Recensione Passo falso

Co-produzione tra Francia e Italia, Passo falso di Yannick Saillet immerge nel soffocante caldo del deserto dell'Afghanistan il sergente Denis, per farlo lottare tra la vita e la morte con il piede su una mina.

Recensione Passo falso
Articolo a cura di

Esiste o non esiste, il caso, nel deserto?
Prova a risponderci il cineasta originario di Caen Yannick Saillet tramite Passo falso, suo lungometraggio d'esordio che, dopo anni trascorsi al servizio di short, video musicali e spot pubblicitari, ha visto la luce grazie al ritrovato spirito di collaborazione tra Italia e Francia, in quanto prodotto in tandem dai due paesi.
Lungometraggio che vede il Pascal Elbé di 11 donne a Parigi nei panni del sergente francese Denis Quilliard, il cui plotone finisce vittima di un'imboscata durante una missione di guerra in Afghanistan, con la conseguenza che tutti i suoi uomini cadono sotto il fuoco nemico.
Tragico evento che lo porta a pensare con sgomento di essere l'unico sopravvissuto e a cercare di farsi coraggio; senza immaginare, però, di poggiare inavvertitamente il piede su una mina russa a doppio scoppio, ritrovandosi a non poterlo più togliere per evitare di morire.
Situazione che, bloccato nell'arido scenario desolato, lo catapulta in una durissima prova di nervi, costretto a rendersi progressivamente conto del fatto che non potrà mai farcela senza l'aiuto di qualcuno.

... come imparai ad amare la bomba

Situazione cui si approda in seguito al tanto breve quanto veloce avvio, per poi essere dilatata e posta dal regista al servizio dei circa settantasei minuti totali di visione.
Situazione unica e volta a generare attesa con suspense, quindi, un po' come accaduto al Ryan Reynolds imprigionato sotto terra in Buried - Sepolto di Rodrigo Cortés, a James Franco incastrato con il braccio sotto la roccia in 127 ore di Danny Boyle e al gruppetto di amici sulla neve "imprigionati" sulla seggiovia ferma di Frozen di Adam Green.
Situazione destinata a rendersi ulteriormente drammatica non solo dopo che il protagonista cerca inutilmente di sterrare la bomba ricorrendo all'utilizzo di un coltello, ma anche dal momento in cui, in attesa dell'arrivo degli esperti antimine capaci di disattivarla, il suo Stato Maggiore si rivela non più in grado di essergli di aiuto quando la radio va fuori servizio.
E provvedono anche un carico di droga e una donna legata e in ostaggio a fornire altri elementi all'esile plot, al cui interno vengono tirati in ballo fotogramma dopo fotogramma i diversi imprevisti atti a complicare la lotta per la sopravvivenza intrapresa dal soldato.
Soldato che non può fare a meno di lasciar emergere sotto al sole cocente segnali di cedimento della resistenza; man mano che l'improvvisa entrata in scena del fuoco e di poco raccomandabili cani selvatici rendono il tutto più teso.
Perché, complici, inoltre, l'incontro con un ragazzino e l'arrivo di una tempesta di sabbia, è ovviamente quello di tensione a rappresentare lo stato che tenta di raggiungere nella sua interezza il debutto sailletiano.
Tensione in fin dei conti resa a sufficienza, seppur al servizio di un esercizio di stile non eccelso e al quale giova, senza alcun dubbio, la tutt'altro che eccessiva durata.

Passo falso La situazione del soldato che finisce con il proprio piede su una mina per poi decidere su cosa fare per evitare la morte non è certo nuova all’interno della Settima arte, ma, a differenza di precedenti esempi sfornati dalla macchina cinematografica, l’esordiente classe 1966 Yannick Saillet provvede a renderla “protagonista assoluta” di oltre un’ora e dieci di visione. Sfruttando soprattutto il suo interprete principale Pascal Elbé, infatti, Passo falso non mira altro che a generare tensione per movimentare idealmente lo stato di immobilità cui si trova costretto l’uomo. Il risultato finale non spinge a gridare al miracolo, ma funziona a sufficienza nel tentativo di tenere lo spettatore dinanzi allo schermo per fargli attendere la neppure prevedibile conclusione.

6

Che voto dai a: Passo falso

Media Voto Utenti
Voti: 0
ND.
nd