Recensione Profondo rosso

La città di Fiesole omaggia Dario Argento con il Premio Maestri del Cinema, riproponendo la versione restaurata del film che ha segnato una svolta decisiva nella carriera del regista romano.

Recensione Profondo rosso
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Fiesole omaggia domenica 19 luglio il grande regista Dario Argento con il Premio Maestri del Cinema e la riproposizione alle 21.30 al Teatro Romano del suo film più famoso, quel Profondo Rosso che lo consacrò definitivamente a livello globale come maestro dell'horror. Se infatti è vero che è da almeno un ventennio che l'autore romano risulta un po' appannato (e i recenti Giallo e Dracula 3D confermano un inesorabile declino), è allo stesso tempo innegabile che nella sua carriera ha saputo regalare opere che, insieme a quelle di altri grandi registi nostrani, hanno contribuito alla diffusione del genere italiano nel resto del mondo. Siamo nel 1975 e Argento, reduce dall'apprezzata fase thriller, decide di dare un'energizzante svolta al suo stile puntando su elementi sovrannaturali (ma sempre saldamanete ancorati al reale) e ibridando il classico giallo all'italiana con un orrore violento e ricco di sfumature.

La tigre dai denti a sciabola

Una sensitiva tedesca, durante un congresso di parapsicologia, percepisce tra il pubblico la presenza di un assassino. La sera stessa la donna viene brutalmente uccisa nella sua casa; il primo ad accorrere, dopo aver sentito le urla della donna, è il vicino dell'appartamento di sopra, il pianista inglese Marc Daly. L'uomo, che ha anche visto dalla finestra fuggire l'assassino, decide di indagare sul caso con la collaborazione della giornalista Gianna Brezzi. La sua ossessione per scoprire l'identità del killer finisce però per mettere a rischio la sua stessa vita e quella delle altre persone coinvolte.

Deep red

Tutto il morboso subconscio di Argento caratterizza le vie stilistiche intraprese in Profondo Rosso. Nelle soggettive dal punto di vista dell'assassino, alla scelta del regista di indossare personalmente i guanti di pelle nella relativa scena, si rispecchia tutto il suo percorso artistico passato e futuro e le sue inquietudini personali, che si rispecchiano anche nel personaggio di Debora Nicolosi, divenuta sua allora compagna dopo la rottura con l'ex moglie. In quest'orrore inquietante poiché, nonostante i fascinosi rimandi al "fantastico", saldamente ancorato al possibile, si sceglie di stemperare i momenti più tesi con una sferzante ironia, a tratti vagamente misogina, che rende i personaggi più simpatici ed empatici. In un perfetto mix tra ispirazione autoriale e concessioni al popolare, la componente horror, sempre originata da una tensione di marca tipicamente thriller, esplode nei ciechi e brutali omicidi, dove il vetro, l'acqua bollente e anche un ascensore trovano perfetto, macchiavellico, utilizzo. Con una narrazione abile nell'accumulare e nascondere, il doppio colpo di scena finale appare assolutamente sorprendente; e pensare che in un fotogramma, impercettibile ad una prima visione, l'autore ci svelava già la reale identità dell'assassino. Attrici in declino, omosessuali, pianisti alcolizzati, medium, tenaci giornaliste, poliziotti imbelli: il mondo, romano (ma la maggior parte delle riprese ha avuto luogo a Torino), di Profondo Rosso è popolato da una variegata umanità, nella quale bisogna rintracciare le motivazioni del killer in un macabro gioco della follia difficile da comprendere. Il colore del titolo è una presenza predominante, ricercato sempre da Argento con quell'acutezza fotografica ai tempi rivoluzionaria e ancor oggi con pochi eguali, accompagnata dall'ormai iconica titletrack progressive rock dei Goblin che ci introduce già dai titoli di testa alle due ore di visione.

Profondo rosso Un'ossessione su celluloide in un horror che è diretta evoluzione dei suoi precedenti thriller: in Profondo rosso Dario Argento riversa tutte le proprie inquetudini creando un'opera che ha segnato una svolta sia nella sua carriera che nel cinema italiano di genere. In un contesto profondamente urbano, popolato di caratteri e stereotipi, il maestro romano origina una storia spaventosa e violenta che, lambendo scorciatoie sovrannaturali, avvinghia ed appassiona fino all'inaspettata conclusione.

8.5

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