Recensione Perez

A tre anni da Mozzarella Stories, Edoardo De Angelis torna al lungometraggio, passando però dalla commedia al noir

Recensione Perez
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Il suo ambiente naturale, da oramai una vita, sono le Torri del Tribunale presso il Centro Direzionale di Napoli, il più grande complesso di grattacieli dell'Europa meridionale, in origine progetto dalle grandi aspirazioni e ora disilluso centro operativo in cui sguazza la mediocrità. E Demetrio Perez si sente (è) allo stesso modo: allo sbando, non meno mediocre della vasta umanità con cui ha giornalmente a che fare. Il suo mestiere è quello dell'avvocato difensore: dell'avvocato d'ufficio, precisamente. Si occupa dei peggiori disgraziati che capitano presso il Tribunale di Napoli, coloro che, per un motivo o per l'altro, non hanno, non vogliono o non possono permettersi un difensore a spese proprie. Negli anni ha assicurato una difesa, un'assistenza, alla peggior feccia e ora lui stesso, dopo così tanto tempo, si sente stanco, spossato, inutile. L'unica ragione della sua esistenza è la figlia Tea, appena diciottenne, che desta la preoccupazione (che presto sfocia in disperazione) del genitore quando “ufficializza” la sua relazione con un giovane boss della camorra, Corvino. Perez è al limite: e proprio nel momento più delicato della sua vita si trova a difendere un pericoloso avversario del quasi genero, Buglione, e la sua vita non sarà mai più la stessa...

A fari spenti nella notte

A tre anni da Mozzarella Stories, Edoardo De Angelis torna al lungometraggio con un'altra storia ambientata in Campania e in cui un ruolo importante è riservato alla Camorra. Questa volta, però, il tono è decisamente lontano da quello della commedia, configurando il tutto, piuttosto, come un noir d'altri tempi con un setting relativamente originale. Se, difatti, la malavita organizzata è un argomento abbastanza ricorrente in molte produzioni cine-televisive attuali, è assai interessante e altrimenti poco sfruttata la figura dell'avvocato d'ufficio, incarnata in questo caso da un inedito Luca Zingaretti, lontano anni luce sia dalla verve da commedia più volte dimostrata negli ultimi anni che dall'invincibile e vincente figura di Salvo Montalbano per la quale è maggiormente conosciuto. Il suo Perez è, difatti, un perdente, un uomo di giustizia che sopravvive pescando pesciolini nello stagno dell'illegalità, senza prospettive, senza guizzi, senza sogni che non coinvolgano la felicità della propria unica figlia. E quando proprio questa comincia a essere in pericolo non riesce ad essere decisivo, si accascia, crolla, viene a patti con la sua coscienza ed è disposto a tutto pur di salvarla. Un personaggio tragico, profondo e complesso, ben costruito in un universo di figure, altrimenti, un po' più macchiettistiche ma comunque dotate di un certo fascino, a partire dal Buglione di Massimiliano Gallo, mefistofelico boss napoletano che chiede la sua “consulenza” legale con un machiavellico piano in mente. Discesa all'inferno, redenzione, sacrificio, compromesso e, naturalmente, una storia d'amore maledetto sullo sfondo: tutti elementi che rendono la visione del film avvincente anche se, a volte, si spinge il piede sull'acceleratore del luogo comune. Poco male, le ottime interpretazioni del cast rendono il tutto comunque convincente e relativamente plausibile.

Perez Il cinema italiano torna a parlare del rapporto tra criminalità organizzata e Giustizia in un noir magistralmente interpretato da un ottimo Zingaretti, protagonista indiscusso di una vicenda torbida e ostile che risucchia lo spettatore in una spirale di avvenimenti senza apparente via d'uscita. I luoghi comuni non mancano, ma una discreta finezza psicologica nel delineare i personaggi e gli ottimi interpreti mettono in secondo piano le parti meno convincenti dell'insieme.

6.5

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