Recensione Prospettive di un Delitto

Otto punti di vista per una sola verità

Recensione Prospettive di un Delitto
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Prendete Rashomon, e modernizzatelo ai giorni nostri, con uno stile da serie tv made in USA: avrete sotto le mani un prodotto molto simile a questo Prospettive di un Delitto. La formula, seppur coi dovuti adattamenti e proporzioni, è quella lanciata dal capolavoro di Kurosawa e in seguito ripresa da molte pellicole, americane e non: dare un diverso punto di vista di un avvenimento, attraverso le impressioni e i ricordi di svariati personaggi. In questo caso addirittura otto, il che obbliga lo spettatore a "subire" altrettante diverse versioni della tragedia iniziale...

Salamanca, Spagna: nella Plaza Major avrà luogo un summit internazionale, nel quale interverrà anche il presidente americano. Scopo del convegno politico è quello di trovare una soluzione per la pace in Medioriente. Appena salito sul palco, il premier statunitense (William Hurt) viene colpito da due colpi sparati da un cecchino. Poco dopo, in mezzo al caos generale scaturito dal panico della folla, una bomba esplode sotto il palco, provocando decine di vittime. La storia si ripete, e ci viene mostrata dal punto di vista di otto, involontari, protagonisti: una giornalista americana (Sigourney Weaver), due guardie del corpo del Presidente (Dennis Quaid e Matthew Fox), un poliziotto spagnolo, un turista (Forest Whitaker), il presidente stesso e i terroristi.

Il ripetersi in successione della stessa storia, cui ogni volta vengono aggiunti nuovi particolari, poteva essere in partenza una buona idea. Peccato però che in un film di poco più di 80 minuti, ben la metà sia tutta giocata sullo stesso avvenimento, con le stesse, identiche scene, viste da diverse angolazioni. Dopo un po' il tutto finisce per essere stancante, e se è vero che l'ultima parte, con il dipanarsi degli eventi e la scoperta di certi enigmi insoluti, risulta appassionante e carica di pathos, non si può far a meno di tirare qualche sbadiglio in precedenza. La regia è di chiaro stampo televisivo odierno (e questo non è per forza un male, vista la qualità di certe serie tv a stelle e strisce, superiore a molti pseudo kolossal americani), e ricorda nello stile quello di serie come 24, che risulta ben più che adatto al contesto, e risolleva in parte la noia iniziale. Ci si muove su soluzioni temporali abusate, con il tempo che si riavvolge e torna sempre al punto di partenza. Si gioca molto sulle riprese televisive, sulle fotocamere dei turisti, per individuare anche il minimo particolare che possa portare alla verità. L'azione è frenetica e incessante, e l'inseguimento finale in macchina per le strade di Salamanca ricorda non poco lo stile effettistico degli ultimi film di Jason Bourne: quindi inquadrature veloci, e movimenti di camera serrati e mozzafiato, con incidenti ed a"acrobazie" automobilistiche di tutto rispetto. Una scena durata 15 giorni, e nella quale la città di Salamanca si erge a splendida coprotagonista. Per ciò che riguarda invece l'attentato al Presidente e dell'esplosione della bomba, la città spagnola è stata sostituita da Città del Messico, vista l'impossibilità di "blindare" una città per tre mesi di fila. Interessante anche lo svolgersi del complotto, che nelle sue mille sfaccettature risulta abbastanza originale, prima di perdersi nella compiacenza di una sceneggiatura ridondante e infarcita di banalità. Dalla classica bambina dispersa protetta dal bravo turista americano sulla via del divorzio, all'agente traditore, ai ricatti orditi dagli attentatori per raggiungere il loro scopo, niente di nuovo sotto il sole. L'epilogo poi tocca veramente i picchi dell'assurdo: il destino vuole infatti che buona parte dei personaggi protagonisti finisca per ritrovarsi nello stesso luogo allo stesso momento, dando così spazio a un finale forzatissimo e assolutamente irreale. Così ugualmente risulta stucchevole e retorico, quando critica pesantemente l'informazione televisiva, mostrando che la verità non passa da quello che ci viene mostrato sul piccolo schermo: insomma, la fiera della banalità, e non era necessaria questa lezione di pseudo moralismo firmata Travis. Vi erano grandi possibilità dal punto di vista narrativo, e invece si è deciso di dare poco spazio, e male, alle singole vicende, per fortuna in parte salvate dalle interpretazioni. Grandi nomi americani ed attori europei/mediorientali già di una certa fama (Eduardo Noriega, Edgar Ramirez, Saïd Taghmaoui, Ayelet Zurer) offrono delle prestazioni complessivamente discrete, anche se la Weaver e Hurt appaiono un po' svogliati. Se la cava invece Quaid, nei panni di una guardia del corpo tormentata dai fantasmi del passato, mentre Whitaker è ormai una garanzia. Il problema, vero tallone di Achille, che induce lo zoppicare della pellicola, è tutto nella sua eccessiva ripetività, che impedisce di affezionarsi a qualsivoglia personaggio, visti (sarebbe meglio dire "rivisti") per la maggior parte nel compimento delle stesse azioni, impedendo un'introspezione psicologica degna di questo nome. Gli unici due che riescono a regalare un minimo di immedesimazione sono il personaggio di Quaid (alla fine il "vero" protagonista) e l'incredulo turista di Whitaker. Otto punti di vista, un solo film: che non convince appieno e non sviluppa tutte le sue potenzialità.

Prospettive di un Delitto Una struttura alla Rashomon, per un stile televisivo alla 24. Prospettive di un Delitto parte bene, ma si perde ben presto, ritornando fin troppo su se stesso. L'idea di mostrare lo stesso avvenimento dal punto di vista di otto diversi personaggi finisce alla lunga per stancare, e se si esclude un'ultima parte tesa e incalzante, adattata perfettamente allo stile degli action movie odierni, rimane tanta noia. Peccato, perchè il cast e la storia erano senza dubbio interessanti. La prospettiva dello spettatore, in questo caso, non è certo la migliore.

5

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