Plan 75 Recensione: una distopia non troppo lontana

La recensione di Plan 75, film su un futuro distopico troppo simie al nostro presente, tra eutanasia e invecchiamento sociale.

Plan 75 Recensione: una distopia non troppo lontana
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Non possiamo decidere di nascere, ma per alcuni la scelta su come e quando andarsene per sempre si fa necessità impellente. Una questione etica, quella del testamento biologico e dell'eutanasia, dibattuta, indagata, scandagliata, tanto da superare i confini della realtà e rendere un'opera inizialmente dai tratti dispotici, ora possibile. Plan 75, film presentato a Cannes (qui ripercorriamo la lista dei vincitori di Cannes 2022), e poi passato al Torino Film Festival, è una corsia unica pronta a diramarsi in tre direzioni differenti; tre universi che si intrecciano con le proprie storie, i propri protagonisti, ritrovandosi a un incrocio per poi lasciarsi di nuovo e avviarsi da soli verso altre vie e altre albe, lasciandosi alle spalle gli ostacoli dei propri tramonti.

Il sacrificio di anziani samurai

In un mondo come quello nipponico, modellato sul sacrificio dei samurai e sulla condivisione del senso di morte, la paura di sentirsi un peso, una zavorra sociale e una falla a livello assicurativo, per gli anziani di Chie Hayakawa è una spinta ulteriore per accettare il sopraggiungere del sonno eterno. Una moneta di scambio apparentemente necessaria per il sostentamento di una società in cui lo scambio generazionale pare bloccato, e la morte indotta e illusoriamente accettata non può che essere la soluzione finale.

Un pretesto narrativo, questo, che ammanta di ancor più umanità e commozione mai forzata, il film di Chie Hayakawa. Una dinamica di sacrificio per il bene altrui sottolineata dalla traduzione visiva di ogni sentimento tenuto nascosto, ogni emozione celata nella sfera privata - come è tipico della tradizione giapponese - che la regista restituisce attraverso riprese forgiate da sguardi ampi, con totali e campi abbastanza lunghi da abbracciare i diversi personaggi e gli ambienti che li accolgono e - al contempo - li respingono socialmente.

Lo stupore di essere vivi

L'invecchiamento della società è ormai una costante dei paesi avanzati dove l'urlo dei neonati viene surclassato dai rintocchi dei bastoni, e dai passi incerti della popolazione anziana.Partendo da una situazione a noi contemporanea (il "Koreika shakai" ossia l'invecchiamento della società in lingua giapponese) la regista classe 1976 redige con linearità e inquietante realismo, una situazione che dal distopico abbraccia l'universo del fattibile.

Un futuro minacciosamente possibile, quello di Plan 75, dipinto con una regia rigorosa, mai forzatamente commovente, ma accessibile dal punto di vista emotivo e affettivo grazie a un lirismo cinematografico composto da umani sentimenti ed esistenze al tramonto. Quelli raccolti da Plan 75 sono barlumi di un'esistenza che ha ancora molto da offrire; una speranza mai ambigua, ma diretta, restituita nello spazio di dettagli parlanti di mani raggrinzite e occhi che si illuminano davanti a paesaggi strabilianti nella loro ordinarietà. Una danza lenta, armoniosa tra riprese ristrette e inquadrature ampie, che abbracciano il senso di comunità e privato dolore di vite che decidono di fare un passo indietro e donare il proprio posto ai giovani. Eppure, in questo gioco di mutua responsabilità, scorre silente quel senso di umana incapacità di accettazione della morte. Ritrovandosi davanti a un respiro che cessa, e a un cuore che smette di battere, tanto la protagonista, quanto - per estensione - lo spettatore, si ritrovano ad affrontare le difficoltà intrinseche alla completa comprensione e volontà di far parte di quel meccanismo mortale.

Non è un paese per vecchi

Il destino poco roseo di esistenze incrociate come quelle dell'anziana Michi, del giovane Hiromu, e dell'infermiera Maria, sono racconti umani scritti con una penna fotografica di colore grigio. Un inchiostro di luci soffocate da un'atmosfera plumbea, anticipatrice di ostacoli e scelte colme di dubbi e paure.

In quella patina cinerea si nasconde molto più di una normalizzazione di una pratica nefasta, a tratti disumana, che vuole l'eliminazione utilitaristica di un'intera generazione come soluzione al miglioramento delle esistenze giovanili. La pratica dell'eutanasia è una fanciulla gentile che porge ai propri cittadini una mano scheletrica, mortale: con voce suadente ammalia, seduce, riempendo la mente di anziani pensieri di promesse, desideri e ultime speranze. Eppure, dietro a tanta armonia si cela un epilogo frettoloso, veloce, un'esecuzione firmata e accettata da persone sole, che vedono nella morte l'unica soluzione, e l'estremo gesto altruistico nei confronti di un mondo che li ha abbandonati. Una struttura dicotomica, antitetica, di giovani in colpa, e anziani sospinti da un ultimo slancio vitale, che Plan 75 trascrive con fare dolce, crudamente sensibile e delicato, fatto di esistenze umili, terrene, immortalate per questo da inquadrature basse, rasoterra, figlie degli insegnamenti di Ozu e di racconti di umana quotidianità dove lo spettro del possibile, inquietante domani, si fa memo cinematografico di un ancor più disumano presente.

Plan 75 Il film diretto da Chie Hayakawa, pur trattando di un futuro distopico, riesce ad ancorarsi perfettamente a dubbi, paure e dibattiti del nostro presente. L'eutanasia sottilmente imposta sotto il velo del libero arbitrio dalla società giapponese si fa denuncia sociale di un problema che grava sulla nostra contemporaneità, spingendo alla ricerca di una soluzione democratica, etica, libera.

7.5

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