Recensione Perdita Durango

Rosie Perez e Javier Bardem sono due amanti - criminali in viaggio sul confine tra Messico e Stati Uniti in Perdita Durango, folle e violento mix di generi diretto da Álex de la Iglesia.

Recensione Perdita Durango
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Perdita Durango è una donna solitaria e senza mezzi termini che sta cercando un passaggio per il Messico. Proprio nella zona di confine incontra Romeo Dolorosa, un rapinatore di banche che organizza falsi eventi di stregoneria nera per meri scopi lucrativi. Tra i due è subito passione e il loro nuovo sodalizio li porta ad architettare nuovi piani criminosi: su raccomandazione del cugino Reggie, da poco entrato nel losco giro d'affari del potente boss Santos, Romeo è incaricato di portare un camion carico di embrioni umani in quel di Las Vegas senza farsi scoprire. Ma le cose si complicano quando Perdita e Romeo decidono di sequestrare, per intenti sacrificali, una giovane coppia di timidi fidanzatini, mentre sulle loro tracce vi è il tenace (e sfortunato) agente della DEA Willie Dumas.

I saw the devil

Il personaggio di Perdita Durango non era nuovo al mondo del cinema, essendo già stato interpretato da Isabella Rossellini in un piccolo ruolo del seminale Cuore selvaggio (1990) di David Lynch. Ma è solo sette anni dopo che questa badass girl ottiene la vera ribalta diventando figura predominante nell'omonimo film di Álex de la Iglesia, trasposizione del romanzo 59 Degrees and Raining: The Story of Perdita Durango dello scrittore statunitense Barry Gifford. Il regista iberico, che già ventiquattro mesi prima aveva diretto un piccolo cult quale Il giorno della bestia (1995), non ha fatto sconti per il suo debutto in lingua inglese (frutto di una coproduzione tra Spagna, Messico e USA) adattando senza mezze misura le forti atmosfere dell'opera originaria e dando vita ad un'opera difficile e scomoda che ha subito non a caso i tagli della censura in diverse parti del mondo (incluso da noi, dove è arrivata in sala soltanto nel 2005). Toni forti per questa avventura in costante bilico tra il thriller e un horror realistico su una coppia di atipici Bonnie & Clyde in salsa messicana, con alcune sequenze psicologicamente disturbanti (su tutte il doppio stupro) a speziare morbosamente lo straripante mix di erotismo e violenza in un vero e proprio road-movie popolato di figure e situazioni ben più che grottesche. Se il cinema di Robert Rodriguez fa ogni tanto capolino nelle due ore di visione, Perdita Durango manifesta comunque una sua pregnante e beffarda personalità, tra intuizioni cristologiche che trovano nello sciamano di un mefistofelico e magnetico Javier Bardem (i passaggi in cui si finge posseduto lo rendono un quasi contraltare maschile della Isabelle Adjani di Possession (1981)) una forza primigenia di rara potenza che ben si rispecchia anche nella succitata protagonista femminile, una sensuale quanto cinica Rosie Perez; non manca comunque una massiccia dose di ironia nera, sublimata altrettanto magnificamente dall'agente di James Gandolfini, figura che alleggerisce i toni più cupi della vicenda. Tra citazioni a classici quali Faster, Pussycat! Kill! Kill! (1965) nel vestiario di Perdita, e al western Vera Cruz (1954) con un finale che riprende la resa dei conti tra Gary Cooper e Burt Lancaster, la pellicola mantiene sempre alta la curiosità, ritrovandosi a viaggiare in un sottile ed inquieto territorio che infastidisce ed affascina al contempo.

Perdita Durango Tra gli splendidi paesaggi desertici al confine tra Messico e Stati Uniti a metafora del vuoto morale dei due protagonisti, vittime di solitudini (come sottolineato nell'amaro epilogo) ma predatori di innocenze altrui, Perdita Durango è un road movie che vola sulle ali del grottesco in un disturbante ma magnetico mix di violenza ed ironia nera. Rosie Perez e Javier Bardem incarnano perfettamente queste due anime dannate, Bonnie & Clyde del girone infernale senza alcun freno di sorta, e la regia del cineasta di culto Álex de la Iglesia asseconda appieno questa narrazione morbosa con uno stile diretto che eleva archetipi b-movie ad uno sguardo autoriale grezzo e incandescente, per un risultato che potrà piacere o meno ma non lascia di certo indifferenti.

7.5

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