Recensione Rasputin

La 'misteriosa' leggenda di Rasputin

Recensione Rasputin
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Diavolo, stregone, santone, e addirittura "Santo-Demonio", sono alcuni degli appellativi che nel tempo sono stati assegnati a Grigorij Efimovič Rasputin, figura avvolta nel mistero e legata a doppio filo alle oscure atmosfere della Russia d'inizio novecento nonché alla fine della casata dei Romanov. Una figura che proprio per la sua doppia natura, a un tempo angelica e demoniaca, è stata da sempre oggetto di fascinazione; un uomo avvolto da un'aura misteriosa legata alle sue capacità taumaturgiche, ai poteri occulti, e a qualche vaga affinità con la vita di Cristo. Il regista Louis Nero (Pianosequenza, La rabbia) rielabora gli elementi legati alla figura di Rasputin grazie a documenti venuti alla luce di recente che aprono nuove ipotesi di studio, e lo fa ripercorrendo in una sorta di docu-film d'impianto pittorico-teatrale le ultime ore della vita del ‘mistico', vittima della congiura di una cricca di nobili che vedevano il suo crescente potere a corte come un pericolo da sventare.

L’assassinio di Rasputin

Il 19 dicembre 1916 a San Pietrogrado (l'antico nome di San Pietroburgo) alcuni tra i più influenti uomini di corte (tra cui il principe Jusupov, il granduca Demetrio, e il deputato della Duma Purisgevic), decisi a eliminare l'uomo che con la sua influenza ipnotica nei confronti della zarina Alessandra (aveva incredibilmente curato l'emofilia del figlio Aleksej) e dello stesso zar Nicola II costituiva un crescente pericolo tra le fila del potere, mettono in atto una congiura ai danni di Rasputin. Lo avvelenano, gli sparano e infine lo gettano nel fiume Neva (ignari che il monaco è ancora miracolosamente vivo). Al ritrovamento del corpo, frotte di persone giungeranno per attingere l'acqua nella quale il monaco aveva fluttuato, sperando così di acquisire anche solo parte delle sue facoltà ‘sovrannaturali'.

Il mistero è ancora tutto da spiegare...

Il film ricostruisce grazie a una struttura a matriosche (o a puzzle) alcuni punti ‘oscuri' della vita di Rasputin, con la voce fuori campo di Franco Nero a fare da narratore e immagini o testimonianze in stile teatrale (gli attori che si rivolgono direttamente al pubblico) che vengono sovrapposti o accostati per ricostruire gli eventi che - nella giornata del 19 dicembre 1916 - portarono alla morte dell'enigmatico 'contadino siberiano'. A supporto esplicativo ci sono poi altri elementi che s'inseriscono prima e dopo lungo la linea temporale e che riguardano l'ascesa di Rasputin da povero contadino a talentuoso curatore fino a fidato consigliere di corte, e la profezia (poi divenuta realtà) che egli farà prima della sua morte sulla dinastia dei Romanov. Il gioco di inquadrature multiple e volti in dissolvenza, accanto a una regia statica con pochissimi movimenti di camera, inserita in un contesto di ricercate geometrie sceniche, conferisce al docufilm di Louis Nero un aspetto fortemente pittorico e figurativo (alla stregua di un quadro che si vada trasformando nel tempo) che ben si sposa con la figura fascinosa e controversa di Rasputin, caratterizzata da momenti di grande debolezza umana (il controverso rapporto con il sesso) e momenti di estremo misticismo (legati tanto alla leggenda della sua vita quanto a quella della sua morte), ma che tende a essere a lungo andare autoreferenziale. E se da un punto di vista formale (l'originale messa in scena del racconto) e simbolico (i poteri miracolosi, i seguaci, la congiura, il vino e tutti gli elementi che concorrono ad avallare il parallelo tra la figura di Rasputin e quella di Cristo) la ricercata originalità stilistica è sopraffatta da un uso eccessivo del manierismo, dal punto di vista contenutistico il film gira letteralmente a vuoto, risolvendosi attorno a pochi - e poco approfonditi - elementi, e creando solo una sorta di ‘diario della congiura di Rasputin' senza indagarne i veri o presunti motivi. E nonostante il filosofico cesellamento di (ri)costruzione visiva fatto da Nero, con inquadrature che si scindono (Rasputin che viene avvelenato al piano di sotto dal principe mentre al piano di sopra gli altri cospiratori attendono e a fianco campeggia la scala a chiocciola che collega i piani) riesca a creare un avvolgente effetto di contemporaneità, la sensazione che infine prevale è che il film ruoti sempre attorno alle stesse informazioni, rimescolate più e più volte insieme nel sottile gioco ad incastri, abusando talvolta delle scene di nudo o di alcuni manierismi registici per sopperire alla mancanza di contenuti (si tenga conto che il film dura solo 85 minuti) e a un generalmente basso livello attoriale. Della complessa dicotomia del personaggio, nel quale coabitavano insistentemente luci e ombre, viene infine fuori solo un ritratto rarefatto e incompleto che manca di fornire un esaustivo resoconto storico del periodo o del personaggio, così come di tutte quelle ombre che avvolgono la sua a dir poco misteriosa ‘uccisione'.

Rasputin Il giovane regista Louis Nero si cimenta con uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici della storia del Novecento: il contadino, poi mistico, e infine fidato consigliere alla corte dei Romanov Grigorij Efimovič Rasputin. Se per quanto riguarda l’aspetto puramente formale il film sembra fornire qualche spunto interessante grazie alla commistione (seppur abusata) di più registri visivi (che mescolano forme di teatro, pittura, scenografia, videoclip), l’impressione ultima è che al film manchi qualcosa di realmente originale a livello di contenuti, un quid narrativo che lo elevi a più di semplice esperimento artistico-concettuale, che permetta all'opera di andare oltre la mera suggestione visiva e farsi film.

5

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