Purple Hearts Recensione: su Netflix un dramma romantico scontato

Un giovane marine e una cantante di origini messicane organizzano un finto matrimonio per reciproca convenienza, in un film banale e forzato.

Purple Hearts Recensione: su Netflix un dramma romantico scontato
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Cassie Salazar e Luke Morrow non potrebbero essere più diversi l'uno dall'altra. Lei, di origini messicane, lavora di notte in un bar e si esibisce col suo gruppo nella speranza di raggiungere il successo e poter vivere di sola musica. Lui, americano doc, è figlio e nipote di militari e ha deciso di arruolarsi volontario nel corpo dei marines, con la missione in Medio Oriente che lo attende da lì a poco. In Purple Hearts i due condividono gravi problemi economici: Cassie è malata di diabete e necessita di costose iniezioni di insulina, Luke ha invece contratto un grosso debito con uno spacciatore che intende minacciare la sua famiglia nel caso la somma non gli venga restituita.

Conosciutisi tramite un comune amico, collega nell'esercito di Luke, decidono di ingannare tutti e organizzare il loro falso matrimonio. Dopo le nozze infatti otterrebbero reciproci vantaggi, lei per l'assicurazione sanitaria e lui con una paga extra ottenibile solo da sposato. Ma come spesso accade, quello che è nato come un inganno rischia di trasformarsi in qualcosa di dannatamente reale.

Purple Hearts: cuori allo sbando

Vi è un po' di tutto, all'insegna del "chi più ne ha, più ne metta", nelle due lunghissime ore di Purple Hearts, polpettone sentimentale ad uso e consumo del pubblico Netflix (non perdete le uscite Netflix di agosto 2022). Romanticismo all'acqua di rose, momenti drammatici dosati al punto giusto, la vocazione artistica della protagonista che permette di inserire numerosi passaggi musicali a tema e in sottofondo il tema della guerra per aggiungere ulteriore retorica al tutto.

La ricetta sembra aver colpito nel segno visto che il film è entrato nella classifica dei più visti sulla piattaforma di streaming, ma per ciò che concerne la qualità artistica ci troviamo di fronte a un ammasso incolore, che si trascina stancamente sui classici step obbligati del genere: tutto è ampiamente prevedibile, finale in primis, e neanche per un momento viene messo in dubbio il lieto fine e il coronamento dell'amore in divenire tra i due sposi forzati.

L'amore vince sempre

Sposi forzati che diventano sin dalla prima, fasulla, notte di nozze dei veri e propri piccioncini, senza una credibile evoluzione del loro rapporto che giustifichi i repentini cambiamenti di idee. Non aiuta in questo la scarsa alchimia tra Sofia Carson e Nicholas Galitzine, meglio lei di lui, e la gestione alquanto approssimativa dei dialoghi e delle figure secondarie, con tanto di battibecchi atti a rappresentare il pensiero repubblicano e quello democratico, perché alla fine si sa anche l'amore diventa politica.

Manca il pathos, la tensione è pressoché azzerata anche nelle sequenze che avrebbero potuto insidiare questa love-story d'altri tempi, con il militare a combattere sul fronte e la mogliettina che nel frattempo diventa una pop-star. Niente a che fare con A star is born (2018) e questa volta il successo non è ostacolo insormontabile alla relazione tra i coniugi. D'altronde la regista Elizabeth Allen Rosenbaum - alla quale già si deve il recente e mediocre Sneakerentola (la nostra recensione di Sneakerentola è a portata di clic) - si affida senza alcuna ispirazione di sorta ad una sceneggiatura figlia degli algoritmi e dei teen-movie alla Nicholas Sparks, trovando proprio qui quell'evidente limite che per un determinato tipo di pubblico è invece un punto di forza.

Purple Hearts Due protagonisti belli e statuari, un romanticismo di stampo teen, una manciata di canzoni orecchiabili e qualche istanza sociale più o meno marcata e il gioco è fatto, ad uso e consumo di un target che non chiede altro. Purple Hearts vede per protagonisti un marines reduce da un passato di tossicodipendenza e un'aspirante cantante di origini messicane che soffre di diabete: con la guerra e la malattia di sottofondo, la fiera della banalità si ammanta di ulteriori elementi. Peccato che neanche per un attimo nelle due ore di visione vien fatto credere che la storia possa deragliare da quel finale già scritto e la tensione sia assente non solo nelle fasi potenzialmente drammatiche ma anche in quelle passionali, complice la latente alchimia tra i due protagonisti, più sexy che bravi. Un film fatto per compiacere il proprio pubblico di riferimento, con tutte le conseguenze del caso.

5

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