Chi ama New York, chi sogna il fascino della Grande Mela, sa che passeggiare per Manhattan sotto una copiosa pioggia è quanto di più affascinante, romantico e caratteristico possa esistere. Pensateci: il tempo uggioso, le luci della città, il rumore della pioggia sull'ombrello, l'atmosfera che solo NYC può a suo modo regalare.
Un contesto ritenuto senza dubbio il paradiso di un autore come Woody Allen. D'altronde nessuno è più newyorchese di lui, che fra i suoi capolavori ha proprio un film che celebra l'eterna Manhattan.
Un giorno di pioggia a New York nasconde nel titolo un'armoniosa melodia che da tempo non si sentiva nel cinema di Allen, che arriva inoltre in un periodo alquanto complicato della sua vita professionale e mediatica.
Mappa dell'amore

Da quando ha accantonato la recitazione nei suoi film (ultima apparizione nel 2013, con il dimenticabile To Rome with Love), Allen ha delegato a diversi attori il classico personaggio errante delle sue opere. In particolare a Joaquin Phoenix in Irrational Man, Jesse Eisenberg in Cafè Society e ora al giovane astro nascente Timothée Chalamet.
Non a caso lo chiama Gatsby, per rimarcare ulteriormente il legame del film a uno spirito "antico", alla vita newyorchese degli anni '20, incarnata perfettamente da un fanciullo della borghesia americana, colto ma indeciso, romantico e idealista.
Gatsby parte per New York insieme alla sua ambiziosa fidanzata, Ashleigh (la sempre bella Elle Fanning), aspirante giornalista alla quale è stata affidata un'intervista all'illustre regista Roland Pollard (Liev Schreiber).
Quello che dovrebbe essere un weekend di momenti all'insegna della passione e dell'amore si trasforma in una rincorsa tra innamorati, in balìa della frenesia newyorchese e della casualità, destinata ad accompagnare su binari differenti l'avventura di Gatsby e Ashleigh.
La vita è reale per chi non sa fare di meglio

Una New York che inghiotte i due protagonisti e ne rimarca le differenze, sequenza dopo sequenza. L'ingenuo e istintivo entusiasmo di Ashleigh la conduce in un labirinto di mondanità, attratta dal variegato fascino newyorchese ben rappresentato dal regista Pollard (Schreiber), lo sceneggiatore Ted Davidoff (Jude Law) e la star Francisco Vega (Diego Luna). Un contrasto alla disperata avventura di Gatsby, trascinato sul set di un film come in un locale che gli rievoca strani ricordi, in perenne fuga a sua volta dal party altolocato della madre.
Gatsby il ribelle cerca di trovare sé stesso, passeggia per la Grande Mela e ne ricorda l'essenza, comprende come il tentativo di controllare l'ordine delle cose sia uno spreco. E allora si lascia andare a ciò che la giornata gli riserva, rassegnato a vivere quello che una volta abbandonata la città aveva forse dimenticato. Una giornata reale che sembrava perduta diventa così qualcosa di più. Diventa migliore, poiché forse è davvero così anche per Woody, che nelle parole di Selena Gomez si rivolge allo spettatore ricordando come la vita sia davvero reale solo per chi non sa farne di meglio.
Un finale emozionante
L'avventura di Ashleigh e Gatsby ritrova l'apice in una conclusione assolutamente perfetta. Un giorno di pioggia a New York è un film nel quale Woody Allen riesce a non tradire il proprio vissuto, il proprio percorso e la sua concezione di cinema, senza appesantire e soffocare nel passato i suoi personaggi. Gatsby riscopre il legame con New York grazie ai ricordi, abbracciando al contempo, sequenza dopo sequenza, un futuro che attende dietro l'angolo.

Un epilogo meraviglioso che ricorda il cinema di George Cukor, arricchito dalla scenografia magnetica di Santo Loquasto. Non è difficile immedesimarsi nel personaggio di Timothée Chalamet, vederne l'entusiasmo per l'idea di un futuro immaginato con forza e riscoprire con il tempo la bellezza di andare in una direzione diversa, sorprendente, come un bacio a Central Park, sotto la pioggia, in una giornata di pioggia a New York.