Recensione Professione assassino-The Mechanic

Jason Statham rifà Charles Bronson

Recensione Professione assassino-The Mechanic
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"Non avevo mai visto la versione originale di Professione assassino. Quello che mi attraeva del progetto era la sua premessa. Sono stati fatti moltissimi film incentrati sulla figura del killer nel corso degli anni, ma questo è diverso perché l'assassino ha l'abilità di far sembrare ogni omicidio un incidente. Non va semplicemente in giro a sparare alla gente o ad ucciderla in modo scontato. Questo livello di complessità rende la storia molto più brillante e ingegnosa. Arthur Bishop è bravissimo in ciò che fa, ma non è spietato, è questo che mi ha colpito molto".
A parlare è l'inglese classe 1961 Simon West, regista di Con Air (1997) e Lara Croft: Tomb raider (2001), il quale, dopo aver proposto con Chiamata da uno sconosciuto (2006) il riuscito rifacimento del thriller con maniaco telefonico Quando chiama uno sconosciuto (1979) di Fred Walton, si cimenta in un altro remake derivato da un cult degli anni Settanta: il Professione assassino (1972) di Michael Winner che vide il mitico baffuto dal grilletto facile Charles Bronson nei panni del killer professionista Arthur Bishop, impegnato ad addestrare e portare con se proprio il figlio di una delle sue vittime, interpretato dal Jan-Michael Vincent di Un mercoledì da leoni (1978).

Faccia di Bronson

Ed è il Jason Statham della trilogia Transporter a ricoprire in questo caso il ruolo che fu del più famoso giustiziere della notte dello schermo, il quale si trova coinvolto a livello personale dal momento in cui il suo grande amico e mentore Harry alias Donald Sutherland viene assassinato.
Infatti, scelto da solo il suo successivo incarico, ovvero scovare i responsabili dell'uccisione dell'uomo, vede complicarsi la missione dopo che Steve, figlio della vittima cui concede anima e corpo il Ben Foster di Alpha dog (2006), gli rivela l'intenzione di vendicare da solo la morte del padre, determinato a scoprire quale sia stata la sua vera professione.
E nasce così una sorta di rapporto mentore/discepolo tra Arthur e Steve, che viene portato dall'uomo all'interno del suo violento mondo; perché, come spiega il produttore William Chartoff: "Si tratta della classica relazione tra mentore e protetto, e sotto certi aspetti è molto simile al rapporto padre/figlio: è un rapporto caratterizzato da una serie di sfumature e di complicazioni anche di natura mitologica e freudiana. Questa dinamica è ciò che contraddistingue il film originale rispetto ad altri lungometraggi dello stesso genere e della stessa epoca, ed è la ragione per la quale Professione assassino è a tutti gli effetti un action thriller estremamente avvincente".

Ben vs Jason

E, senza perdere tempo, è immediatamente una sequenza d'azione ambientata in acqua con protagonista Statham ad introdurre i circa 92 minuti di visione, comprendenti nel cast anche il Tony Goldwyn la cui carriera, a partire dall'esordio datato 1986 nel sesto Venerdì 13, si alterna tra la recitazione (Ghost-Fantasma) e la regia (The last kiss).
Ma, sebbene il nome di spicco dell'operazione sia quello di colui che abbiamo imparato ad apprezzare perché coinvolto sempre in frenetiche trame a base di corse su quattroruote, sparatorie e scontri con muscoli in bellavista, West non confeziona un action-movie incentrato sul movimento a tutti i costi tempestato di esplosioni e surreali situazioni che valicano le leggi della fisica; bensì un thriller che privilegia l'approfondimento psicologico dei due protagonisti e, in particolar modo, del loro rapporto, man mano che subentrano complicazioni dovute soprattutto ai personaggi destinati ad entrare progressivamente in scena.
Anche se, tra fredde uccisioni con arma da fuoco e crudi momenti di violenza che non risparmiano spargimenti di liquido rosso, l'azione non è un elemento assente all'interno dell'operazione; la quale, pur non proponendo nulla di particolarmente originale, funziona a dovere, senza deludere lo spettatore.

Professione assassino Sotto la regia del Simon West autore di Con Air e Lara Croft: Tomb raider, Jason Statham e Ben Foster riprendono rispettivamente i ruoli che, nell’ormai lontano 1972, furono di Charles Bronson e Jan-Michael Vincent in Professione assassino di Michael Winner. Ovviamente, essendo trascorsi da allora quasi quarant’anni, i circa 92 minuti di visione si trovano ad incarnare la sintesi di tutta l’azione cinematografica sfornata in tutto questo tempo dalla celluloide a stelle e strisce: dai vari giustizieri della notte al neo-machismo post-11 Settembre - e figlio di quello reaganiano degli anni Ottanta - di cui lo stesso Statham rappresenta una delle figure cardine. Ma l’insieme, seppur non privo di effetti pirotecnici e violenti scontri corpo a corpo, non è uno di quei gratuiti action-movie mirati esclusivamente alle esagerazioni e alle botte da orbi da orgoglio coatto; si presenta, piuttosto, con le fattezze di riuscito thriller in cui l’azione risulta discretamente distribuita e solo quando necessaria, in quanto viene anche concesso il giusto spazio alla costruzione psicologica dei personaggi.

6.5

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