Recensione Porco Rosso

Arriva nei cinema italiani il classico di Miyazaki

Recensione Porco Rosso
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Circa vent'anni fa a un giovane Hayao Miyazaki è stata proposta la creazione di un breve cortometraggio di animazione da proiettare durante i voli di linea giapponesi. Era il 1992 e il progetto si è trasformato lentamente in un lungometraggio, considerato tra i più belli nel portfolio di quello che ormai è il maestro dell'animazione nipponica. Finalmente Porco Rosso (Kurenai no Buta) è pronto a far emozionare anche il pubblico italiano, ignaro di essere parte integrante della storia stessa del protagonista.

Un maiale volante

Marco Pagot è un ex pilota dell'aviazione che, a causa di una misteriosa maledizione, si è trasformato in un maiale antropomorfo. Accompagnato dal suo fedelissimo biplano vermiglio e con il nome di battaglia di Porco Rosso sorvola il Mar Adriatico lavorando come cacciatore di taglie. Ma l'arrivo del pilota americano Curtis, assoldato come guardia del corpo dai Pirati del Cielo, scompiglierà la sua tranquilla vita su di un'isola deserta e lo costringerà ad affrontare nuove indesiderate battaglie.

Pillole di Miyazaki

Vedendo oggi Porco Rosso, il pubblico, già abituato all'animazione di Miyazaki, ritroverà nel film molti dei suoi temi e personaggi ricorrenti. Il suo stile, sempre  riconoscibilissimo, è evidente in ogni fotogramma, parola o movimento. Eppure questa pellicola è solo la sesta della sua lunga carriera e una delle prime ad aver introdotto quelli che poi sono diventati i suoi segni distintivi. A partire dall'aviazione: cresciuto fin da bambino tra modelli aeronavali, Hayao è sempre stato attratto dal mondo dell'aviazione, tanto da tornare spesso sull'argomento, anche attraverso delle tavole acquerellate dedicate ai mezzi bellici per la rivista giapponese Model Graphix. È proprio da uno di questi fumetti, L'epoca degli idrovolanti, che nasce l'idea di base di Porco Rosso. Ma i richiami al suo cinema non si limitano a questo: sarà difficile non associare le vispe bambine che popolano i primi minuti della pellicola alla dolce Ponyo, o riconoscere nel volto dell'intraprendente Fio gli stessi tratti stilistici di Sophie. E poi c'è il protagonista, Marco, trasformato da una maledizione in un maiale (altro tema ricorrente del suo cinema). Nessuno sa perché sia successo e onestamente sembra non interessare all'autore quanto al personaggio stesso. Non influisce sul suo modo di essere: la trasformazione non gli ha fatto perdere nemmeno un grammo del suo carisma e del suo entusiasmo nell'affrontare le bizzarre situazioni della vita e le persone che incrociano la sua strada.

Omaggio al Bel Paese

Il film, ambientato sui mari dell'Adriatico e nella operosa Milano, è la prima Opera del Maestro a dare l'effettiva ubicazione temporale e geografica della storia, oltre all'essere un continuo omaggio all'Italia: il pilota Arturo Ferrarin, amico d'infanzia di Marco e Gina, ha fatto storicamente parte dell'aviazione nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale; i disegni dei veivoli che si vedono nel laboratorio della famiglia Piccolo sono ispirati ai modelli che hanno fatto la storia dell'aviazione italiana. Senza tralasciare poi il cognome dello stesso protagonista, Pagot, tributo a una delle prime famiglie ad aver fatto animazione in Italia, con cui lo stesso Miyazaki ha collaborato per la serie TV Il fiuto di Sherlock Holmes.

Stile Ghibli

Ipnotico, tenero, divertente, riflessivo. Ancora una volta (se così si può dire trattandosi di un prodotto creato molti anni fa) Hayao Miyazaki dimostra la sua bravura e la sua capacità di creare prodotti eccelsi sotto tutti i punti di vista. Dall'animazione contraddistinta da linee mai troppo marcate e, nonostante l'aria vintage, mai antiche, alle storie profondamente commoventi e allo stesso tempo divertenti, dove miti e tradizioni si mescolano a personaggi affascinanti e per cui è difficile non provare empatia. Narrazione e disegni sembrano completarsi a vicenda senza che uno scavalchi l'altro, camminando di pari passo per creare un'opera d'arte perfettamente bilanciata, anche nella scelta poetica del finale. Da non tralasciare nemmeno le musiche di Hisaishi Joe, che culminano nel bellissimo tema di chiusura, "Per una volta, una chiacchierata sui tempi passati", scritta da Katou Tokiko, che chiude in maniera esemplare una storia perfettamente raccontata.

Porco Rosso Lo Studio Ghibli si conferma come fabbrica di capolavori dell’animazione nipponica trasformati in vere e proprie opere d’arte dal Maestro Miyazaki. È un vero peccato che in Italia si siano dovuti aspettare tutti questi anni prima di poter ammirare Porco Rosso, ma l’attesa, per quanto ingiustificata, vale sicuramente la pena. Un piacere, una conferma, l’ennesima favola nata dalle mani di un artista ammirato in tutto il mondo.

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