Piove Recensione: rabbia e rancore dal regista di A Classic Horror Story

Dopo A Classic Horror Story, il regista Paolo Strippoli arriva alla sua seconda regia e lo fa con l'horror psicologico Piove.

Piove Recensione: rabbia e rancore dal regista di A Classic Horror Story
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Paolo Strippoli arriva alla seconda regia di un lungometraggio dopo l'esperienza di A Classic Horror Story (abbiamo parlato dell'horror all'italiana nella recensione di A Classic Horror Story). La pellicola diventata un cult di Netflix, operazione che ha reso il lavoro svolto col co-regista Roberto De Feo un'analisi rivolta a critica e pubblico in cui si interrogava su qual era la posizione contemporanea dell'horror in Italia, di quali sono le influenze esterne che arrivano e lo contaminano e di come possono venir mescolate cercando una chiosa tra codici già stilati nel corso degli anni e originalità. Un prodotto più riflessivo, una domanda che il film poneva agli spettatori sul mondo dell'orrore, sulla sua controparte nella realtà e come viene e vuole essere fruita, che si pone lontana dal ritorno alla macchina da presa di Strippoli col suo Piove, tra i film in sala a novembre 2022.

"Tu sei il vuoto"

Pellicola vincitrice nel 2017 del premio Solinas per la sceneggiatura di Jacopo Del Giudice, la storia è stata rivista e riadattata assieme al regista e al collaboratore Gustavo Hernandez rendendola un'opera proveniente dal sottosuolo.

Una novella nera, sudicia come la melma e il marciume che macchia i volti dei protagonisti, incastonata nel tessuto arrabbiato e feroce di una Roma che fa da sfondo e come un palco rimane volutamente isolata mentre i protagonisti ne inalano la cattiveria esacerbata che respirano a pieni polmoni. È proprio dai tombini, dalla sporcizia delle fognature che un senso di ira, rancore e rimorso risale fagocitando la razionalità delle persone e rendendole automi pronti ad agire per il male. "Tu sei il vuoto" è la frase che in Piove definisce la condizione quasi burattinesca dei personaggi, costretti a venir riempiti da quella follia omicida che arriva dai sentimenti umani più inaciditi e che è stato impossibile placare. Nessun balsamo per una ferocia che contraddistingue le azioni dei protagonisti e, con loro, di un intero quartiere che sente cominciare una rivoluzione violenta e sibillina, la quale parte dal basso arrivando fino ad offuscare e a far imbestialire la gente.

Piove è però l'esplosione di una negatività che la pellicola ci mostra già insita in chi viene afflitto da un malessere, il quale viene ingigantito da una potenza astratta che lo rende micidiale nel momento in cui si impossessa dei corpi delle persone. L'utilizzo del genere horror declinato nella riflessione sul dolore e il senso di colpa, uniti al desiderio quasi fisico di ferire l'altro.

Sensazione che Strippoli con i suoi sceneggiatori approfondiscono rendendolo l'aspetto terrifico più spaventoso con cui scendere a patti nella pellicola. Il volersi discolpare, togliersi un peso, il tentare di giustificarsi in qualsiasi modo finendo al contrario per tramutare quella sofferenza ingestibile in una lama con cui perforare e fare sanguinare chi crediamo sia la fonte dei nostri disagi.

Una famiglia degli orrori

Un'inquietante vapore che, seguendo i tre stadi dal processo di formazione della pioggia, si incanala nel naso dei personaggi e rende protagonista in Piove una famiglia dilaniata da un incidente che ha innalzato muri e distrutto rapporti, focolaio ideale per l'entità furibonda in cui inserirsi - non lasciando più spazio a quel "vuoto" - e per tratteggiare dinamiche che il trio alla sceneggiatura rende autentiche pur dovendo virare verso il proprio genere di riferimento.

Un horror umano, che Paolo Strippoli immagina anche come rappresentazione visiva di questo lerciume, con cui imbratta non solo l'animo dei suoi personaggi, ma il volto degli attori. Elementi da paura con fiotti di sangue a simulare il pianto e mostri che oltre ad essere quelli umani sono anche fatti di fango. Una purezza che sembra impossibile da ritrovare, come i traumi che per essere risanati dovranno prima di tutto venir affrontati e solo dopo lavati via dalle lacrime. Mostrando la fermezza di voler continuare su questo percorso e dimostrando di avere aspetti narrativi da saper mescolare al turbamento visivo suscitato da componenti orrorifiche, Paolo Strippoli con Piove manifesta il suo desiderio di addentrarsi sempre di più nel panorama nostrano dell'horror sapendosi muovere al suo interno fermamente e con conoscenza. Dirigendo inoltre uno dei talenti più freschi e pronti ad esplodere come Francesco Gheghi, che aggiunge verità alla finzione spaventosa della pellicola, rendendo tangibile e logorante il proprio disagio familiare e giovanile. Una tempesta pronta a grondare, un film in cui le creature temibili possiamo diventare noi stessi.

Piove Alla sua seconda regia dopo A Classic Horror Story, Paolo Strippoli mette insieme un horror psicologico in cui esplora il lato rabbioso e iracondo dell'umano. Una miccia accesa da un vapore che arriva dal sottosuolo romano e trasforma il rancore e i sensi di colpa in una follia omicida. Un'opera che spaventa perché mostra come chiunque di noi, prima o poi, potrebbe trasformarsi in un mostro.

7

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