

Un b-movie soddisfacente

Se sul piano della sceneggiatura Resident Evil: Welcome to Raccoon City ci ha suscitato qualche rimostranza, dobbiamo invece ammettere che il lavoro di Roberts si fa valere per quanto concerne l'apparato visivo.

La pellicola riprende fedelmente le atmosfere putride e decadenti della controparte videoludica e le sfrutta per declinarle in un buon cinema di genere. Siamo di fronte, finalmente, a un'incarnazione cinematografica di Resident Evil che abbraccia pienamente una grammatica dell'orrore, costruendo minuto dopo minuto un crescendo che va dalla tensione latente allo zombie movie purissimo fino a elementi squisitamente splatter che, proprio come se ci si trovasse di fronte a un putrescente boss di fine gioco, caratterizzano un finale un po' sbrigativo e stereotipato, ma efficace e funzionale ai toni del racconto. Il tutto è inserito in una cornice che grida amore incondizionato al b-movie: ne replica gli stilemi, tra una moderata dose di violenza mista a una regia a tratti sperimentale e un parco di personaggi sopra le righe, ma non ne raggiunge le vette artistiche. Perché è questo ciò che è Resident Evil: Welcome to Raccoon City: un film che esiste come espressione fedele, tanto nei toni quanto nel linguaggio, della materia d'origine, e che può avere senso solo per chi cerca al suo interno le atmosfere, i personaggi e la mitologia della saga Capcom. Tutti gli altri, eccezion fatta per qualche guizzo estetico, potrebbero reputarlo un b-movie a tema zombie un po' stanco e vagamente stereotipato.

Resident Evil: Welcome to Raccoon City Resident Evil: Welcome to Raccoon City recupera lo spirito di un b-movie inquietante e sopra le righe in cui non tutto è perfetto, a partire da una sceneggiatura non sempre a fuoco in termini di ritmo e caratterizzazione dei protagonisti. Si tratta però di una trasposizione fedele ai primi due giochi della saga Capcom, con qualche guizzo visivo interessante e qualche licenza narrativa. Nel complesso il film di Johannes Roberts si lascia guardare nonostante non sia il più memorabile dei tie-in cinematografici né il migliore tra gli zombie movie di genere: si pone esattamente a metà, con la stessa grammatica dell'orrore e la mitologia dell'amatissima saga Capcom.

6.5

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